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Dossier

Frazionamento compere a mezzo carta di credito e charge back

A proposito di ABF Napoli, 02 dicembre 2014, n. 7966

14 Giugno 2015

Amal Abu Awwad

Con decisione 2 dicembre 2014, n. 7966, il Collegio di Napoli si è pronunciato su un caso in cui un fornitore ha consentito al cliente di procedere ad un acquisto «frazionato», nel senso che il corrispettivo è stato pagato in più operazioni mediante due distinte carte di credito, stante «i limiti di spesa delle carte di credito utilizzate». A seguito del successivo disconoscimento da parte del cliente, l’intermediario ha chiesto all’esercente la documentazione di vendita. In ragione della tardività dell’invio di quest’ultima, l’intermediario ha provveduto ad addebitare l’importo al fornitore, il quale si è quindi rivolto all’Arbitro Bancario Finanziario. Questi i termini di fondo della fattispecie concreta che si desume dalla decisione in esame.

Prima di procedere all’analisi della pronuncia, pare opportuno ricordare che il rapporto fra emittente e cliente è regolato da una convenzione c.d. di rilascio, in forza della quale il cliente può principalmente utilizzare la modalità intermediata di pagamento a fronte della semplice presentazione della carta, avendo diritto a corrispondere il prezzo in un momento successivo rispetto all’utilizzo. è invece sulla base di una convenzione c.d. di associazione che il fornitore, per un verso, si obbliga a consentire il pagamento ai portatori della carta tramite la modalità intermediata, previa verifica della regolarità formale della carta, e per l’altroha diritto ad ottenere dall’emittente la realizzazione del corrispettivo al netto del disaggio spettante a quest’ultimo[1].

Ciò premesso, il Collego ha nella specie negato tutela all’esercente: a tal fine, è stata ritenuta dirimente non già la clausola che accollava ipso iure al fornitore la responsabilità per eventuali contestazioni relative al disconoscimento della transazione – clausola di c.d. charge-back – o il rilievo dell’osservanza del termine ai fini dell’inoltro della documentazione di vendita, bensì la violazione della regola che preclude al fornitore il frazionamento dell’importo. Il Collegio ha sottolineato che, in tal modo e in violazione di tali regole, l’esercente finisce di fatto per «agevolare l’operazione fraudolenta del debitore».

A proposito del charge-back[2], in generale va riferito che, sempre secondo l’orientamento dell’ABF[3], è nulla la clausola che fa discendere automaticamente la legittimità dell’addebito all’esercente dallo storno dell’addebito da parte dell’intermediario in favore del cliente. In particolare, in ragione di un rapporto di collaborazione fra emittente e fornitore, il c.d. charge-back è considerato legittimo nell’ipotesi in cui l’esercente, con la propria condotta, abbia anzitutto violato le regole della convenzione di rilascio[4]. Peraltro, «dal più generale principio di buona fede nell’esecuzione del contratto sancito dall’art. 1375 c.c. (…), discende, in tutta ovvietà, che l’emittente non può legittimamente limitare la sua condotta ad una passiva accettazione del disconoscimento operato dal titolare, dovendo al contrario attivarsi al fine di accertare la reale fondatezza del disconoscimento stesso»[5]. Ne consegue, secondo l’Arbitro, la nullità di una eventuale clausola di riaddebito automatico, posto che finisce per risolversi in una previsione – vietata – di esclusione o limitazione preventiva della responsabilità del debitore per dolo o per colpa grave, ai sensi dell’art. 1229 c.c.[6]. Il fenomeno, privo di riscontro sul piano etero-normativo, è stato oggetto di numerose decisioni, essendo emerso – come sopra rilevato – nella realtà empirica, ed è interessante sul piano non solo operativo, ma altresì sistematico.Infatti, da un lato, costituisce un caso di emersione, nell’esperienza dell’ABF, dell’istituto della causa concreta, dovendo essere necessario effettuare una valutazione di meritevolezza sull’affare, oltre che in astratto, altresì nello specifico caso, tenendo conto del contratto nella sua interezza e delle sue singole clausole[7]. Dall’altro, impone di verificare la tenuta del principio di sicurezza dei traffici giuridici a fronte dell’utilizzo di sistemi di pagamento evoluti[8].

In tema di charge-back, va altresì riferita una interessante pronuncia del Tribunale di Milano, che si caratterizza per un diverso approccio al problema[9]. Infatti, a fronte del (condiviso) presupposto per il riaddebito – quello formale della violazione delle regole di condotta, con la conseguenza che sarebbe illegittima una clausola di riaddebito tout court la quale prescinda da una verifica in concreto del contegno del fornitore e dall’accertamento della diligenza di quest’ultimo –, il Tribunale di Milano ha ulteriormente gravato la posizione dell’emittente, introducendo un ulteriore elemento “sostanziale”. Infatti, l’emittente non potrebbe limitarsi ad asserire il diritto al riaddebito, dovendone dichiarare e dimostrare le ragioni, essendo altresì gravato dall’onere di dimostrare il nesso di causalità fra violazione della regola e utilizzo fraudolento. Tale ultima soluzione richiede un’incidenza causale fra danno e inadempimento e si pone in linea con la progressiva tendenza che sposta in senso oggettivo, ai fini di sicurezza dei traffici giuridici, la responsabilità sull’impresa con accollo all’emittente del c.d. “rischio” derivante dallo svolgimento del servizio[10].

Da ultimo, appare opportuno fare un cenno ad un profilo della vicenda che non pare essere stato considerato dal Collegio nella richiamata decisione. Invero, nella specie, l’intermediario non ha fornito alcuna prova dello storno in favore del cliente, ma il Collegio ha comunque ritenuto sufficiente, al fine di non accogliere il ricorso dell’esercente, la violazione della regola che vietava a quest’ultimo il frazionamento.

 

[1] Minneci, Relazione al Convegno “Contestazioni e contenzioso sui contratti bancari”, Milano, 11, 12 e 13 novembre 2014.

[2] Sulle clausole di charge-back, v., De Stasio, Operazione di pagamento non autorizzata e restituzioni, Milano, 2013, 201 ss., ove ulteriori riferimenti; Farace,Le clausole di riaddebito dopo il d. Legisl. 21 febbraio 2014, n. 21, in Riv. dir. civ., 2014, 919 ss., ove ulteriori riferimenti e una distinzione sulle clausole di charge-back più diffuse.

[3] V. ABF, Collegio di Coordinamento, decisione n. 3299 del 15 ottobre 2012.

[4] E, nella valutazione del comportamento del fornitore, occorre anche tener conto, secondo parte della giurisprudenza, della prassi fra le parti, dovendosi, in ogni caso, interpretare il comportamento di queste ultime sulla base dei principi generali di correttezza e buona fede: cfr., Trib. Milano, 9 febbraio 2015, secondo cui è, ad esempio, contraria a correttezza buona fede la contestazione dell’acquirer in merito alla violazione, da parte dell’esercente, delle modalità di redazione dell’ordine, tenuto conto del fatto che l’acquirer aveva di fatto in precedenza tollerato l’invio di ordini eseguiti in violazione delle regole: l’acquiescenza dell’intermediario potendosi quindi interpretare come un’accettazione tacita della modifica alle regole della convenzione, idonea altresì ad incidere sull’affidamento del fornitore con riferimento alle successive operazioni. Giustifica la regola nell’ottica di far dipendere la definitività del pagamento “dalla correttezza dello svolgimento del procedimento di autenticazione dello strumento di pagamento e dall’effettiva emissione di un ordine di pagamento, nelle forme procedimentali stabilite nel contratto-quadro”, De Stasio (2), 208.

[5] Così, ABF, Collegio di Coordinamento, decisione 15 ottobre 2012, n. 3299.

[6] In senso critico, sulla ricostruzione della clausola quale clausola che esclude o limita la responsabilità, Farace (1), 932 ss.

[7] Dolmetta,Trasparenza dei prodotti bancari. Regole, Bologna, 2013, 319 ss.; Collegio di Milano, decisione 1° agosto 2012, n. 2699.

[8] Cfr. Dolmetta (nt. 7), 217 ss.

[9] Trib. Milano, 9 febbraio 2015.

[10] Giustifica la regola nell’ottica di far dipendere la definitività del pagamento “dalla correttezza dello svolgimento del procedimento di autenticazione dello strumento di pagamento e dall’effettiva emissione di un ordine di pagamento, nelle forme procedimentali stabilite nel contratto-quadro”, De Stasio (2), 208.


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