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Editoriali

Il nuovo Codice di Corporate Governance

6 Febbraio 2020

Marcello Bianchi

Vice Direttore Generale di Assonime e Coordinatore del Comitato per la Corporate Governance

Il Codice di Corporate Governance, adottato dall’omonimo Comitato il 31 gennaio 2020, presenta tali elementi di novità – nella struttura, nell’approccio e in molti dei suoi contenuti – che può effettivamente essere considerato un Nuovo Codice rispetto a quello che si era venuto formando attraverso una serie di revisioni parziali a partire dall’originale Codice Preda del 1999.

Un primo elemento di novità è stata la natura “partecipata” della sua elaborazione. Benché infatti il Comitato per la Corporate Governance abbia una composizione che riflette adeguatamente le diverse componenti del mercato, l’attività di elaborazione del Nuovo Codice ha visto, per la prima volta, un confronto diretto e approfondito con tutte le società quotate. Questo confronto ha consentito che emergessero esigenze e sensibilità rappresentative anche di realtà imprenditoriali di dimensione medio-piccola e a elevata concentrazione proprietaria, spesso di natura familiare, tradizionalmente poco presenti nel dibattito pubblico sui temi di corporate governance.

L’opportunità di tener contro di queste esigenze e sensibilità ha spinto il Comitato a compiere una scelta decisa e innovativa a favore della proporzionalità e flessibilità delle raccomandazioni, che vengono ora articolate in funzione della dimensione, ma anche, e questo è il principale elemento di novità, in funzione degli assetti proprietari delle società. In tal modo, il nuovo Codice intende offrire uno strumento capace di rivolgersi oltre la tradizionale platea delle società più grandi, per lo più operanti nei settori finanziari e delle public utilities, e arrivare alle società industriali a controllo familiare che costituisco quella componente essenziale del tessuto imprenditoriale italiano che più trova difficoltà ad accedere e valorizzare la presenza sul mercato dei capitali.

Per le società controllate con più della metà del capitale sono state quindi previste specifiche eccezioni o semplificazioni delle raccomandazioni del Codice. Questo approccio trova giustificazione nella maggiore responsabilizzazione che in tale situazione i soci di controllo hanno nelle scelte di governance e di business dell’impresa, in quanto portatori della visione imprenditoriale sostenuta dalla loro esposizione maggioritaria all’andamento del valore della società e dei suoi risultati in un’ottica di lungo periodo.

L’altro elemento importante di novità del nuovo Codice è la sistematizzazione del tema della sostenibilità dell’attività d’impresa nella governance delle società quotate. Partendo dalle indicazioni già presenti nel Codice attuale a favore di un orientamento al lungo termine degli obiettivi di impresa e di una visione ampia della gestione dei rischi, il Comitato sviluppa la sostenibilità dell’impresa attraverso una nuova visione organica dei compiti del consiglio di amministrazione. Il nuovo Codice pone infatti quale obiettivo prioritario dell’organo di amministrazione il perseguimento del “successo sostenibile” dell’impresa, dove la creazione di valore a beneficio degli azionisti, che resta il baricentro del sistema, si inquadra nella definizione delle strategie al lungo termine e, soprattutto, richiede una adeguata considerazione degli interessi degli stakeholder, diversi dagli azionisti, che abbiano un ruolo rilevante nel garantire la sostenibilità nel tempo dell’eco-sistema nel quale l’impresa opera.

Coerentemente con questa visione dello scopo d’impresa, il Codice attribuisce all’organo di amministrazione la responsabilità di integrare gli obiettivi di sostenibilità nella definizione delle strategie e del piano industriale, nel sistema di controllo interno e di gestione dei rischi e nelle politiche di remunerazione.

L’apertura degli obiettivi dell’impresa a una pluralità di interessi, seppure temperata dalla priorità della creazione di valore, ha indotto il Codice a raccomandare esplicitamente ai consigli di amministrazione di promuovere il dialogo con i portatori di interessi rilevanti, al fine di assicurare un costante confronto sulle strategie d’impresa e sulla loro realizzazione. Particolare importanza assume in questo quadro il dialogo con gli investitori, soprattutto con gli investitori istituzionali, per il quale il Codice raccomanda ai consigli di amministrazione di adottare una specifica politica di engagement, che risponda alla crescente richiesta di confronto non solo sulla conduzione del business, ma, più in generale, sulle strategie complessive e sugli assetti di governance.

Nel quadro della più accentuata responsabilizzazione del consiglio di amministrazione come l’organo di indirizzo della funzione imprenditoriale, il Codice individua come importanti aree di esercizio di tale funzione la valorizzazione degli spazi di autonomia offerti dal sistema normativo rispetto ad elementi chiave della struttura di governance. Tra questi, vengono espressamente indicatila scelta del modello societario (tradizionale, monistico o dualistico), l’articolazione dei diritti amministrativi e patrimoniali delle azioni (in particolare in merito alla possibilità di adottare il voto maggiorato), la definizione della dimensione, composizione, nomina e durata in carica del board e la modulabilità dei diritti posti a tutela delle minoranze. Su questi temi, il Codice raccomanda ai consigli di amministrazione di adottare le iniziative più opportune per realizzare il sistema di governance più funzionale al perseguimento delle strategie d’impresa, dando trasparenza al processo decisionale, alle motivazioni delle scelte e agli effetti attesi anche sulle strategie future.

Accanto alle innovazioni concettuali e di approccio sopra descritte, il Codice, nel confermare alcune scelte di fondo che hanno da sempre caratterizzato l’autodisciplina italiana (in particolare con riferimento al ruolo degli amministratori indipendenti, all’articolazione del board in comitati con funzioni istruttorie e propositive, alla definizione di un sistema efficace e coordinato di controllo interno e gestione dei rischi), ne rafforza e integra l’efficacia, intervenendo sulle criticità applicative evidenziate dal costante monitoraggio condotto sulla base del Rapporto annuale sulla corporate governance di Assonime-Emittenti Titoli. A tal fine il Codice rafforza alcune raccomandazioni esistenti (valutazione di indipendenza, qualità dell’informativa agli amministratori, ruolo del presidente del board) e introduce nuove best practice, meramente auspicate nelle precedenti edizioni del Codice (piano di successione degli amministratori esecutivi, parità di trattamento e di opportunità tra i generi nell’organizzazione aziendale).

In conclusione, con il nuovo Codice di Corporate Governance il sistema italiano di autodisciplina compie un passo avanti importante nel promuovere una concezione della corporate governance aperta alle istanze del mercato e della società nel suo complesso e funzionale ad avvicinare le imprese al mercato dei capitali, quale sistema efficace e trasparente di valorizzazione delle opportunità di crescita delle imprese.

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