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Approfondimenti

L’effetto preclusivo dello “scudo fiscale”

12 Marzo 2012

Dott. Nicola Daina, Studio legale tributario Tesauro

Di cosa si parla in questo articolo

L’art. 13 bis del D.l. 1 luglio 2009, n. 78, convertito dalla Legge 3 agosto 2009, n. 102, ha istituito e regolato lo “scudo fiscale” con il quale è consentita la possibilità di fare emergere, mediante il pagamento di un’imposta straordinaria, le attività finanziarie e patrimoniali che risultino irregolarmente detenute all’estero da soggetti residenti in Italia al 31 dicembre 2008.

L’effettivo pagamento dell’imposta straordinaria, previa presentazione della dichiarazione riservata delle attività rimpatriate, garantisce al contribuente, ai sensi dell’art. 14 d.l. n. 350/2001, i seguenti effetti premiali:

– la preclusione di ogni accertamento tributario e contributivo per i periodi di imposta per i quali non è ancora decorso il termine per l’azione di accertamento, limitatamente agli imponibili rappresentati dalle somme o dalle altre attività costituite all’estero e oggetto di rimpatrio;

– l’estinzione delle sanzioni amministrative, tributarie e previdenziali e quelle previste dall’articolo 5 del decreto legge n. 167 del 1990, relativamente alla disponibilità delle attività finanziarie dichiarate;

– l’esclusione della punibilità per alcuni reati, relativamente alla disponibilità delle attività finanziarie dichiarate.

Quindi, nel caso in cui al contribuente venga notificato un avviso di accertamento con il quale l’Ufficio accerti le attività finanziarie oggetto di “rimpatrio”, il contribuente è legittimato ad opporre all’avviso gli effetti preclusivi ed estintivi (ex art. 14, comma 1, D.l. n. 350/2001) del cd. “scudo fiscale”.

In altre parole, il contribuente con riguardo agli imponibili relativi alle attività “rimpatriate”, non può subire alcun accertamento tributario.

Innanzitutto, ciò che preme identificare sono i presupposti in virtù dei quali è possibile opporre all’Agenzia l’effetto preclusivo del cd “scudo fiscale”.

Tali presupposti consistono nella effettività della detenzione fuori del territorio dello Stato delle attività finanziarie o patrimoniali indicate nella dichiarazione riservata, fino al 31 dicembre 2008 (ex art. 13 – bis, comma 6, D.l. 78/2009);  nella effettività del rimpatrio o regolarizzazione mediante il pagamento dell’imposta straordinaria (ex art. 13 – bis, coma 4, D.l. 78/2009); nella circostanza che al contribuente non sia stata già constatata la violazione degli obblighi dichiarativi della detenzione o della movimentazione delle attività patrimoniali e finanziarie all’estero e che non siano iniziati accessi, ispezioni o verifiche o altre attività di accertamento fiscale (ex art. 14, comma 7, d.l. 350/2001).

La portata del’effetto preclusivo dello “scudo fiscale” è stata oggetto di alcuni chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Con la circolare n. 43/E del 10/10/2009, l’Agenzia ha precisato che “la preclusione opera automaticamente, senza necessità di prova specifica da parte del contribuente, in tutti i casi in cui sia possibile, anche astrattamente ricondurre gli imponibili accertati alle somme oggetto di rimpatrio”.

Con riguardo all’onere probatorio gravante sul contribuente, nella circolare viene affermato che la preclusione opera automaticamente senza necessità di prova specifica.

Successivamente l’Agenzia, con la circolare n. 52/E del 08/10/2010, in contrasto con quanto affermato nella precedente circolare, dichiara che “la carenza di prove che le attività dichiarate non fossero già detenute in epoca antecedente al periodo d’imposta oggetto di controllo” determina l’inutilizzabilità dell’effetto preclusivo.

Giova pertanto analizzare l’orientamento della giurisprudenza di merito con riguardo ai casi in cui sia possibile far valere l’effetto preclusivo ex art. 14 d.l. n. 350/2001 e, soprattutto, in merito all’onere probatorio che il contribuente è chiamato a soddisfare.           

La Commissione Tributaria Provinciale di Rimini, con la sentenza 29 giugno 2011, n. 237, ha chiarito che il cd. “scudo fiscale” è opponibile all’accertamento tributario anche se il contribuente non prova che le attività “scudate” non fossero già detenute all’estero in epoca antecedente al periodo di imposta oggetto del controllo.

In particolare, la Commissione Tributaria di Rimini, analizzando laratio della norma, afferma che l’interesse dello Stato era che emergessero quante più attività era possibile e per ottenere questo non poteva non prevedere la preclusione anche per attività antecedenti all’anno accertato.

L’unico limite temporale previsto dalla normativa in questione è “quello finale del 31 dicembre 2008 in quanto non si poteva consentire che le esportazioni successive all’inizio della prospettazione dello scudo potessero venire ugualmente sanate” (Comm. Trib. Prov. di Rimini, 29 giugno 2011, n. 237).

Di particolare rilevanza, inoltre, è la sentenza del 18 ottobre 2011, n. 187 della Commissione Tributaria Provinciale di Livorno, nella quale viene affermato che non sussiste per il contribuente alcun obbligo di opporre all’Ufficio, in sede di inizio accessi o entro i trenta giorni successivi, gli effetti preclusivi ed estintivi dello scudo fiscale. Infatti, “l’introduzione di un termine per il riconoscimento degli effetti dello scudo non è legittima, (..) ma rappresenta un addendum che il legislatore non ha evidentemente voluto, nulla essendo disposto al riguardo né nel decreto istitutivo né nella legge di conversione” (Comm. Trib. Prov. di Livorno, 18 ottobre 2011, n. 187).         

Quindi, il contribuente che voglia opporre all’accertamento tributario l’effetto preclusivo dello scudo fiscale (ex art. 14 d.l. n. 350/2001) non deve dare prova che le somme “scudate” non fossero già detenute in epoca antecedente al periodo d’imposta oggetto dell’accertamento, né deve far valere l’effetto preclusivo in sede di verifica.

Invero, le uniche limitazioni ex lege (e, quindi, le uniche limitazioni ad avere forza cogente per il contribuente) all’opponibilità dell’effetto preclusivo dello “scudo fiscale” sono: l’aver subito accertamenti o ispezioni prima della data di presentazione della dichiarazione riservata (ex art. 14, comma 7, d.l. 350/2001) e la non effettività della detenzione fuori del territorio dello Stato delle attività rimpatriate, indicate nella dichiarazione riservata, fino al 31 dicembre 2008 (ex art. 13 – bis, comma 4, D.l. 78/2009).

Superfluo precisare che, per poter opporre l’effetto preclusivo all’accertamento subito, vi debba comunque essere una riconducibilità quantitativa tra le somme “rimpatriate” e l’imponibile oggetto dell’accertamento.

In conclusione, alla luce della recente giurisprudenza, è da ritenersi che il contribuente, che abbia regolarmente beneficiato dello “scudo fiscale” per le attività detenute all’estero negli anni precedenti il 2008, non possa subire alcun accertamento per tali periodi, con la conseguenza che l’eventuale avviso di accertamento notificato debba ritenersi illegittimo.

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