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Tesi di laurea

I diritti reali di garanzia. Italia, Inghilterra e Spagna: tre esperienze a confronto

12 Giugno 2018

Francesca Boccaccio

Negli ultimi anni, soprattutto a seguito della recente crisi economica, è parsa sempre più evidente l’importanza del principio di effettività della tutela del credito: lo sviluppo dell’impresa e dei consumi è indissolubilmente collegato alle modalità di accesso ai finanziamenti.

Fondamento della mia analisi, attuata mediante una comparazione tra gli ordinamenti inglese, spagnolo ed italiano, si pone, pertanto, la riflessione sull’utilizzo delle garanzie reali come strumento per promuovere un più agevole accesso al credito, reagendo alle note sofferenze che caratterizzano gli istituti bancari italiani ed europei nell’attuale ciclo economico.

Dallo studio comparatistico del tema della responsabilità patrimoniale e delle garanzie reali, così come dalle rilevazioni effettuate da expert groups operanti a livello comunitario, risulta che nella regolamentazione di questo settore i legislatori debbano contemperare due esigenze: da un lato, il necessario potenziamento della tutela del credito per sopperire alla crisi, avvertita in particolar modo dalle piccole e medie imprese, e, dall’altro, l’interesse generale ad una circolazione della ricchezza la più libera e spedita possibile.

Esaminando le caratteristiche dei diritti reali di garanzia, emergono le innegabili criticità dovute alla rigida regolamentazione codicistica italiana, reputata spesso incapace di adattarsi alla rapidità dei rapporti commerciali odierni, anche a causa di una tradizione interpretativa che per lungo tempo ha emarginato da questo settore il potere di autonomia privata, applicando estensivamente il divieto di patto commissorio. Tuttavia, le recenti modifiche legislative introdotte ad opera del “Decreto Banche” del 2016, hanno finalmente portato ad un allineamento del nostro ordinamento con le altre esperienze giuridiche occidentali: oltre al pieno riconoscimento di figure di pegno senza spossessamento, sono state introdotte misure che promuovono una più celere soddisfazione delle pretese creditorie. A questo proposito, se il sistema inglese già nel Law Property Act del 1925 delineava la possibilità di vendita stragiudiziale del bene concesso in garanzia, proprio in ragione di una maggiore flessibilità del rapporto creditizio con il cosiddetto “power to sell out of court”, quello italiano è sempre stato caratterizzato da note inefficienze nel funzionamento del sistema giudiziario e da procedure di recupero particolarmente lunghe e gravose.

Sin dagli albori della rivoluzione industriale, il sistema d’oltre Manica si è presentato al passo con i tempi e maggiormente sensibile alle mutevoli esigenze imprenditoriali, ammettendo negozi di garanzia mobiliare rotativa e non possessoria già negli ultimi decenni del XIX secolo. Così come accade in altri settori, anche in questo la common law si distingue per dare rilievo al riconoscimento di situazioni di fatto piuttosto che richiedere l’osservanza di adempimenti formali (si pensi, ad esempio, al fenomeno della crystalisation della charge) e per configurare una disciplina modulata sulle istanze del mondo economico. La predisposizione di un sistema di garanzie reali costruito ad hoc per uno svolgimento dei traffici negoziali privo di ostacoli comporta che l’ordinamento inglese preveda, in un certo senso, una minore tutela dei terzi creditori rispetto a quanto accade negli ordinamenti di civil law: indicativa in tal senso appare la mancanza di limitazioni per quanto riguarda le obbligazioni garantibili, che possono essere anche future e non ancora insorte tra le parti.

Ad ogni modo, l’entrata in vigore nell’ordinamento di common law del Land Registration Act del 2002, ha parzialmente posto un argine ai suddetti inconvenienti con la previsione di un’obbligatoria iscrizione nel registro elettronico per qualunque forma di mortgage al fine di assicurare la piena opponibilità ai terzi dei diritti reali di garanzia e, di conseguenza, una maggiore certezza delle operazioni giuridiche. La regolamentazione propria del sistema spagnolo e in quello italiano, al contrario, è sempre stata contraddistinta dalla necessaria presenza di numerosi requisiti for- mali per la conclusione di contratti reali di garanzia al fine di assicurare ai creditori chirografari un’effettiva conoscibilità in merito all’entità del patrimonio del proprio debitore. Quest’ultimo costituisce, infatti, garanzia generica ai fini del soddisfacimento della loro pretesa e l’eventuale apposizione di garanzie reali, con i conseguenti diritti di prelazione che essi comportano, su beni a lui appartenenti rischierebbe di pregiudicare i loro interessi. Il suddetto rigido formalismo che caratterizza la disciplina degli ordinamenti continentali ha spesso indotto le parti contrattuali ad impiegare figure di alienazione in funzione di garanzia, censurate però dalla giurisprudenza per violazione del divieto di patto commissorio.

Da tali considerazioni, pertanto, emerge come il modello inglese di diritti reali di garanzia si stia progressivamente avvicinando a quelli continentali e viceversa: nel primo, le recenti riforme legislative hanno dimostrato l’intenzione di configurare forme di registrazione delle garanzie che assicurino maggiore certezza nelle operazioni negoziali, così come a lungo suggerito dalla stessa Law Commission. Nei secondi, invece, l’evoluzione normativa del settore si sta sviluppando nel senso di una semplificazione della disciplina codicistica, rispondente ad un sistema economico ormai superato. Anche il recente riconoscimento legislativo, e non più soltanto giurisprudenziale e dottrinale, del cosiddetto “patto marciano” rivela una sempre maggiore attenzione alle istanze provenienti, dal un lato, dal mondo imprenditoriale, che reclama agevole ricorso a fonti di finanziamento senza rinunciare a tutele, e, dall’altro, da quello bancario, che, invece, auspica un rapido soddisfacimento delle proprie pretese con più snelle procedure di escussione della garanzia.

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