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Attualità

Clausola della nazione più favorita nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni

15 Aprile 2021

Michele Dimonte, BonelliErede

Di cosa si parla in questo articolo

La clausola della nazione più favorita è uno strumento negoziale tipico del diritto internazionale pattizio, in forza del quale uno Stato contraente (Stato A), nell’ambito di un rapporto di tipo bilaterale, si impegna a garantire ai cittadini dell’altro Stato contraente (Stato B) un trattamento “non meno favorevole” di quello che accorderebbe ai cittadini/residenti di uno Stato terzo. In tale contesto, necessariamente trilaterale, lo Stato A si pone come obbligato nei confronti dei cittadini/residenti dello Stato B che avranno diritto di ottenere incondizionatamente e immediatamente[1] un trattamento quantomeno analogo a quello che lo Stato A garantisce ai cittadini “più favoriti” di altri Stati[2].

La ratio di tale clausola è quella di neutralizzare all’interno di un mercato nazionale le differenze tra operatori stranieri/non residenti garantendo loro uguali condizioni concorrenziali di partenza. Si tratta, quindi, di una clausola che attua il principio di non discriminazione.

Sotto il profilo più strettamente operativo, la clausola ha natura astratta e assume valore concreto solo nel momento in cui si accerta l’esistenza di un “trattamento più favorevole” in capo ad un terzo. Infatti, nel rapporto tra Stato debitore (Stato A) e Stato creditore (Stato B), il meccanismo applicativo della clausola permette che, nella previsione astratta, venga incorporata la medesima norma sostanziale, regolatrice dei rapporti tra Stato debitore e Stato terzo “più favorito”.

Dal punto di vista tributario è noto che il principio di non discriminazione contenuto nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni può essere applicato solo in favore dei cittadini/residenti dell’altro Stato contraente che ha sottoscritto quella specifica Convenzione[3]. Sul punto, il par. 2 del Commentario all’art. 24 del Modello OCSE (2017) è chiaro nell’escludere il riconoscimento della clausola della nazione più favorita laddove precisa, in maniera inequivoca, che “… the provisions of the Article [24, n.d.a.] cannot be interpreted as to require most-favoured-nation treatment. Where a State has concluded a bilateral or multilateral agreement which affords tax benefits to national or residents of the other Contracting State(s) party to that agreement, nationals or residents of a third State that is not a Contracting State of the treaty may not claim these benefits by reason of a similar non-discrimination provision in the double taxation convention between the third State and the first-mentioned State. As tax conventions are based on the principle of reciprocity, a tax treatment that is granted by one Contracting State under a bilateral or multilateral agreement to a resident or national of another Contracting State party to that agreement by reason of the specific economic relationship between those Contracting States may not be extended to a resident or national of a third State under the non-discrimination provision of the tax convention between the first State and the third State”[4].

Resta inteso che gli Stati contraenti possono comunque concludere Convenzioni contro le doppie imposizioni che prevedano l’applicazione del principio di non discriminazione nella declinazione di clausola della nazione più favorita[5]. Tale possibilità è stata adottata anche dall’Italia in alcune Convenzioni[6].

Fatta questa premessa, il 19 febbraio 2021 il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha annunciato che, a seguito dell’entrata in vigore della Convenzione contro le doppie imposizioni sottoscritta tra Cile e Giappone[7], si è attivata la clausola della nazione più favorita prevista dal par. 9 del Protocollo della Convenzione contro le doppie imposizioni sottoscritta tra Cile e Italia[8]. Di conseguenza, le autorità fiscali italiana e cilena hanno sottoscritto un Memorandum d’Intesa che disciplina l’estensione del regime di tassazione (più favorevole) previsto dalla Convenzione tra Cile e Giappone per talune tipologie di interessi e canoni ai medesimi redditi previsti dalla Convenzione tra Cile e Italia (in specie gli interessi di cui all’art. 11, par. 2 e i canoni di cui all’art. 12, par. 2)[9]. Il Memorandum d’Intesa segue la notifica inviata dalla autorità fiscale cilena a quella italiana con riguardo alla sussistenza delle condizioni previste dal citato par. 9 del Protocollo.

La sottoscrizione del Memorandum d’Intesa offre lo spunto per svolgere alcune considerazioni circa l’applicabilità delle clausole della nazione più favorita nelle ipotesi in cui, pur essendosi verificate le condizioni per la sua applicazione, lo Stato debitore ometta di notificare allo Stato creditore che si sono verificate le condizioni per l’applicazione della predetta clausola.

Si prenda, ad esempio, la Convenzione sottoscritta tra Argentina e Italia secondo cui “i compensi di qualsiasi natura corrisposti … per lavori collegati allo studio o alla ricerca scientifica o tecnica sui metodi o procedimenti industriali, commerciali o amministrativi” di fonte argentina possono ivi essere tassati in misura non superiore al 18% del loro ammontare lordo[10].

Anche tale Convenzione, all’art. 6 del Protocollo, prevede la clausola della nazione più favorita laddove dispone che “per quanto concerne l’art. 12, resta inteso che l’Italia avrà diritto di invocare la clausola della nazione più favorita, nel caso in cui l’Argentina non comprenda, nelle Convenzioni per eliminare la doppia imposizione che essa firmerà a decorrere dalla firma della presente Convenzione, nella nozione di “canone” prevista nel paragrafo 3 del detto articolo, i lavori collegati allo studio o alla ricerca scientifica o tecnica sui metodi o procedure industriali, commerciali o amministrative”[11].

Inoltre, successivamente alla sottoscrizione della Convenzione con l’Italia, l’Argentina ha sottoscritto accordi fiscali con altri Stati (ad es., con il Brasile) che non comprendono nella nozione di “canoni” di cui al citato par. 3 dell’art. 12 “i compensi per lavori collegati allo studio o alla ricerca scientifica o tecnica sui metodi o procedimenti industriali, commerciali o amministrativi”.

A quanto ci consta l’autorità fiscale argentina non ha comunicato a quella italiana l’esistenza delle condizioni che consentono l’estensione del regime più favorevole ai canoni percepiti da imprese residenti in Italia. Si pone quindi la questione:

  1. se la clausola della nazione più favorita del citato art. 6 del Protocollo possa essere automaticamente invocata dall’impresa residente in Italia al fine di evitare l’applicazione della ritenuta argentina (e ciò pur in assenza di un accordo esplicito di recepimento tra i due Stati simile al Memorandum d’Intesa tra Cile e Italia);
  2. se in caso di mancata applicazione della clausola della nazione più favorita e conseguente assoggettamento dei suddetti in compensi in Argentina, l’autorità fiscale italiana possa negare il credito per le imposte assolte all’estero non configurandosi alcuna potestà impositiva da parte dell’Argentina con riguardo ai predetti redditi (treaty override).In tal caso, l’unico rimedio per il recupero della ritenuta fiscale subita dall’impresa italiana (effettuata in assenza dei presupposti richiesti dalla Convenzione) consisterebbe nella presentazione di una richiesta di rimborso all’autorità fiscale argentina[12].

Sebbene la Convenzione tra Argentina e Italia “si applica alle persone che sono residenti di uno o di entrambi gli Stati contraenti”, si ritiene che la clausola della nazione più favorita non possa essere direttamente invocata dal contribuente in assenza di un esplicito accordo tra gli Stati contraenti. In tal senso depone la lettera dell’art. 6 del Protocollo che individua quale soggetto legittimato ad invocare tali benefici non già la “persona residente” (sebbene quest’ultima ultima sia legittimata ad invocare i benefici pattizi tout court) ma lo Stato italiano (“l’Italia avrà diritto …”).

In ogni caso, anche laddove si ritenga che l’impresa residente in Italia debba invocare direttamente e autonomamente il suddetto “trattamento più favorevole” nei confronti dell’autorità fiscale argentina, si ritiene che l’Amministrazione finanziaria italiana non possa negare il credito per le imposte estere dal momento che, non essendosi attivata con l’autorità fiscale argentina per la ratifica di tale clausola, non ha tutelato un proprio contribuente esponendolo alla (illegittima) potestà impositiva argentina.

In base a quanto sopra, nelle more della sottoscrizione di un Memorandum d’Intesa tra Argentina e Italia volto a recepire la clausola della nazione più favorita, è opportuno che l’impresa residente in Italia che consegue “canoni” di cui all’art. 12, co. 3, ultima parte, della Convenzione tra Argentina e Italia si attivi presso l’autorità fiscale argentina per la diretta applicazione di tale clausola. In caso di risposta negativa è possibile attivare la procedura amichevole[13]per stabilire quale tra i due Stati sia legittimato ad esercitare la propria potestà impositiva. Laddove, invece, il contribuente italiano decida di non invocare direttamente la clausola della nazione più favorita e di fruire dei rimedi contro la doppia imposizione previsti dalla suddetta Convenzione (ovvero dalla normativa domestica italiana), questi potrà attivare la procedura amichevole in caso di contestazione da parte dell’autorità fiscale italiana circa la fruibilità del credito per le imposte assolte all’estero.

Al di là degli aspetti procedurali che involgono i rapporti tra gli Stati contraenti, una cosa dovrebbe essere incontrovertibile: l’inerzia delle autorità fiscali dei due Stati contraenti non può (e non deve) essere “scaricata” sul contribuente causando inaccettabili fenomeni di doppia imposizione giuridica.

 


[1] L’art. 1, par. 1, del GATT (Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio del 1994) dispone che “Tutti i vantaggi, benefici, privilegi o immunità accordati da una parte contraente ad un prodotto originario di o destinato a qualsiasi altro paese saranno immediatamente e senza condizioni estesi a tutti i prodotti similari originali del, o destinati al territorio di tutte le altre parti contraenti. Questa disposizione riguarda i dazi doganali e le imposizioni di qualsiasi genere che colpiscono le importazioni o le esportazioni, o che sono percepiti in occasione di importazioni o di esportazioni” (enfasi aggiunta).

[2] A. Cordewner – E. Reimer, The future of the Most-Favoured Nation treatment in EC law – did the ECJ pull the emergency brake without real need?, Part I, in European Taxation, 2006, pag. 239 e ss.; D. Weber, Most-Favoured-Nation treatment under tax treaties rejected in the European Community: background and analysis of the D Case, in Intertax, 2005; S. Van Thiel, A slip of the European Court in the D case (C-376/03): Denial of the Most-Favoured-Nation treatment because of the absence of similarity?, in Intertax, 2005.

[3] L’art. 24, par. 1, del Modello OCSE dispone che “national of a Contracting State shall not be subjected in the other Contracting State to any taxation and connected requirements to which nationals of that other State in the same circumstances, in particular with respect to residence, are or may be subjected”.

[4] Il Commentario all’art. 24 del Modello OCSE (1977) precisava che “it has always been accepted that such a clause [the most-favooured-nation clause, n.d.a.]does not apply in the case of double taxation conventions because these are essentially based on the principle of reciprocity”. Successivamente, tale precisazione è stata rimossa dal Commentario al Modello OCSE (1992).

[5] I. Hofbauer, Most-Favoured-Nation clause in double taxation convention – a worldwide overview, in Intertax, 2005, pag. 445 e ss.

[6] Tra le 104 le Convenzioni attualmente sottoscritte dall’Italia almeno 24 contengono la clausola della nazione più favorita. In particolare, la suddetta clausola è riscontrabile:

  • per quanto riguarda la definizione di “stabile organizzazione”, nelle Convenzioni sottoscritte con (i) Estonia (lett. b del Protocollo); (ii) Lettonia (lett. b del Protocollo); (iii) Lituania (lett. b del Protocollo) e (iv) Congo (lett. b del Protocollo);
  • per quanto riguarda gli “utili delle imprese”, nella Convenzione sottoscritta con Brasile (art. 8, lett. b del Protocollo);
  • per quanto riguarda la “navigazione aerea e marittima”, nella Convenzione sottoscritta con Filippine (art. 8, par. 2);
  • per quanto riguarda i “dividendi, interessi e canoni”, nelle Convenzioni sottoscritte con (i) Argentina (art. 6 del Protocollo); (ii) Australia (art. 8 del Protocollo); (iii) Cile (art. 9 del Protocollo); (iv) Cipro (Protocollo); (v) Estonia (lett. i del Protocollo); (vi) Kazakhistan (art. 4 del Protocollo); (vii) Lettonia (lett. j del Protocollo); (viii) Lituania (lett. j del Protocollo); (ix) Mauritius (lett. f del Protocollo); (x) Messico (art. 6 del Protocollo); (xi) Nuova Zelanda (lett g. del Protocollo); (xii) Pakistan (lett. f del Protocollo); (xiii) Singapore (Scambio di note); (xiv) Siria (art. 5 del Protocollo) e (xv) Vietnam (lett. f del Protocollo);
  • per quanto riguarda l’inclusione di una clausola di “non-discriminazione”, nella Convenzione sottoscritta con Nuova Zelanda (lett. h del Protocollo);
  • per quanto riguarda la “non-discriminazione” basata sulla natura dei soci, nelle Convenzioni sottoscritte con (i) Brasile (art. 24, par. 3) e (ii) Canada (art. 23, par. 3).

[7] Tale Convenzione è entrata in vigore il 1° gennaio 2017.

[8] Più in dettaglio il paragrafo 9 del Protocollo dispone che “Resta inteso che se un accordo o una convenzione tra il Cile ed uno Stato membro dell’OCSE entra in vigore dopo la data di entrata in vigore della presente Convenzione e prevede che il Cile esenti gli interessi o i canoni (sia in generale che in relazione a specifiche categorie di interessi o canoni) provenienti dal Cile, o limiti l’imposta applicabile dal Cile su tali interessi o canoni (sia in generale che in relazione a specifiche categorie di interessi o canoni) ad un’aliquota inferiore a quella prevista dal paragrafo 2 dell’articolo 11 o dal paragrafo 2 dell’articolo 12 della Convenzione, tale esenzione o aliquota inferiore si applica automaticamente a interessi o canoni (sia in generale che in relazione a specifiche categorie di interessi o canoni) provenienti dal Cile ed il cui beneficiario effettivo è un residente dell’Italia, nonché a interessi o canoni provenienti dall’Italia ed il cui beneficiario effettivo è un residente del Cile, allo stesso modo in cui tale esenzione o tale aliquota inferiore fosse specificata in detti paragrafi. L’autorità competente cilena informa senza indugio l’autorità competente italiana che si sono verificate le condizioni per l’applicazione del presente paragrafo”.

Tale clausola è unilaterale (gli obblighi sono a carico del Cile), limitata (vengono estesi all’Italia i vantaggi concessi dal Cile agli Stati membri dell’OCSE) e condizionata (il regime premiale su taluni redditi di fonte cilena è subordinato alla concessione del medesimo trattamento sui redditi di fonte italiana).

[9] n particolare, si prevede:

– in relazione al par. 2 dell’art. 11 della Convenzione tra Cile e Italia:

  1. l’aliquota del 4% si applica (in sostituzione dell’aliquota attuale del 5%) alla lett. a), punti (i) e (iii) a decorrere dal 1° gennaio 2017 (ciò in quanto la Convenzione tra Cile e Giappone si applica a partire da tale data);
  2. l’aliquota del 10% si applica (in sostituzione dell’aliquota attuale del 15%) alla lett. b) a decorrere dal 1° gennaio 2019 (ciò in quanto la Convenzione tra Cile e Giappone prevede l’applicazione dell’aliquota del 15% per un periodo di 2 anni dalla data di entrata in vigore della Convenzione; cfr. art. 11, par. 2, lett. b) e par. 3, della Convenzione tra Cile e Giappone);

– in relazione al par. 2 dell’art. 12 della Convenzione tra Cile e Italia: l’aliquota del 2% si applica (in sostituzione dell’aliquota del 5%) alla lett. a) a decorrere dal 1° gennaio 2017.

[10] Art. 12(2)(b) e (3) della Convenzione tra Argentina e Italia.

[11] Tale articolo dispone inoltre che “La presente disposizione non si estende alle Convenzioni già parafate dall’Argentina con l’Austria, il Belgio e la Finlandia”.

[12] Risoluzioni n. 277/E/2008 e n. 104/E/2011; risposta ad interpello 23/E/2019.

[13] Ai sensi dell’art. 26 della Convenzione tra Argentina e Italia.

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