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Approfondimenti

La nuova disciplina Ires delle remunerazioni su titoli e strumenti finanziari

24 Luglio 2018

Marco Foresti, Associate Partner, Studio Associato – Consulenza legale e tributaria (KPMG)

Premessa

Il sistema di tassazione IRES delle remunerazioni su titoli e strumenti finanziari è stato recentemente interessato da una modifica normativa che ha introdotto nel nostro sistema il nuovo comma 3-bis all’articolo 89 del TUIR che, come noto, disciplina il trattamento fiscale dei dividendi ed interessi.

L’intervento normativo, attuato dall’articolo 26 della L. 122/2016, si è reso necessario per porre fine alla procedura di infrazione avviata per il mancato recepimento della Direttiva 2014/86/UE in tema di regime fiscale delle società madri e figlie di Stati membri differenti, nonché per recepire la Direttiva 2015/21 afferente il trattamento fiscale di tali società. Le modifiche introdotte hanno effetto retroattivo dal 1 gennaio 2016.

Lo scopo dell’intervento sarebbe finalizzato nell’evitare la deduzione pressoché integrale di utili di fonte estera laddove questi non siano parzialmente o totalmente indeducibili in capo alla società erogante, circostanza, quest’ultima, che risultava già garantita dal nostro ordinamento, peraltro in misura più ristrettiva rispetto al quadro delineatosi per effetto delle modifiche normative in commento.

Contesto di riferimento

L’articolo 89, comma 2 del TUIR disciplina, come noto, il trattamento fiscale dei dividendi erogati a soggetti IRES da parte di società di capitali residenti nel territorio dello Stato, nonché delle remunerazioni corrisposte relativamente ai contratti di cui all’articolo 109, comma 9, lett. b) del TUIR, stabilendone l’esclusione dalla formazione del reddito per il 95 per cento del relativo ammontare.

Per quanto concerne il trattamento dei dividendi erogati da soggetti residenti nel territorio dello Stato, questi sono esclusi da tassazione in ragione del 95 per cento del relativo ammontare, senza ulteriori condizioni. La stessa esclusione opera per gli utili distribuiti con riferimento a (i) strumenti finanziari similari alle azioni, intendendosi per tali quelli che attribuiscono una remunerazione totalmente costituita dalla partecipazione ai risultati economici dell’emittente o di una società appartenente al medesimo gruppo o di un singolo affare e (ii) ai contratti di associazione in partecipazione con apporto diverso da opere e servizi, di cui all’articolo 109, comma 9, lett. b) del TUIR.

Il comma successivo della medesima disposizione dispone che “Verificandosi la condizione dell’articolo 44, comma 2, lett. a), ultimo periodo, l’esclusione del comma 2 si applica agli utili provenienti da soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lett. d), e alle remunerazioni derivanti da contratti di cui all’articolo 109, comma 9, lett. b), stipulati con tali soggetti, se diversi da quelli residenti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato […]. Concorrono in ogni caso alla formazione del reddito per il loro intero ammontare gli utili relativi ai contratti di cui all’articolo 109, comma 9, lett. b) che non soddisfano le condizioni di cui all’articolo 44, comma 2, lett. a), ultimo periodo”.

In base a tale disposizione, il regime fiscale delle remunerazioni erogate da soggetti residenti e non residenti viene, quindi a dipendere (i) per gli strumenti finanziari partecipativi assimilati alle azioni, dalla circostanza che tali remunerazioni siano totalmente costituite dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altre società appartenenti allo stesso gruppo o dell’affare in relazione al quale i titoli sono stati emessi e, per le remunerazioni erogate da soggetti non residenti, che le stesse siano totalmente indeducibili nello Stato estero di residenza di questi ultimi; (ii) per i contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza con apporto diverso dalle opere e servizi di cui all’articolo 109, comma 9., lett. b), dalla circostanza che tali remunerazioni siano totalmente indeducibili nella determinazione del reddito nello Stato estero di residenza dell’associante [1].

Da quanto sopra emerge come, per le remunerazioni in parola, ai fini del riconoscimento del regime agevolativo di cui all’articolo 89, sia espressamente richiesto per i soggetti non residenti anche l’ulteriore requisito consistente nella totale indeducibilità della remunerazione dal reddito imponibile dell’emittente nello Stato di residenza di quest’ultimo.

Per effetto delle disposizioni citate, tuttavia, si veniva a creare un disallineamento tra il regime fiscale applicabile all’emittente (residente o non residente) e quello applicabile al sottoscrittore del titolo, e ciò nell’ipotesi in cui la remunerazione corrisposta sullo strumento finanziario fosse solo parzialmente costituita da una partecipazione agli utili. In particolare, con riferimento a strumenti finanziari “misti”, la cui remunerazione non fosse interamente determinata in base ai risultati economici dell’emittente (ad esempio, remunerazioni costituite in parte da interessi ed in parte da utili), l’emittente poteva dedurre la componente sganciata dai risultati economici conseguiti, mentre il sottoscrittore – stante il richiamo alla disposizione di cui all’articolo 44 – doveva assoggettare interamente a tassazione il provento percepito.

La modifica normativa introdotta dalla L. 122/2016

In questo contesto si inserisce la modifica legislativa in commento, la quale prevede che, con riferimento ai proventi corrisposti in relazione a strumenti finanziari la cui remunerazione non sia interamente costituita da utili, il riconoscimento del regime di esenzione di cui al comma 2 dell’articolo 89 per la parte di queste che non sia deducibile nella determinazione del reddito del soggetto erogante, ponendo, così, rimedio alla distonia più sopra riferita [2].

In particolare, il nuovo comma 3-bis dell’articolo 89 dispone che “L’esclusione di cui al comma 2 si applica anche a) alle remunerazioni sui titoli, strumenti finanziari e contratti indicati dall’articolo 109 comma 9, lettere a) e b), limitatamente alla quota di esse non deducibile ai sensi dello stesso articolo 109; b) alle remunerazioni delle partecipazioni al capitale o al patrimonio e a quelle dei titoli e degli strumenti finanziari di cui all’articolo 44, provenienti dai soggetti che hanno i requisiti individuati nel comma 3-ter del presente articolo, limitatamente al 95 per cento della quota di esse non deducibile nella determinazione del reddito del soggetto erogante”.

Con la disposizione in commento si è inteso, quindi rimediare al differente trattamento fiscale esistente in capo all’emittente lo strumento finanziario partecipativo “misto” (per il quale la remunerazione erogata non a titolo di partecipazione agli utili risultava deducibile) ed al portatore del titolo (per il quale la relativa remunerazione, risultava interamente tassata). Pertanto, laddove tutte le condizioni indicate dalla norma risultino soddisfatte, l’emittente lo strumento potrà continuare a dedurre la parte di remunerazione avente natura di interesse, mentre il portatore del titolo potrà validamente detassare al 95 per cento la parte di questa corrispondente alla partecipazione agli utili.

In pratica, per gli strumenti finanziari emessi da soggetti residenti, è possibile fruire della detassazione al 95 per cento dei proventi percepiti anche qualora lo strumento non comporti la integrale partecipazione agli utili dell’emittente, e ciò limitatamente alla quota di questi (proventi) indeducibile in capo all’emittente stesso [3]. Pertanto, la circostanza che vi sia una parziale deducibilità presso l’emittente non esclude l’applicazione del regime proprio dei dividendi ai proventi da questo erogati, ma lo limita pro quota [4].

Per quanto attiene agli strumenti finanziari emessi da soggetti non residenti, tale simmetria sussiste nei limiti in cui l’emittente si qualifichi come società figlia UE ai sensi dell’articolo 89, comma 3-ter. Difatti, la lettera b) dell’articolo 89, 3-bis, nell’estendere l’applicazione della disposizione di cui all’articolo 89, comma 2, ne limita la portata alle sole remunerazioni provenienti da soggetti che hanno i requisiti di cui al successivo comma 3-ter.

Per le società extra – UE o per le società UE che non hanno i requisiti più sopra descritti, quindi, continuerà ad applicarsi l’articolo 89 comma 3 del TUIR ed il richiamo ivi previsto all’articolo 44 comma 2, lett. a) del TUIR, con la conseguenza che – laddove lo strumento finanziario non comporti una partecipazione integrale ai risultati dell’emittente – la relativa remunerazione dovrà concorrere integralmente alla formazione del reddito del percettore. Proprio tale disparità di trattamento potrebbe comportare, una lesione della movimentazione dei capitali di cui all’art.63 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea [5].

Per quanto concerne i redditi derivanti dai contratti di associazione in partecipazione, si osserva quanto segue.

L’articolo 89 comma 2 prevede per l’associato l’esclusione dal reddito in ragione del 95 per cento delle remunerazioni corrisposte in relazione ai contratti di cui all’articolo 109, comma 9, lett. b), e cioè ai contratti di associazione in partecipazione con apporto diverso da opere e servizi (cioè denaro, crediti o beni in natura). L’articolo 109, comma 9, lett. b), simmetricamente, prevede l’indeducibilità delle stesse in capo all’associante.

Laddove l’associante sia un soggetto non residente nel territorio dello Stato, la medesima esclusione è accordata all’associato residente, ma solo a condizione che venga rispettata la condizione di cui all’articolo 44, comma 2, lett. a) e, cioè, che la remunerazione sia totalmente indeducibile nello Stato di residenza dell’associante.

Al riguardo, l’articolo 89 comma 3-bis, lett. a) dispone che spetta l’esenzione in ragione del 95 per cento per la parte di queste indeducibile in capo all’associante. Tuttavia, la portata innovativa della disposizione non sembra di facile comprensione. Difatti, non solo il sistema già prevede tale meccanismo, ma dalla lettura dell’articolo 109, comma 9, lett. b) non sembra esservi spazio per una deduzione parziale delle remunerazioni erogate dal soggetto associante con riferimento ai contratti in discorso [6].

Con riferimento, poi, alle remunerazioni su contratti di associazione in partecipazione di fonte estera, il successivo articolo 89 comma 3- bis, lett. b), non dispone nulla al riguardo. Pertanto, si deve ritenere che tali remunerazioni possano fruire di una esclusione in ragione del 95 per cento del relativo ammontare a condizione che le stesse siano totalmente indeducibili nello Stato estero dell’associante.

Il regime dei pagamenti in uscita

La legge europea è intervenuta anche sul regime dei pagamenti in uscita, modificando il comma 1-bis dell’articolo 27 bis del D.P.R. 600/1973, e ciò al fine di garantire il medesimo trattamento fruito dalle società Madri residenti, alle società aventi le medesime caratteristiche ma residenti in UE.

Al riguardo, va osservato come l’articolo 27-bis del D.P.R. 600/1973 già riconosceva l’esenzione sugli utili corrisposti alle società Madri UE, e ciò alle medesime condizioni già previste dalla Direttiva, salvo per quanto concerne il periodo minimo di possesso fissato in 12 mesi.

Per effetto delle modifiche citate, è stato introdotto il comma 1-bis il quale prevede l’estensione dell’esenzione di cui al precedente comma 1 anche con riferimento alle remunerazioni di cui all’articolo 89, comma 3-bis del Testo Unico, a condizione che siano corrisposti a “società madri UE” ed in misura corrispondente alla quota non deducibile nella determinazione del reddito della società erogante.

Come detto, la legge europea si applica retroattivamente alle remunerazioni erogate dal 1 gennaio 2016, senza tuttavia che sia previsto alcun regime transitorio per gli utili maturati anteriormente a tale data.

Considerazioni conclusive

Il contesto descritto, nonostante le modifiche apportate, è ancora caratterizzato da un certo grado di disarmonia, principalmente riconducibile alla circostanza che l’articolo 44, comma 2, lett. a) non è stato oggetto di modifica.

Ciò comporta che, con riferimento alle remunerazioni percepite da soggetti residenti ed erogate da società extra – UE o società UE che non si qualificano come ‘società figlie’ ai sensi dell’articolo 89, comma 3 –ter del TUIR, la remunerazione percepita su strumenti finanziari partecipativi sia tuttora interamente rilevante fiscalmente, e ciò quand’anche solo una parte di questa sia stata dedotta dal reddito del soggetto erogante. Ciò è dovuto al fatto che, per tali soggetti, continuerebbe a trovare applicazione la disposizione citata che, al fine dell’esclusione dal reddito dei proventi percepiti, richiede che gli stessi siano interamente indeducibili dal reddito del soggetto erogante.

Inoltre, la circostanza che l’articolo 44, comma 2, lett. a) non sia stato modificato produce effetti anche con riferimento ai proventi conseguiti all’atto della cessione dello strumento. Difatti, l’applicazione del regime PEX sarebbe tuttora subordinato alla circostanza che il titolo partecipativo sia assimilabile alle azioni e che, quindi, la relativa remunerazione sia interamente costituita dalla partecipazione ai risultati economici del soggetto erogante.

Pertanto, il regime PEX dovrebbe essere disconosciuto anche nel caso di cessione di strumenti partecipativi che si qualificano ai sensi dell’articolo 89, comma 3-bis in commento, i cui utili concorrono alla formazione del reddito del percettore limitatamente alla parte di questi non deducibile in capo all’emittente [7].

 

[1] Cfr. G. ALBANO, Con la legge europea 2015-2016 contrasto alla doppia non imposizione per le società Madri e Figlie, in Corr. Trib., n. 35/2016, p. 2649 e ss. “In pratica, mentre in caso di emittenti/associanti non residenti era finora prevista – per l’applicazione del regime Pex – la condizione che le remunerazioni fossero indeducibili dal reddito imponibile dell’emittente o dell’associante, in caso di soggetti residenti tale condizione non era espressamente richiesta, in quanto le norme dell’ordinamento tributario escludono tale possibilità”.

[2] Va osservato come l’impianto normativo descritto non sia stato modificato dalla modifica intercorsa: difatti, l’articolo 44, comma 2, lett. a) del TUIR continua a considerare similari alle azioni solo i titoli la cui remunerazione sia costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici e, per i soli titoli emessi da soggetti non residenti, quelli la cui remunerazione sia totalmente indeducibile nella determinazione del reddito del soggetto emittente; parimenti, l’articolo 109 del TUIR continua a disporre l’indeducibilità della remunerazione dei titoli e strumenti finanziari per la quota, diretta o indiretta, riferibile alla partecipazione ai risultati economici dell’emittente.

[3] Cfr. G. ALBANO, loc. ult. cit., “Sotto il profilo interpretativo, la lett.a) del nuovo comma 3-bis sembra riferirsi alle sole operazioni domestiche: in tali fattispecie, non operando il richiamo dell’articolo 44, comma 2 lett. a) del TUIR, che – come evidenziato – richiede la totale indeducibilità della remunerazione, dovrebbe risultare altresì inoperante la condizione rappresentata dalla esclusiva partecipazione ai risultati economici dell’emittente richiesta sinora dalla prassi”.

[4] Cfr. Circolare ASSONIME, n. 21/2016, p. 25 nota 39 “Il fatto che vi sia una parziale deducibilità presso l’emittente, dunque, non impedisce in toto il riconoscimento del regime dei dividendi presso il percettore, ma lo limita pro quota. Il comma 3 bis riconosce il medesimo regime dei dividendi, per la quota indeducibile, alle remunerazioni degli strumenti emessi da soggetti residenti in altro Paese UE, a condizione che il percettore detenga una partecipazione nel capitale della società erogante non inferiore al 10 per cento per almeno un anno e che quest’ultima rivesta una delle forme individuate dalla Direttiva UE e sia soggetta alle imposte sulla società nel suo Paese”.

[5] La violazione dell’art. 63 del TFUE potrebbe configurarsi in quanto, mentre l’applicazione dell’esclusione del 95% sugli utili ex art. 89, comma 3-bis, lett. a) del TUIR per le remunerazioni interne è subordinata solamente alla condizione che il soggetto emittente sia un ente commerciale residente soggetto a IRES, in caso di remunerazione di fonte estera la stessa esclusione trova applicazione solo qualora il soggetto emittente soddisfi i requisiti di cui al successivo comma 3-ter. Pertanto, l’art. 89, comma 3-bis, lett. b) del TUIR.

[6] L’articolo 109, comma 9, lett. b) del TUIR dispone che “Non è deducibile ogni tipo di remunerazione dovuta: […] b) relativamente ai contratti di associazione in partecipazione e di quelli di cui all’articolo 2554 del codice civile allorché sia previsto un apporto diverso da quello di opere e servizi”. Si veda, al riguardo, M. PIAZZA, Il nuovo regime dei dividendi dopo la Legge europea 2015-2016, in Corr. Trib., n. 35/2016, “Il nuovo comma 3-bis, lett.a) dell’articolo 89 consentirebbe ai applicare il regime di non imponibilità al 95% alle remunerazioni corrisposte da società ed enti commerciali residenti su contratti di associazione in partecipazione con apporti diversi dalle opere e servizi, nella misura in cui sono indeducibili ai sensi dell’articolo 109, comma 9, lett. b) del Testo Unico, ma non si comprende l’utilità di questa norma considerato che è già presente nell’articolo 89, comma 2”.

[7] Cfr. G. SALVI, Il trattamento fiscale degli strumenti finanziari partecipativi, Bilancio e reddito d’impresa, n. 10/2017, p. 33 e ss. “[..] La mancata modifica dell’articolo 44, comma 2, lett. a) del TUIR ha comportato, come conseguenza, che la possibilità di scindere i componenti reddituali riguarda esclusivamente i proventi (percepiti dalle società di capitale e dagli enti commerciali) che trovano origine nella gestione ordinaria degli strumenti finanziari e non si estende anche ai proventi percepibili per effetto della cessione degli strumenti stessi. In altri termini, poiché l’articolo 44 del TUIR non è stato oggetto di modifiche, gli strumenti finanziari ibridi continuano a non potere essere assimilati alle azioni qualora la relativa remunerazione non sia costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici del soggetto emittente e pertanto, alle eventuali plusvalenze realizzate in caso di cessione di tali strumenti non sarebbe applicabile il regime della partecipation exemption di cui all’articolo 87 del TUIR”. 


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