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Giurisprudenza

Amministrazione straordinaria e ammissione al passivo del credito del professionista

16 Luglio 2021

Silvia Motta

Cassazione Civile, Sez. I, 26 aprile 2021, n. 10973 – Pres. Cristiano, Rel. Pazzi

Di cosa si parla in questo articolo

Nella fattispecie esaminata dalla Corte di Cassazione, il professionista che aveva assistito la società in crisi nella fase di accesso alla procedura di amministrazione straordinaria, predisponendo il ricorso per l’avvio della procedura e il successivo reclamo avverso il decreto del tribunale che aveva respinto detto ricorso, si era visto rigettare la propria domanda di ammissione al passivo.

Con la propria opposizione allo stato passivo, il professionista aveva quindi lamentato (i) la sussistenza di un vizio della decisione causata dalla partecipazione al collegio, quale giudice relatore/estensore, del giudice delegato al fallimento e (ii) l’erronea mancata ammissione del proprio credito derivante dall’attività regolarmente svolta.

Il giudice di merito aveva rigettato l’opposizione allo stato passivo del professionista, escludendo la sussistenza di un vizio della decisione derivante dalla partecipazione al collegio del giudice delegato al fallimento, perché, in ogni caso, egli non era stato autore del provvedimento impugnato, e negando il riconoscimento di alcun credito in capo al professionista. L’attività prestata per la predisposizione del ricorso al tribunale per l’avvio della procedura di a.s. sarebbe invero stata “insufficiente e colpevolmente improduttiva di effetti, sì da poter ritenere inadempiente il professionista e conseguentemente non dovuto alcun compenso” e l’attività prestata per la proposizione del reclamo avverso il decreto con cui il tribunale aveva respinto il ricorso sarebbe stata caratterizzata da“assoluta insufficienza” e “assoluta genericità” degli elementi forniti.

La Corte di Cassazione, chiamata a statuire sul punto, ha confermato la decisione del giudice di merito relativamente all’insussistenza di un vizio della decisione per la partecipazione al collegio del giudice delegato al fallimento, ribadendo che “l’incompatibilità del giudice delegato che ha pronunciato il decreto di esecutività dello stato passivo a far parte del collegio chiamato a decidere sulla conseguente opposizione non determina una nullità deducibile in sede di impugnazione, in quanto questa incompatibilità, salve le ipotesi di interesse proprio e diretto nella causa, può dar luogo soltanto all’esercizio del potere di ricusazione, che la parte interessata ha l’onere di far valere, in caso di mancata astensione, nelle forme e nei termini di cui all’art. 52 c.p.c.”.

In merito alla mancata ammissione del credito del professionista, la Corte ha invece cassato la sentenza del tribunale e rinviato il giudizio al giudice di merito in diversa composizione. In particolare, la Corte ha sostenuto che, nonostante ai sensi dell’art. 5 d.lgs. 270/1999, l’imprenditore (così come il professionista che lo assiste) sia chiamato ad esporre le cause che hanno determinato il proprio stato di insolvenza, “segnalando ogni elemento utile ai fini della valutazione dell’esistenza dei requisiti e delle condizioni indicati negli articoli 2 e 27”, la norma debba essere intesa come volta a richiedere un mero comportamento collaborativo, il cui mancato assolvimento non pregiudica in maniera automatica le sorti della procedura di amministrazione straordinaria, rimanendo affidato al tribunale il compito di verificare l’esistenza dei requisiti e delle condizioni previsti dagli artt. 2 e 27.

Preso atto dell’inesistenza di qualsivoglia obbligo di predisporre un piano di risanamento in capo all’imprenditore ed al professionista che lo assiste sia nella fase che conduce alla dichiarazione dello stato di insolvenza sia nella fase di osservazione, la Corte ha quindi escluso che un eventuale errore in ordine all’individuazione dei predetti requisiti e condizioni possa essere ad essi imputato e, dunque, possa determinare la mancata ammissione del credito del professionista allo stato passivo.

 

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