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Attualità

Piani attestati per uscire dalla procedura di concordato in bianco. Il nuovo “mini 182-bis”.

22 Dicembre 2020

Alberto Angeloni e Andrea Garofalo, DLA Piper

Di cosa si parla in questo articolo

Tutele tipicamente “concorsuali” attribuite a una modalità di composizione della crisi negoziale e prevalentemente privatistica

Nell’ambito della decretazione d’urgenza conseguente all’emergenza epidemiologica dovuta alla diffusione del virus COVID-19, il Legislatore ha sancito la possibilità per un imprenditore che abbia ottenuto il termine previsto dall’art. 161, co. 6, L. Fall., relativo alla fase cosiddetta “in bianco” o “prenotativa” del concordato preventivo, di depositare – in luogo della proposta di concordato preventivo ovvero di accordo di ristrutturazione ex art. 182-bis L. Fall. – un piano di risanamento ex art. 67, co. 3, lett. d), L. Fall. (“Piano 67”).

Com’è noto, invero, già nel 2013, con l’introduzione della disciplina di cui all’art. 161, co. 6, L. Fall., il percorso a “doppia uscita” era stato messo a disposizione dei ricorrenti che potevano scegliere se depositare una proposta concordataria oppure un accordo di ristrutturazione, allo spirare del termine concesso dal tribunale. Orbene, ad avviso di chi scrive già all’epoca nulla impediva, in astratto, al debitore che avesse ottenuto il termine ex art. 161, co. 6, L. Fall. di rinunciarvi e, in quella sede, di depositare evidenza dell’intervenuta pubblicazione presso la CCIAA di un Piano 67.

Oggi, tuttavia, con l’art. 9, co. 5-bis,della L. n. 40/2020, questa “terza via di uscita” dalla procedura “in bianco” viene transitoriamente consacrata per i debitori che abbiano richiesto il termine ex art. 161, co. 6, L. Fall. con ricorso depositato entro il 31 dicembre 2020.

Secondo la ratio legis, quindi, anche le attività preparatorie di un Piano 67 sono meritevoli di fruire dell’ombrello protettivo dalle azioni esecutive e cautelari dei creditori, elemento tipico degli strumenti concorsuali di composizione della crisi. Pertanto, il Piano 67, tradizionalmente privo dei caratteri tipici di una “procedura concorsuale”, atteggiandosi quale modalità prettamente privatistica di risoluzione della crisi, finisce oggi per rappresentare un terzo possibile epilogo della procedura “in bianco”, alternativo al concordato preventivo e agli accordi di ristrutturazione.

Controllo giurisdizionale ed obblighi di pubblicità al registro imprese: il Piano 67 è trasformato in un nuovo “mini 182-bis”

L’imprenditore che abbia: a) depositato atto di rinuncia al concordato o all’accordo; b) dichiarato di aver predisposto un Piano 67; c) depositato presso il Tribunale evidenza dell’intervenuta pubblicazione del Piano 67 presso il registro delle imprese; e, infine, d) superato il vaglio del Tribunale circa la completezza della documentazione e la sua regolarità formale; potrà uscire della fase di “pre-concordato” con “l’ammissione” al Piano 67.

Ciò che emerge dall’iter appena evidenziato,oltre alla consacrazione del Piano 67 come “terza via”, è l’introduzione di un controllo giurisdizionale sul Piano 67 che, in sostanza, potrebbe consistere nella verifica dell’idoneità dello stesso a rimuovere la situazione iniziale di crisi.

Certamente l’introduzione del mini passaggio giurisdizionale finirà col rafforzare il Piano 67, conferendo un maggior comfort agli stakeholders toccati dalla ristrutturazione, eppure, in tal modo, sembra che il risultato ottenuto dalla novità legislativa in commento sia quello di aver “creato” un nuovo “mini” accordo di ristrutturazione ex art.182-bis L. Fall..

Un “mini 182-bis”che, per la prima volta, vede un vaglio giurisdizionale ex ante che, pur non raggiungendo il grado di pervasività proprio del giudizio di omologazione previsto per gli accordi di ristrutturazione, dovrà appurare l’idoneità del piano al risanamento aziendale oltreché la sussistenza degli elementi formali tipici dell’atto.

Anche solo guardando in prospettiva al Piano 67 normato dall’art. 56 del nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza (che all’esito dell’emergenza COVID entrerà in vigore – salvo nuovi differimenti – il 1° settembre 2021), molteplici sono i dubbi che nascono in ordine al momentaneo venir meno della natura privata e riservata degli accordi sottoscritti con i creditori.

Prospettive e dubbi operativi

Lo spossessamento attenuato, la nomina di un commissario giudiziale nella fase “in bianco”, l’impossibilità di compiere atti di straordinaria amministrazione, la tutela concorsuale volta al perseguimento del miglior interesse della Massa, sono tutti tratti distintivi che, volenti o nolenti, connotano la fase di pre-concordato e che oggi possono rappresentare il preludio di un Piano 67.

L’imprenditore che pur di fruire dell’automatic stay riconosciuto dall’art. 161, co. 6, L. Fall. dovesse decidere di risolvere la propria crisi con la predisposizione di un Piano 67 nel contesto delineato, dovrà essere consapevole che occorrerà superare le “forche caudine” del vaglio giurisdizionale di “ammissibilità” che è stato “sommessamente” previsto dalla Legge.

Temi operativi non trascurabili che derivano dalla nuova natura del Piano 67 quale “nuovo mini 182-bis” – e che solo le prassi applicative e gli usi delle sezioni fallimentari del Paese potranno dirimere – sono, a titolo esemplificativo ma non esaustivo: “quale trattamento riservare al compenso del professionista che ha assistito la redazione del Piano 67 che poi sia culminato nel denegato successivo fallimento: prededucibilità o rango chirografo?” Ma ancora, “ il piano attestato in continuità implicherà una sua estensione vincolante totalitaria rispetto a tutto il ceto creditorio oppure questo elemento tipicamente negoziale resterà invariato?” oppure, “L’applicazione al Piano 67 di principi di natura concorsuale, per il caso di successivo fallimento, apre la porta all’applicazione forzata del principio di consecuzione tra procedure?”

Conclusione

Ancora una volta il Legislatore soffre “l’emergenza del momento”.

Certamente le intenzioni sottese alla norma in commento sono le più nobili e tendono senz’altro ad “ammorbidire” i toni dei creditori insoddisfatti, così consentendo un’ordinata composizione della crisi da parte di quei debitori che abbiano ragionevoli prospettive di risanamento con l’utilizzo di un Piano 67. Ma la possibilità che al Piano 67 trovino applicazione i principi tipici delle procedure concorsuali, tuttavia, è una scelta che ha come conseguenza quella di cucire addosso al Piano 67 le inedite vesti di un “mini 182-bis” che, calato nella complessità del contesto economico-sociale attuale, rischia di “confondere” ed offrire un uso distorto dell’opportunità concessa dal Legislatore.

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