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Dossier

Le “variate condizioni di mercato” non sono giustificato motivo ex art. 118 TUB

A proposito di ABF Milano, n. 6250/2015

9 Dicembre 2015

Redazionale

Collegio di Milano, 27 agosto 2015, n. 6250 – Pres. Lapertosa – Est. Girino

Ius variandi ex art. 118 TUB – giustificato motivo della variazione – “variate condizioni di mercato” – Inidoneità – Pseudomotivazione

La formula “variate condizioni di mercato” non è idonea a integrare gli estremi del “giustificato motivo” prescritto dalla norma dell’art. 118 TUB per l’efficace esercizio, da parte della banca, di una variazione peggiorativa delle condizioni economiche praticate al cliente. Tale formula è così generica da manifestarsi semplicemente come una “pseudomotivazione”.  

1.- Si tratta di un principio ormai «consolidato» a livello di orientamenti dell’Arbitro, secondo quanto espressamente osserva, del resto, pure la stessa decisione qui pubblicata. Non meno acquisita può ben dirsi, altresì, la sostanza dell’argomentazione addotta per sostenere l’assunto relativo. Che, nel caso di specie, viene formulata in termini parecchio netti e decisi.

«Le variate condizioni di mercato» – puntualizza dunque l’arresto – è formula che «non assurge minimamente alla dignità di giustificato motivo, data la manifesta genericità dell’asserto, la non specifica apprezzabilità dei mutamenti vagamenti menzionati, la non misurabilità del maggiore e imprecisato costo di gestione e della sua ricaduta sul rapporto controverso, risultando al contrario una ben più che sommaria rappresentazione di un generale stato di crisi del mercato che, ove contestata, si tradurrebbe in un intollerabile arnese bon à tout faire per legittimare qualsivoglia variazione sfavorevole in totale spregio della lettera e della funzione dell’art. 118 TUB».

2.- Nonostante la presa di posizione dell’Arbitro risulti sul punto netta e ormai fissata, non sembra che le banche (meglio, una parte delle imprese che operano sul mercato) intendano cessare di addurre – a schermo della modifiche peggiorative caricate sul cliente – la pratica di formule del genere di quella portata nella fattispecie giudicata dalla decisione in oggetto. Formula che, naturalmente, possiede molte varianti, sempre sulla stessa linea di genericità: e con riferimento sia al versante macro, sia pure – sempre per dire – a quello micro. Di queste ultime una versione molto diffusa è, per fare un esempio, quella che si richiama all’«incremento del rischio insito nei crediti commerciali e correlato incremento degli oneri gestionali e dei relativi costi».

La ragione di tale permanente resistenza sta, presumibilmente, nel fatto che, nel rapporto, il confronto tra il numero delle modificazioni contestate dal cliente e la massa delle operazioni in cui la modifica in peggio passa liscia gioca a favore di queste banche: comunque, quand’anche affatto «immotivata», la scelta di aumentare il carico economico posto sul cliente porta, nel complesso, forti lucri alle banche che la pongono in essere.

Così stando le cose, occorrerebbe all’evidenza un intervento ad hoc della Banca d’Italia, che – muovendosi nell’area tracciata dalla norma dell’art. 128-ter TUB – arresti questa diffusa pratica di spregio della disciplina legale di trasparenza. 

3.- Nella specie concreta, il cliente si era «lamentato» delle modifiche infertegli – con quel tipo di motivazione – già nel «dicembre 2011, febbraio 2012 e gennaio 2013», per decidersi infine a fare il «passo» del ricorso all’Arbitro nel marzo 2014. Tra l’altro, le modifiche riguardavano , a quanto pare (cioè, secondo il resoconto in «fatto» delle decisione qui pubblicata), commissioni per insoluti ri.ba con un incremento complessivo del 1250% e oneri per anticipo salvo buon fine, con un incremento (sempre complessivo) del 300%.

Dal canto suo la banca nell’ambito del giudizio dell’Arbitro affidava le sue difese soprattutto su due argomenti. Il primo stava nella constatazione che il cliente di fatto non era receduto (il che significa, sempre di fatto, riportare la situazione alla normativa anteriore al 2006; ovvero cancellare dal testo vigente dell’art. 118 la necessaria sussistenza del giustificato motivo); il secondo in ciò che il cliente era una società per azioni, «forma tipica con la quale viene esercitata la grande impresa e di conseguenza dotata di una struttura organizzativa ed amministrativa adeguata» (di fronte a questo stravagante rilievo osserva, un poco barocco, l’Arbitro: «la valutazione cui l’espressione del giustificato motivo è finalizzata non può che esprimersi, a prescindere dalle qualità soggettive del cliente, attraverso una stima di coerenza fra l’incidenza dell’evento chiamato a motivo sui costi della banca e il conseguente necessario riverbero sulla categoria dei rapporti coinvolti fra i quali quello del cliente interessato»).

4.- Sulle diverse tematiche proposte dal «giustificato motivo», di cui all’art. 118 TUB, si vedano i vari saggi editi in Ius variandi bancario a cura di A.A. Dolmetta e A. Sciarrone Alibrandi, Milano, 2012.


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