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Attualità

La cessione del credito IVA a scopo di garanzia

18 Aprile 2017

Federico D’Amelio, Dottore Commercialista, Dentons Europe Studio Legale Tributario

Di cosa si parla in questo articolo

L’Agenzia delle Entrate, nell’ambito dell’attività di consulenza giuridica richiesta da un ufficio territoriale, ha fornito con la risoluzione n. 39/E del 28 marzo 2017 importanti chiarimenti in materia di rimborso di crediti IVA (cfr. contenuti correlati).

La fattispecie che ha generato la risoluzione in argomento attiene alla volontà di una cessionaria di rinunciare alla cessione di un credito IVA acquisito a garanzia di somme erogate a titolo di finanziamento ad un contribuente-cedente, avendo quest’ultimo, presumibilmente, estinto il proprio debito finanziario prima dell’emissione dell’ordinativo di pagamento da parte degli uffici finanziari.

Nello specifico, i quesiti prospettati dall’ufficio istante sono volti a conoscere se nei confronti dell’Amministrazione finanziaria (i) gli atti di cessione in argomento possano o meno essere qualificati fra quelli di cessione del credito IVA opponibili e, in caso affermativo, se una specifica clausola contrattuale prevista dalle parti possa essere considerata valida e (ii) i successivi atti di rinuncia alla cessione del credito da parte della cessionaria in che misura siano efficaci

Nell’articolare la risposta, l’Agenzia interpellata ha illustrato, in generale, i requisiti essenziali della cessione del credito e, segnatamente, di quella a scopo di garanzia.

Preliminarmente, si rappresenta che il principio della libera circolazione dei crediti è ritenuto – salvo eccezioni (ex multis, cfr. Cass. n. 12552/2016) – uno degli interessi meritevoli di tutela dall’ordinamento consentendo, pertanto, sotto il profilo economico, il trasferimento di ricchezza futura.

L’istituto della cessione del credito, disciplinato dagli artt. 1260 ss. cod. civ., comporta il trasferimento del credito da un soggetto ad un altro per effetto del consenso legittimamente manifestato dalle parti. Ancora, la cessione del credito determina una successione a titolo particolare: l’obbligazione trasferita resta inalterata in tutti i suoi elementi mentre, dal lato soggettivo, un nuovo creditore si sostituisce al precedente, anche senza il consenso del debitore purché il credito ceduto non abbia carattere strettamente personale o il relativo trasferimento non sia vietato dalla legge.

In ambito fiscale invece si rammenta che, sebbene in passato il diritto alla cessione del credito IVA sia stato negato da parte degli uffici competenti (cfr. circolari comportamentali del Lazio n. 86/1982 e n. 47/1985), l’art. 5, comma 4-ter, del DL n. 70/1988, nel disciplinare le garanzie da prestarsi a favore dell’Erario nel caso di imposta chiesta a rimborso, ha implicitamente riconosciuto la legittima cedibilità dei crediti IVA risultanti dalla dichiarazione annuale.

In merito, diversi documenti di prassi ministeriale hanno chiarito che possono essere oggetto di cessione esclusivamente i crediti divenuti certi e definitivi al momento della loro esposizione nella dichiarazione annuale IVA, precisando altresì le modalità di esecuzione dei rimborsi delle somme cedute (cfr. circolari n. 223/1988, n. 19/1993, § 2.10, n. 192/1997, n. 84/1998).

Pertanto, fin qui, parrebbe evincersi il principio secondo cui un atto che abbia per oggetto la cessione di un credito tributario futuro possa avere rilevanza puramente civilistica tra le parti, non producendo quindi alcun effetto nei riguardi dell’Amministrazione finanziaria (cfr. ris. n. 279/2002).

Tanto premesso, la forma contrattuale descritta nell’istanza è qualificabile però come un contratto di cessione del credito a scopo di garanzia in cui la cessione del credito si collega funzionalmente a un contratto di finanziamento: la garanzia, atipica e reale, si compie con l’immediato trasferimento a titolo gratuito della titolarità dei crediti IVA, i quali sono automaticamente ritrasferiti al cedente al verificarsi dell’adempimento delle obbligazioni previste dal contratto di finanziamento. Ne discende che il contratto di cessione del credito in argomento è accessorio al contratto di finanziamento ed è, dunque, subordinato risolutivamente all’adempimento del debito garantito.

Come è noto, infatti, la cessione del credito, avendo causa variabile, può essere preordinata anche al conseguimento di uno scopo di garanzia, comportando in tal caso il medesimo effetto tipico della cessione ordinaria, immediatamente traslativo del diritto al cessionario, nel senso che il credito ceduto entra nel patrimonio del cessionario e diventa un credito proprio di quest’ultimo, il quale è legittimato pertanto ad azionare sia il credito originario sia quello che gli è stato ceduto in garanzia, sempre che persista l’obbligazione del debitore garantito; ove, invece, si verifichi l’estinzione (totale o parziale) dell’obbligazione garantita, il credito ceduto a scopo di garanzia, nella stessa quantità, si ritrasferisce automaticamente nella sfera giuridica del cedente, con un meccanismo analogo a quello della condizione risolutiva, senza quindi che occorra, da parte del cessionario, un’attività negoziale diretta a tal fine (cfr. Cass. n. 4796/2001).

In proposito, il contratto di cessione del credito IVA a scopo di garanzia risulta essere comunemente adottato nella prassi bancaria, con particolare riferimento a quei soggetti che detengono una strutturale posizione di credito IVA i quali, per ottimizzare la propria gestione finanziaria, richiedono finanziamenti ad istituti bancari/creditizi offrendo in garanzia la titolarità del credito IVA vantato verso l’Amministrazione finanziaria.

Ciò posto, il documento di prassi in commento sostiene che la cessione del credito IVA, in quanto strumentale al finanziamento, debba essere notificata all’Amministrazione finanziaria e, conseguentemente, essere opponibile nei confronti di quest’ultima. Parimenti, la clausola del contratto di cessione che prevede il versamento del rimborso sul conto della cedente è efficace anche nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, essendo nella clausola stessa confluito il consenso della cessionaria del credito. Difatti, è fisiologico che il contratto di cessione del credito IVA a scopo di garanzia preveda che il credito sia incassato dalla cedente, cui detto credito costituito a garanzia si ritrasferisce automaticamente solo a seguito dell’integrale rimborso del finanziamento; inoltre, in presenza di eventi patologici del contratto di finanziamento, risulta significativa la successiva clausola contrattuale che attribuisce il diritto alla cessionaria di richiedere all’Amministrazione finanziaria il pagamento del credito IVA su un conto ad essa intestato .

Orbene, quanto alla questione concernente gli effetti derivanti dalla «rinuncia», il caso di specie, a fronte della completa restituzione del debito garantito da parte del cedente, non si configura quale seconda cessione del credito, peraltro vietata dalle attuali disposizioni di legge (cfr. art. 43-bis, co. 1, del DPR n. 602/1973) e quindi come «rinuncia». Invero, realizzandosi una perdita di efficacia della cessione originaria, si tratta di una comunicazione all’Amministrazione finanziaria (contrattualmente contemplata) a cura della cessionaria, su richiesta del cedente, in ordine all’intervenuta risoluzione dell’originario contratto di cessione del credito.

Ne consegue, quindi, che il rimborso del credito IVA è riconosciuto in capo cedente in luogo del cessionario rendendo edotta, previa la citata comunicazione, l’Amministrazione finanziaria dell’intervenuta risoluzione automatica della cessione del credito.

Per completezza, viene evidenziato che, ai sensi dell’art. 69 del RD n. 2440/1923, tale «rinuncia», in maniera analoga alla cessione del credito, deve essere formalizzata con atto pubblico o scrittura privata autenticata dal notaio, oltre ad essere comunicata sia all’Amministrazione finanziaria sia al concessionario mediante notifica.

Diversamente, l’Agenzia delle entrate è del parere che nell’ipotesi di cessione del contratto di finanziamento, evidentemente, si verifica un’ulteriore cessione del credito IVA in favore di un soggetto terzo rispetto alle parti contrattuali: tale operazione, stante l’operatività del già menzionato divieto di cui all’art. 43-bis, co. 1, del DPR n. 602/1973, non ha alcuna efficacia nei confronti dell’Amministrazione finanziaria.

A latere di quanto esaminato nella risoluzione, che prende le mosse dall’asserito assunto della presumibile estinzione del debito del cedente, sarebbe stato interessante anche conoscere in modo esplicito se l’Amministrazione interpellata fosse giunta alla medesima interpretazione anche in presenza di un atto di rinuncia unilaterale del cessionario, per proprie valide ragioni, intervenuto in ogni caso prima dell’adempimento, da parte del cedente, del debito garantito.

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