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TAR Lazio 535/2013. La competenza a giudicare sulle pratiche commerciali scorrette nel settore assicurativo “passa” dall’AGCM all’IVASS.

20 Maggio 2013

Avv. Paolo Virano e Avv. Elena Rossello, studio legale Frignani Virano e associati

Di cosa si parla in questo articolo

1. Il fatto e la decisione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

Nel 2009 una compagnia di assicurazioni ha lanciato una campagna pubblicitaria sulle polizze R.C. auto finalizzata, come è ovvio, all’acquisizione di nuovi clienti ai quali aveva promesso che, nel caso in cui il premio applicato sulla polizza contratta con altra compagnia fosse stato più basso rispetto al loro preventivo, l’assicurazione avrebbe regalato un buono benzina del valore di 50 euro.

A predisporre il preventivo sono stati in tanti, ma diversi assicurati, al momento di riscuotere il premio, hanno scoperto che la promozione era segnata da varie condizioni che limitavano la partecipazione degli utenti senza che ciò emergesse dalle comunicazioni pubblicitarie. Nei messaggi infatti si ometteva l’informazione che le polizze da confrontare dovessero essere comprensive della garanzia accessoria “furto incendio” e che l’assicurazione non stipulava questo tipo di polizza in diverse zone del territorio italiano (in ben trentasette province). Ciò comportava che i residenti di queste aree, quand’anche in possesso di una polizza comprensiva del “furto incendio”, erano di fatto esclusi dall’iniziativa commerciale perché non avrebbero potuto ottenere dall’assicurazione un preventivo comparabile con la polizza in atto.

Ricevute diverse segnalazioni l’AGCM1 avviava un procedimento per pratica commerciale scorretta (PS3721) che sfociava nel provvedimento sanzionatorio n. 20399 del 22 ottobre 20092. In esito all’attività istruttoria l’Autorità aveva modo di confermare che i messaggi apparsi in televisione, radio, stampa ed internet, non informavano i destinatari di tutte le condizioni necessarie (quelle che abbiamo visto sopra) per partecipare alla promozione.

La compagnia, dopo aver sospeso la campagna pubblicitaria (poi riattivata apportando le dovute correzioni ed integrazioni ai messaggi), presentava le proprie difese (pur senza sguainare quella che vedremo dopo sarà l’arma vincente) ed avanzava altresì una proposta di assunzione di impegni3.

L’AGCM, dopo aver chiesto il parere all’AGCOM4, rigettava la domanda di impegni (perché le pratiche commerciali sono state ritenute manifestamente scorrette e gravi) e respingeva le difese della compagnia, ritenendo che la pratica commerciale fosse scorretta ai sensi degli artt. 20, 21 e 22 del Cod. Cons., vietandone l’ulteriore diffusione ed irrogando altresì alla compagnia una sanzione amministrativa pecuniaria di 55.000 Euro.

2. La decisione del TAR Lazio, sent. 535 del 19 dicembre 2012.

Con il presente commento si cercherà di far luce sull’apertura (non nuova) di uno scenario diverso che riguarda la competenza dell’Autority a decidere su questa materia (e in altre) quando la pratica commerciale riguarda il settore assicurativo.

L’assicurazione, infatti, ha impugnato il provvedimento sanzionatorio dinanzi al TAR Lazio affidando le proprie censure a cinque motivi. Il primo, avente carattere preliminare di “competenza”. I restanti quattro, sul merito della decisione, verranno “assorbiti”.

Con il primo motivo l’assicurazione lamenta una violazione e falsa applicazione dell’art. 19, comma 3, del Cod. Cons., ovvero una “incompetenza dell’Autorità nell’applicazione delle norme in materia di pratiche commerciali scorrette con riferimento ai prodotti assicurativi”.

Il TAR non sembra per nulla sorpreso dai motivi di ricorso che sorreggono la domanda dei ricorrenti avendo per giunta una risposta già pronta al quesito che gli viene sottoposto perché, nella parte motiva della sentenza, non fa altro che richiamare in larga parte alcuni precedenti del Consiglio di Stato, in Adunanza Plenaria, dell’11 maggio 20125.

2.1.

La questione sulla quale l’Adunanza Plenaria è stata chiamata a far chiarezza trae origine da un problema di “sovrapposizione” di norme (e di autorità) in alcuni settori ben determinati. Se, infatti, il Codice del Consumo detta una disciplina, per quanto qui interessa sulle pratiche commerciali scorrette, che possiamo definire di regolamentazione “generale”, altri codici, o altre leggi, si inseriscono ritagliandosi una propria area di intervento caratterizzata da un settore economico specifico. Oltre a quello assicurativo, si pensi al settore delle telecomunicazionio a quello bancario (Cod. delle Comunicazioni, T.U.B., T.U.F.).

Diverse sono le regole, ma diverse sono anche le autorità che il legislatore ha preposto al controllo di queste regole, affidandogli compiti ispettivi, di controllo e sanzionatori: AGCM, AGCOM, IVASS, Banca d’Italia6, CONSOB7, ecc.

L’Adunanza Plenaria si è occupata del settore delle telecomunicazioni ed anche in quel frangente le lamentele provenivano dal “professionista” al quale era stata ingiunta una pesante sanzione dall’AGCM. Ma l’AGCM può sottrarre competenza in questo settore all’AGCOM8?

Il punto di partenza è l’interpretazione dell’art. 19.3 Cod. Cons. il quale dispone che “in caso di contrasto, le disposizioni contenute in direttive9 o in altre disposizioni comunitarie e nelle relative norme nazionali di recepimento che disciplinano aspetti specifici delle pratiche commerciali scorrette prevalgono sulle disposizioni del presente titolo e si applicano a tali aspetti specifici.

Il Cons. Stato individua, pertanto, nel principio di specialità la regola che consente di stabilire anche la competenza dell’autorità a decidere su quella determinata questione. Tale principio10 afferma che non si possa “fare contemporanea applicazione di due differenti disposizioni normative che disciplinano la stessa fattispecie, ove una delle due disposizioni presenti tutti gli elementi dell’altra e aggiunga un ulteriore elemento di specificità (o per aggiunta o per qualificazione)”I passaggi logici sono stati, in sintesi, i seguenti:

i) prima occorre stabilire se esista una pluralità di norme che regolamentano la medesima fattispecie (per noi ora le pratiche commerciali);

ii) poi si deve verificare se una di queste norme presenta elementi di specialità, da individuare nell’aggiunta di elementi rispetto alla norma generale oppure nella specificità di un dato settore economico (cioè la norma speciale deve contenere tutti gli elementi della norma generale con l’aggiunta degli elementi di specialità)11;

iii) tenendo conto che lo stesso principio di specialità deve riguardare i poteri (specie sanzionatori) attribuiti all’autorità speciale preposta, nel senso che a quest’ultima il legislatore deve aver concesso i medesimi poteri (o maggiori) dati all’AGCM.

2.2.

Torniamo ora alla decisione del TAR che richiama le conclusioni dell’Adunanza Plenaria e le modella sulla fattispecie in esame: le pratiche commerciali nel settore assicurativo.

Cercando di applicare il principio di specialità, il TAR scruta all’interno del Cod. Ass. Priv. (D.lgs. 209/2005) alla ricerca dei punti di contatto tra queste norme (il cerchio più grande) e quelle (generali, il cerchio più piccolo) del Cod. Cons., punti che individua:

i) nell’art. 3, in cui si parla di trasparenza, correttezza, informazione e tutela dei consumatori;

ii) nell’art. 5 che elenca i compiti e le funzioni dell’IVASS12 tra i quali la funzione di irrogare sanzioni e proteggere i consumatori;

iii) nell’art. 182 che regolamenta la pubblicità dei prodotti assicurativi, richiamando norme di chiarezza e correttezza dell’informazione assicurativa e dando il potere all’IVASS di intervenire per vietare la diffusione della pubblicità scorretta;

iv) nell’art. 183 che stabilisce le regole di comportamento: “diligenza, correttezza e trasparenza nei confronti dei contraenti e degli assicurati”.

v) nell’art. 184 che consente all’IVASS di sospendere e vietare la commercializzazione dei prodotti in violazione delle norme sopra richiamate.

Ma non sono solo le norme del Cod. Ass. Priv. a regolamentare in modo speciale il settore. Il legislatore ha previsto che lo stesso IVASS si dia dei propri regolamenti in queste materie. Ed allora dobbiamo ricordare (dell’ISVAP):

i) il Reg. n. 35 del 26.5.2010 (citato dal TAR), concernente la disciplina degli obblighi di informazione e della pubblicità dei prodotti assicurativi13;

ii) ed aggiungiamo noi che altri Regg. ancora (pensiamo al n. 5 del 16.10.2006 concernente la disciplina dell’attività di intermediazione assicurativa e riassicurativa, o al n. 24 del 19.5.2008 sulla procedura di presentazione dei reclami) conducono a ritenere che si possa applicare il principio di specialità.

Sulla base di questi presupposti e di queste motivazioni, il TAR riconosce che l’allora ISVAP godeva di chiari e specifici poteri interdittivi, sanzionatori e prescrittivi in materia di pubblicità di prodotti assicurativi ed afferma, richiamando il principio di specialità, che i provvedimenti impugnati devono essere annullati perché emessi da una autorità, l’AGCM, incompetente.

3. Alcune considerazioni finali

E’ sin troppo facile concludere denunciando la mancanza di un intervento legislativo in grado di armonizzare e razionalizzare il sistema. Negli ultimi anni abbiamo dovuto assistere al cumularsi di norme che si “rosicchiano” l’una con l’altra spazi operativi in settori particolarmente sensibili con il rischio di compromettere il principio del ne bis in idem e cioè che per fatti identici un professionista possa essere giudicato da due autorità diverse che potrebbero emettere provvedimenti contrastanti o addirittura infliggere due sanzioni differenti per la medesima fattispecie.

Da una parte il legislatore ha “caricato” sulle spalle dell’AGCM sempre maggiori compiti e competenze. Ci riferiamo, ad esempio, alla “tutela amministrativa contro le clausole vessatorie”14. E’ pur vero che lo stesso legislatore prevede che sia “fatta salva la giurisdizione del giudice ordinario sulla validità delle clausole vessatorie e sul risarcimento del danno”, ma non si capisce perché sul medesimo problema vi sia una duplicazione del giudizio: l’AGCM ha il potere di accertare la vessatorietà della clausola, il G.O. di accertarne la validità ed eventualmente condannare il “vessatore” a risarcire i danni.

Ed ancora, l’AGCM è stata “potenziata”15 con la legittimazione ad agire in giudizio contro gli atti amministrativi generali, i regolamenti ed i provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica che vìolino le norme a tutela della concorrenza e del mercato. Ampi margini di novità presenta poi l’allargamento della platea di soggetti protetti contro le pratiche commerciali scorrette attuato con l’introduzione tra i tutelati anche delle “microimprese”16, o la richiesta attività di vigilanza in materia di rapporti commerciali tra professionisti del settore agro-alimentare17.

Dall’altra parte assistiamo allo “scarico” di competenze che proviene dalla magistratura amministrativa che, con le sentenze in rassegna18, cerca di ripartire i “fascicoli” ponendoli sulle scrivanie di autorità diverse. Tale indirizzo non è sbagliato se solo si osserva, come qualcuno ha già fatto19, che l’AGCM è nata per garantire “la salvaguardia delle dinamiche competitive accettabili tra gli operatori del mercato20. Ed allora, o si dota l’Autority di strumenti e risorse nuove (ma il legislatore in queste acque naviga con le vele ammainate perché le esigenze di bilancio gli impongono, come è ad esempio successo per l’attribuzione della competenza in materia di clausole vessatorie, di disporre che tutte le attività siano svolte con le risorse umane, strumentali e finanziarie già disponibili a legislazione vigente”: art. 37 bis, comma 6, Cod. Cons.), oppure all’AGCM non resta che distogliere le risorse dai settori dominanti (passi il termine!) del controllo del mercato.

L’intervento di “riassegnazione” delle competenze che proviene dalla magistratura in rassegna dovrebbe riportare in equilibrio la ripartizione delle competenze sulla base dell’applicazione della legge speciale sotto due profili: quello sostanziale e quello “processuale”. Quanto al primo, se è vero che in tutti i settori le pratiche commerciali scorrette sono vietate, è altrettanto vero che in alcuni settori specifici la legge, per qualificare una certa pratica come scorretta, deve tener conto degli elementi peculiari di quel settore. Se ad esempio trattiamo della pubblicità nel settore delle telecomunicazioni o in quello dei prodotti finanziari e assicurativi, è comprensibile che la delicatezza di alcuni elementi induca a dettare regole proprie al settore in modo diverso rispetto alle pratiche commerciali sui prodotti di largo consumo.

Passando poi al profilo processuale, se questa è la premessa, è altrettanto legittimo pensare che per la “gestione” delle materie trattate da una legge speciale il legislatore abbia previsto l’istituzione di “autorità “speciali” che abbiano la conoscenza e competenza specifica per poter valutare i problemi che sorgeranno da quel particolare settore. Ed è anche per questo motivo che nella maggior parte dei casi il legislatore assegna a queste autorità funzioni che non sono solo di indirizzo, controllo e sanzionatorie, ma gli affida anche compiti di regolazione del mercato (tariffe, prezzi, condizioni contrattuali e così via) e facoltà di intervento preventivo, che mancano all’AGCM, la quale non è una autorità “regolatoria”. Il TAR Lazio21 e il Cons. di Stato si muovono in questa direzione.

 

 

1

L’art. 27 Cod. Cons. (D.lgs. 6.9.2005, n. 206) assegna all’AGCM la tutela amministrativa e giurisdizionale delle pratiche commerciali scorrette. Vedremo dopo che è proprio su questa competenza che la decisione in rassegna pone delle limitazioni.


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2

In Boll. n. 42/2009, o su http://www.agcm.it/consumatore–delibere/consumatore-provvedimenti/open/C12560D000291394/291A744FD9E43547C125766A00358962.html.


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3

Ai sensi dell’art. 27.7, D. lgs. 206/2005, il professionista responsabile può assumere l’impegno di porre fine all’infrazione. In questo caso l’Autorità, purché non si tratti di una manifesta scorrettezza e gravità della pratica commerciale, ed a condizione che gli impegni siano idonei ad evitare gli effetti della “scorrettezza”, può accettarli e chiudere così il procedimento.


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4

Perché così impone l’art. 27.6, del D. lgs. 206/2005.


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5

Cons. Stato, Adunanza Plenaria, 11 maggio 2012, nn. 14 e 13, Wind – Telecom c. AGCM, in Foro it., 2012, 480. Lo stesso giorno sono state emesse altre quattro sentenze analoghe, le nn. 11, 12, 15 e 16.


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6

Nella sent. n. 14 l’Adunanza Plenaria, cit. nota 5, sebbene chiuda la porta alla competenza della Banca d’Italia nel decidere le questioni attinenti alle pratiche commerciali scorrette (confermando i precedenti orientamenti, tra i quali Cons. Stato, sez. VI, 22.6.2011, n. 3763), premette, o almeno pone il dubbio, che l’esito del giudizio sarebbe stato diverso ove si fossero potute già applicare, ratione temporis, le modifiche introdotte al T.U.B. dal D. lgs. 13.8. 2010 n. 141. L’Adunanza Plenaria afferma infatti che “tale normativa, adottata in attuazione di un’apposita direttiva europea dedicata alla disciplina dei “contratti di credito”, costituisce forse il primo passo in vista della trasformazione del t.u.b. in una disciplina di settore tendenzialmente esaustiva, ma trattasi di questione che esula dall’ambito del presente giudizio”. Ricordiamo brevemente che la modifica legislativa in esame ha integralmente riscritto il capo II del titolo VI del D. lgs. 1.9.1993, n. 385 (T.U.B.) ed in particolare ha regolamentato il “credito ai consumatori” stabilendo norme vincolanti in materia di pubblicità ed attribuendo (art. 128-ter) alla Banca d’Italia anche poteri inibitori. Per il futuro occorrerà forse rivedere anche la competenza di questa autorità.


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7

La CONSOB è già stata “investita” della competenza in materia di servizi finanziari dal Cons. Stato, 31.12.2008, n. 3999, nel “parere” che gli è stato chiesto proprio dall’AGCM che avanzava dubbi sulla propria competenza. Così si conclude il citato parere: “Da tutte le considerazioni che precedono discende con sufficiente chiarezza che non sussiste la competenza dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, mentre sussiste quella della Commissione nazionale per le società e la borsa ad intervenire riguardo alla scorrettezza delle condotte degli operatori del settore finanziario e ad irrogare le inerenti sanzioni”.


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8

L’Adunanza Plenaria, con una frase di sicuro effetto, inizia la trattazione della parte in diritto rubricando la domanda presentata dai ricorrenti come una “actio finium regundorum tra AGCOM e Antitrust”, dove immagina che al posto degli agri arcifinii si determini il limes della competenza nel “terreno” delle pratiche commerciali scorrette.


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9

Ricordiamo che questa parte del “nostro” Cod. Cons., e cioè quella che riguarda le pratiche commerciali scorrette, è stata emanata in attuazione della direttiva 2005/29/CE dell’11.5.2005 relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno.


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10

Il principio di specialità, secondo l’Adunanza Plenaria, troverebbe la sua fonte nell’art. 15 del C.P. (tra più leggi penali che regolano la stessa materia vale quella speciale) e nell’art. 9 l. n. 689 del 1981 (depenalizzazione, principio di specialità).


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11

Nelle sentenze dell’Adunanza Plenaria si propone al lettore l’esempio di due cerchi concentrici, dove quello più grande, che contiene dunque quello più piccolo, è rappresentato dalla legge speciale, quello interno dalla legge generale.


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12

L’IVASS, a far data dal 1.1.2013, è succeduto all’ISVAP.


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13

A questo indirizzo si possono reperire tutti i regolamenti citati: http://www.ivass.it/ivass/imprese_jsp/PageDocumenti_regolamenti.jsp?&nomeSezione=NORMATIVA&ObjId=220097


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14

Vedi art. 37 bis del Cod. Cons., introdotto dall'art. 5.1, D.L. 24.01.2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 24.03.2012, n. 27.


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15

Così è rubricato l’art. 35 del D.L. 6.12.2011, n. 201, convertito in legge, con modificazioni, dalla l. 22.12.2011, n. 214, che inserisce il nuovo art. 21 bis nella legge 287 del 1990: “Potenziamento dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato”. Cfr. CINTIOLI, Osservazioni sul ricorso giurisdizionale dell’AGCM (art. 21 bis della legge n. 287 del 1990), in www.giustamm.it, 30.1.2012; F. ARENA, Atti amministrativi e restrizione della concorrenza: i nuovi poteri dell’autorità antitrust italiana, in Antitrust fra diritto nazionale e diritto dell’Unione Europea, Bruxelles – Milano, 2013, 409 ss.


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16

All’art. 18 del Cod.Cons. è stato aggiunto il punto d-bis (Microimprese) dall'art. 7.1, D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 24.3.2012, n. 27.


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17

Così il comma 8 dell’art. 62 del D. L. 4.01.2012, convertito con modificazioni dalla l. 24.3.2012 n. 27: “L'Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato è incaricata della vigilanza sull'applicazione delle presenti disposizioni e all'irrogazione delle sanzioni ivi previste, ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689”.


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18

E per la verità dallo stesso legislatore, che con una mano aggiunge e con l’altra sottrae, il quale nell’art. 23.12, quinquiesdecies, del D.L. 6.7.2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla l. 7.08.2012, n. 135, sembra rendersi conto del problema di sovrapposizione di competenze e, pur trattando di “importo massimo delle sanzioni … in materia di pratiche commerciali scorrette” esclude la competenza dell’AGCM “…unicamente nel caso in cui le pratiche commerciali scorrette siano poste in essere in settori in cui esista una regolazione di derivazione comunitaria, con finalità di tutela del consumatore, affidata ad altra autorità munita di poteri inibitori e sanzionatori e limitatamente agli aspetti regolati”.


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19

Cfr. MINERVINI, L’AGCM quale autorità di tutela del consumatore: verso una nuova forma di regolazione di mercati, in Riv. dir. comm., 2010, 1141, secondo il quale “se l’AGCM nasce come autorità garante della concorrenza, dove il bene giuridico oggetto di protezione era il diritto di iniziativa economica e il mercato in senso stretto, (…) essa è divenuta oggi anche autorità che tutela, in via diretta, il consumatore … anzi la nuova disciplina delle PCS sembra oggi aver assunto una dimensione anche statisticamente prevalente rispetto a quella del diritto antitrust”.


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20

In questo senso PALMIERI, PARDOLESI, Sull’interfaccia (problematica) fra regolazione economica e disciplina della concorrenza, in Foro it., 2012, 493, in nota alle sentenze dell’Adunanza Plenaria in rassegna. Gli autori ricordano altresì come PARCU, L’altro antitrust: dall’asimmetria di potere di mercato all’asimmetria di potere contrattuale, in Bancaria, 2012, 2, 48, tratti nei medesi termini il problema del ridimensionamento del ruolo principale attribuito all’AGCM a favore della tutela delle pratiche commerciali scorrette ed in altri settori.


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21

Che ha recentemente ribadito l’incompetenza dell’AGCM a favore dell’AGCOM nella sent. 18.2.2013, n. 1752, inedita.


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