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I profili di criticità legati alla distribuzione assicurativa in regime di libera prestazione di servizi tramite canale agenziale

4 Marzo 2012

Avv. Alessandro Steinhaus e Avv. Silvia Colombo, Studio legale Jenny & Partners

Sommario: 1.  L’evoluzione del quadro comunitario in materia di stabilimento e libera prestazione di servizi delle imprese di assicurazione 2. Il sottile confine tra libera prestazione di servizi e stabilimento 3. La distribuzione assicurativa in regime di libera prestazione di servizi tramite canale agenziale

 

1. L’evoluzione del quadro comunitario in materia di stabilimento e libera prestazione di servizi delle imprese di assicurazione

Come noto, una delle maggiori conquiste dell’Unione Europea consiste nella realizzazione del mercato unico tra i Paesi che la compongono, per tale intendendosi “uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali”, ovvero delle quattro libertà simbolo dell’integrazione comunitaria (art. 14 del Trattato che istituisce la Comunità europea, “TCE”, e art. 26 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, “TFUE”).

Quanto precede è stato progressivamente attuato anche nel settore assicurativo mediante l’emanazione di una serie di direttive succedutesi nel tempo che, nel regolare distintamente le assicurazioni del ramo vita e danni, hanno avviato un processo di armonizzazione delle normative nazionali in materia di accesso ed esercizio dell’attività assicurativa all’interno dell’Unione Europea.

E’ in particolare con le prime direttive (n. 79/267/CEE per l’assicurazione vitae nn. 73/239-240/CEE per l’assicurazione non vita) che è stato introdotto anche per le imprese di assicurazione il diritto di stabilimento previsto dagli artt. 43 e successivi TCE (ora artt. 49 e successivi del TFUE), in forza del quale le compagnie assicurative aventi sede legale in uno Stato della Comunità Europea possono esercitare la loro attività in altri Paesi membri in modo continuo ed in via permanente, mediante la costituzione di una succursale.

La materia è stata successivamente ripresa ed innovata dalle seconde direttive (n. 90/619/CEE per l’assicurazione vita e n. 88/357/CEE per l’assicurazione non vita), chehanno introdotto la possibilità per le compagnie di assicurazione di operare anche in libera prestazione di servizi, ai sensi degli artt. 49 e seguenti del Trattato CE (ora artt. 56 e ss. TFUE). Con tale espressione si intende, come verrà meglio specificato nel prosieguo, la facoltà attribuita alle imprese assicurative comunitarie di esercitare temporaneamente la propria attività in un altro Stato membro senza necessità di insediarvi una propria succursale.

La disciplina in esame ha infine trovato una sua compiuta definizione per effetto dell’emanazione delle terze direttive (n. 92/96/CEE per l’assicurazione vita n. 92/49/CEE per l’assicurazione non vita, recentemente abrogate ed interamente sostituite dalla direttiva n. 2009/138/CE, ai più nota come Solvency II), che hanno semplificato ulteriormente l’accesso al mercato assicurativo, introducendo il principio dell’autorizzazione e della vigilanza unica (c.d. “home country control”).

Secondo tale principio, un’impresa di assicurazioni avente sede in un Paese membro, può svolgere la propria attività nell’intero Spazio Economico Europeo (attualmente composto dall’Unione Europea, dall’Islanda, dal Liechtenstein e dalla Norvegia), senza necessità di dover richiedere alcuna autorizzazione aggiuntiva alle autorità di vigilanza degli Stati in cui intende operare, posto che la stessa sarà sempre sottoposta al controllo delle autorità del proprio Paese di origine. In ogni caso, l’impresa dovrà operare nel Paese ospitante nel rispetto delle norme ivi dettate in ragione di un interesse generale.

In virtù dunque del sistema di licenza e di controllo prudenziale unico affidato allo Stato membro d’origine, le imprese di assicurazione comunitarie possono oggi esercitare la propria attività in tutti i Paesi che compongono lo Spazio Economico Europeo, sia in regime di stabilimento, sia in libera prestazione di servizi.

2. Il sottile confine tra libera prestazione di servizi e stabilimento

Dall'applicazione pratica dei principi sopra illustrati sono emersi, nel corso degli anni, alcuni profili di incertezza interpretativa circa la corretta definizione del confine tra attività svolta in regime di stabilimento piuttosto che in libera prestazione di servizi.

Sul punto la Corte di Giustizia dell’Unione Europea è stata chiamata più volte ad esprimere la propria posizione, individuando in alcune storiche sentenze, i caratteri essenziali e fondanti delle due possibili modalità operative.

Al fine di riassumere le posizioni assunte negli anni dalla Corte e di definire una linea interpretativa comune, la Commissione europea ha ritenuto opportuno intervenire, emanando la comunicazione interpretativa n. 2000/C 43/03 sulla libera prestazione di servizi e l’interesse generale nel settore delle assicurazioni.

In tale documento la Commissione, riprendendo i principi espressi nel TCE, ha innanzitutto identificato la linea di confine tra libera prestazione di servizi e libertà di stabilimento nel requisito della temporaneità, indicando che "quando un'attività viene esercitata in regime di libera prestazione di servizi in presenza del prestatore nel territorio dello Stato membro della prestazione, la nozione di prestazione di servizi si distingue sostanzialmente da quella di stabilimento in quanto la prima è contraddistinta dal suo carattere temporaneo, mentre la seconda presuppone un’installazione duratura nel paese ospitante”.

Già la Corte di Giustizia dell’Unione europea si era infatti pronunciata a riguardo, precisando che il carattere temporaneo della libera prestazione di servizi non escludesse tuttavia la possibilità per il prestatore dei servizi di dotarsi di infrastrutture nello Stato membro ospitante (ivi compreso un ufficio o uno studio), ma unicamente nella misura in cui ciò fosse necessario allo svolgimento della prestazione, posto che “il carattere temporaneo delle attività considerate dev'essere valutato non soltanto in rapporto alla durata della prestazione, ma anche tenendo conto della frequenza, periodicità o continuità di questa” (Causa C-55/94, Gebhard).

Ciò posto, le maggiori difficoltà interpretative sono state riscontrate nel tentativo di delineare le corrette modalità operative, laddove l'impresa di assicurazioni intenda avvalersi, per la distribuzione dei propri prodotti nello Stato membro ospitante, dell’attività svolta da un intermediario ivi permanentemente insediato e più nello specifico, come vedremo in seguito, di un’agenzia assicurativa.

Sul punto, in via generale, la Commissione ha rilevato che i legami tra un intermediario e un’impresa assicurativa sono di natura tale da comportare l’assoggettamento di quest’ultima al regime di stabilimento anziché a quello della libera prestazione di servizi, laddove nella configurazione della relativa collaborazione si verifichino cumulativamente le seguenti condizioni:

  1. l’intermediario sia soggetto alla direzione e al controllo dell’impresa di assicurazione: tale condizione si considera verificata se, in funzione dei rapporti contrattuali o de facto instaurati fra l'impresa e l’intermediario, quest’ultimo non disponga di una libertà e di un livello di autonomia sufficiente per organizzare la propria attività lavorativa, dovendo, poniamo il caso, seguire le indicazioni commerciali, procedurali e di merito imposte dall’impresa preponente, o non potendo rappresentare contemporaneamente altre imprese di assicurazione concorrenti. Ne discende quindi che, ad esempio, un mandato agenziale che preveda una clausola di esclusiva, potrebbe essere interpretato come un indizio di subordinazione al potere di direzione e controllo dell’impresa mandante;
  2. l’intermediario disponga del potere di impegnare l’impresa preponente verso i terzi, i quali sarebbero così dispensati dal dover contattare l’impresa stessa, potendo concludere i contratti direttamente con il suo rappresentante: ne discende quindi che il conferimento di un mandato e del relativo potere di rappresentanza all’intermediario per concludere contratti con gli assicurati in nome e per conto dell’assicuratore, configuri uno degli elementi tipicamente caratterizzanti l’operatività in regime di stabilimento (per completezza espositiva, si precisa però che tale condizione non si considera soddisfatta laddove l’intermediario possa fare una proposta a nome dell’impresa, che la stessa rimane tuttavia libera di rifiutare);
  3. il mandato in essere tra l’impresa di assicurazioni e l’intermediario abbia carattere permanente, quindi non limitato nel tempo od occasionale, con ciò dimostrando che l’impresa di assicurazione ha l’intenzione di integrare a titolo definitivo nell’economia dello Stato membro ospitante le attività di assicurazione ivi esercitate.

3. La distribuzione assicurativa in regime di libera prestazione di servizi tramite canale agenziale

Come precedentemente anticipato, nonostante i chiarimenti generali forniti dalla Commissione, il confine tra stabilimento e libera prestazione di servizi sembra farsi più incerto laddove l’impresa di assicurazione intenda distribuire i propri prodotti in un Paese membro ospitante attraverso un’agenzia di assicurazioni.

Tale incertezza deriva essenzialmente da un problema di tipo definitorio ed interpretativo.

Infatti, sia nelle direttive (art. 145 della direttiva Solvency II), sia nelle pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione europea (su tutte, Causa C-205/84 Commissione/Germania), nel disciplinare le condizioni per lo stabilimento di una succursale, si precisa che: “È assimilata ad una succursale qualsiasi presenza permanente di un’impresa nel territorio di uno Stato membro, anche se questa presenza non ha assunto la forma di una succursale, ma si esercita per mezzo di un semplice ufficio gestito dal personale proprio dell’impresa o da una persona indipendente ma incaricata di agire in permanenza per conto dell’impresa come farebbe un’agenzia.

Quanto sopra riportato trae evidentemente origine dalla definizione più classica di agenzia, sostanzialmente equiparata ad una succursale, la cui finalità propria è quella di concludere contratti con i terzi in nome e per conto della sede sociale. In quest’ottica, l’agenzia appare come il prolungamento della sede sociale stessa, la cui operatività non può dunque che essere ricondotta al regime di stabilimento.

Le maggiori difficoltà interpretative sorgono quando, abbandonati i parametri civilistici più classici, tali disposizioni vengono lette ed interpretate in un’ottica definitoria tecnico-assicurativa.

E’ infatti necessario ricordare come il concetto di agenzia, in ambito assicurativo, individui una particolare categoria di intermediario, ovvero l’agente di assicurazioni, che si caratterizza per il fatto di agire in nome o per conto di una o più imprese di assicurazione, promuovendone e collocandone i prodotti sul mercato.

Non sempre dunque l’agente dispone del potere di rappresentare l’impresa mandante nei confronti dei terzi impegnandola contrattualmente; inoltre, il mandato conferito all’agenzia non necessariamente presenta un carattere di permanenza, potendo come frequentemente avviene anche essere limitato nel tempo oltreché nello spazio.

Si aggiunga infine che, in svariati casi, l’agenzia assicurativa rimane assolutamente libera di organizzare la propria attività lavorativa in completa autonomia, non configurandosi quindi alcun assoggettamento alla direzione e al controllo dell’impresa di assicurazione preponente.

La riconduzione automatica nell’alveo delle regole applicabili al regime di stabilimento in caso di conferimento di un mandato distributivo ad un’agenzia assicurativa da parte di un’impresa comunitaria risulta dunque a nostro avviso non corretta, proprio ai sensi delle indicazioni interpretative fornite dalla Commissione e dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea.

Ove infatti il mandato conferito all’agenzia non presentasse cumulativamente i precitati requisiti di permanenza, assoggettamento a direzione e controllo della preponente, e possibilità di rappresentare la stessa di fronte ai terzi, sarebbe a nostro avviso opportuno che trovino applicazione in ragione di quanto precedentemente indicato le disposizioni normative previste per l’esercizio dell’attività assicurativa in libera prestazione di servizi.

Riteniamo sul punto che non sia la tipologia dell’intermediario scelto dall’impresa preponente a qualificare il relativo regime operativo, bensì le modalità con le quali, sia nella forma che nella sostanza, tale intermediario agisca concretamente nei confronti dei terzi e dell’impresa stessa.

Per completezza espositiva non possiamo però esimerci dal segnalare come il legislatore domestico, nel recepire il dettato della direttiva all’art. 24 del D. Lgs. del 7 settembre 2005, n. 209 (“Codice delle Assicurazioni”), abbia assunto una posizione più restrittiva rispetto a quella espressa a livello comunitario.

Infatti, dopo aver descritto la procedura di notifica per l’inizio dell’attività assicurativa in libera prestazione di servizi, il nostro Codice delle Assicurazioni introduce al comma 4 del precitato art. 24, la seguente limitazione: "Ai fini dell'esercizio dell'attività, in regime di libertà di prestazione di servizi nel territorio della Repubblica, l'impresa non può avvalersi di sedi secondarie, di agenzie o di qualsiasi altra presenza permanente nel territorio italiano, neppure se tale presenza consista in un semplice ufficio gestito da personale dipendente, o tramite una persona indipendente, ma incaricata di agire in permanenza per conto dell'impresa stessa".

Seppur tale previsione si avvicini molto alla sopra citata posizione espressa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella Causa C-205/84 Commissione/Germania, l’eliminazione dell’inciso finalecome farebbe un’agenzia”parrebbe elevare il carattere della permanenza come l’unico elemento di differenziazione tra libera prestazione di servizi e diritto di stabilimento, trascurando così gli altri requisiti indicati dalla Commissione europea, ovverosia l’assoggettamento alla direzione e al controllo dell’impresa di assicurazioni e la possibilità di rappresentare la stessa di fronte ai terzi, tipici dell’agenzia nella sua definizione più classica.

Ne discende che, a nostro avviso, una compagnia assicurativa comunitaria che intenda operare in Italia in libera prestazione di servizi, sia che si avvalga di un’agenzia assicurativa che di un diverso intermediario, dovrà necessariamente organizzare una struttura distributiva con il massimo rigore e attenzione, tenendo conto non solo delle precitate interpretazioni ed indicazioni giurisprudenziali di emanazione europea in tema di indipendenza, ma anche delle, per certi versi più rigide, disposizioni italiane, che impongono, come visto, l’ulteriore requisito in forza del quale l’intermediario – anche se privo di poteri di rappresentanza – non debba agire permanentemente per suo conto.


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