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Hard Brexit: le nuove indicazioni di Consob e Banca d’Italia. Focus sui derivati degli enti locali.

23 Ottobre 2019

Avv. Domenico Gaudiello, Partner, Responsabile del Dipartimento di Finanza Pubblica, CMS

Di cosa si parla in questo articolo

La Consob (il 17 ottobre scorso) e la Banca d’Italia (il 15 ottobre scorso) hanno reiterato il richiamo alle disposizioni (di cui alla legge n. 41 del 20 maggio 2019) cui attenersi in vista dell’imminente entrata in vigore della c.d. detta hard Brexit, ossia della Brexit senza accordo (la Brexit).

Orbene, dopo l’emendamento approvato dalla Camera dei Comuni lo scorso 19 ottobre, non è affatto sicuro che la Brexit avverrà il 31 ottobre prossimo. E’ ormai assai probabile che avvenga il 31 gennaio 2020.

Quale che sia la data della Brexit, ci sono alcuni punti fermi che Consob e Banca d’Italia hanno voluto richiamare coì come restano chiare ed inderogabili alcune scadenze per le imprese di investimento e le banche inglesi che intendano proseguire l’operatività in Italia dopo la Brexit.

La disciplina italiana distingue i casi (i) in cui le imprese di investimento e le banche inglesi operino con clienti italiani professionali da quelli (ii) in cui le imprese di investimento e le banche inglesi operino con clientela retail (e/o con clientela professionale su richiesta).

In questa sede cercheremo di chiarire gli adempimenti da considerare, le scadenze da osservare e le attività da svolgere, prestando particolare attenzione ad una tipologia di operazioni (i contratti derivati OTC) che potrebbe parecchio risentire della Brexit vieppiù se in essere con una altrettanto specifica tipologia di clienti al dettaglio o professionale su richiesta (ossia tutti gli enti territoriali e locali italiani).

Ricapitoliamo il tutto con calma.

La ratio sottostante alla disciplina italiana approvata lo scorso maggio per disciplinare la Brexit è abbastanza chiara: ci sono parecchi clienti italiani esposti verso imprese finanziarie e banche del Regno Unito operanti in Italia, donde non è possibile una soluzione di continuità netta tra il prima e il dopo Brexit.

Per questa ragione è stato fissato un periodo transitorio della durata di diciotto mesi a decorrere dalla Brexit.

Avuto a mente questo spazio temporale, ci sono due scadenze da ricordare.

  1. Nei tre giorni precedenti alla data della Brexit, le imprese di investimento e le banche inglesi dovranno comunicare alla Consob (o alla Banca d’Italia, a seconda dei casi) se intendono continuare ad operare In Italia per il suddetto periodo transitorio.
  2. Nei sei mesi successivi alla Brexit le imprese di investimento e banche dovranno presentare apposita istanza per essere autorizzate ad operare in Italia come imprese extra-UE.

Molto praticamente, la possibilità di operare durante il periodo transitorio riguarda solo il caso delle imprese di investimento o delle banche che operano con clienti professionali. In presenza di clienti retail, le attività dovranno invece cessare alla data della Brexit o, al più, potranno proseguire per un periodo di sei mesi successivi alla Brexit (si vedano gli articoli 3 e 4 della legge n. 41 del 20 maggio 2019). Queste specifiche disposizioni sono foriere di parecchie conseguenze, molte delle quali di significativa portata finanziaria laddove si tratterà di gestire la risoluzione anticipata di operazioni in derivati OTC.

Vediamo perchè.

Partiamo da un interrogativo cui la disciplina di riferimento non offre risposta esaustiva: come si declina il verificarsi della Brexit ai fini della prosecuzione dei contratti derivati OTC con la clientela retail?

Sul punto, l’ISDA (la principale organizzazione internazionale di riferimento degli operatori in derivati) ha chiarito che, avuto riguardo al modello contrattuale ISDA, la Brexit è sicuramente un evento suscettibile di incidere sulla possibilità di prosecuzione dei contratti derivati OTC. Più specificamente, la Brexit può rilevare come causa di forza maggiore o come situazione di sopraggiunta contrarietà alla legge.

Analogo ragionamento, mutatis mutandis, varrebbe anche per i modelli contrattuali di diritto italiano (modello ABI, modello EMA), benché ad oggi non siano disponibili orientamenti altrettanto chiari come quelli invece espressi dall’ISDA.

Andranno pertanto risolti tutti i contratti derivati OTC in essere tra clienti retail e professionale su richiesta (segnatamente, gli enti territoriali e locali da un lato) e le banche e le imprese di investimento inglesi (dall’altro)? Se fosse questo davvero lo scenario più plausibile, potrebbero discendere obblighi di pagamento in capo alla clientela retail (o professionale su richiesta) laddove si trattasse di operazioni out of the money per detta clientela.

Come si gestisce la circostanza che molti dei contratti derivati degli enti territoriali e locali sono stati stipulati per ottemperare ad obblighi di legge (vedasi articolo 41 della legge n. 448 del 28 dicembre 2001) tassativi (i.e. in assenza di detti contratti derivati ne viene pregiudicata la validità stessa dell’operazione sottostante)?

Se poi si tiene conto del fatto che dal 2008 (vedasi articolo 62 della legge n. 133 del 6 agosto 2008) è preclusa agli enti territoriali e locali la stipula di nuove operazioni in derivati, la risoluzione dei contratti in essere in dipendenza della Brexit avrebbe conseguenze esiziali per la corretta gestione del debito locale e della finanza pubblica, giacché l’ente locale non avrebbe la possibilità di rimpiazzare l’operazione risolta con una nuova operazione (essendo la stipula di nuove operazioni vietata in ogni caso).

Come affrontare, allora, la Brexit dalla prospettiva degli enti territoriali e locali italiani (per definizione, clienti retail o professionali su richiesta, ai sensi dell’art. 3 del Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze n. 236 dell’11 novembre 2011)?

Ci sono alcune strategie da tenera a mente.

Innanzitutto grava sugli intermediari e sulla banche inglesi informare prontamente (non oltre i quindici giorni successivi alla Brexit) i clienti pubblici italiani retail e quell professionali su richiesta sul sulle iniziative che saranno adottate per un ordinato svolgimento della gestione delle conseguenze della Brexit sui contratti in essere.

Un ordinato svolgimento potrebbe contemplare la cessione del contratto in favore di altro intermediario autorizzato a prestare servizi di investimento verso clientela reati italiana. Trattasi di una strada consentita?

Se non ci fossero soggetti interessati a rilevare la posizione contrattuale in questione?

La legge n. 41 del 20 maggio 2019 prevede che si possa dar luogo a rinegoziazione dei contratti o alla conclusione di nuovi contratti purché questo avvenga nei sei mesi successivi alla Brexit.

La rinegoziazione e/o conclusione di nuovi contratti derivati con enti territoriali e locali è ipotesi ammessa (vedasi di nuovo l’articolo 62 della legge 133 del 6 agosto 2008) solo in presenza di un mutamento delle condizioni economiche del debito sottostante.

Se non fosse possibile modificare il debito sottostante? Su questo la disciplina di riferimento non è di ausilio e forse è volutamente evasiva per lasciare il più ampio spazio ad accordi caso per caso tra singoli operatori e rispettivi clienti.

In termini pratici, la Brexit è un evento eccezionale e, per quanto da tempo in discussione, esso resta un evento imprevisto ai sensi dei contratti derivati OTC in essere. Ne discende che la Brexit non può tradursi in una chiusura simultanea delle operazioni in derivati OTC a scapito degli enti territoriali e locali italiani (vista la ricaduta che detta chiusura avrebbe effetti significativi sulla finanza pubblica italiana), ma deve piuttosto essere gestita con la dovuta flessibilità negoziale tra le parti.

Per tutte queste ragioni, saranno da preferire accordi ad hoc di risoluzione anticipata tra enti territoriali e locali (da un lato) e banche ed intermediari (dall’altro). Questo per contenere le dato prevedibile quanto inevitabili liti circa il corretto livello di informazione fornita agli enti territoriali e locali sull’ordinato svolgimento della cessazione delle attività degli intermediari in Italia o la necessaria diligenza nella gestione preventiva delle conseguenze della Brexit sui contratti derivati in corso.

Non può escludersi che il MEF intenda dettare linee guida più accurate per il caso specifico dei derivati OTC degli enti locali e territoriali con Imprese di investimento e banche inglesi. Anzi, a ben vedere è senz’altro auspicabile un intervento più deciso del MEF al riguardo, poiché la materia dei contratti derivati OTC degli enti locali non è solo rilevante per il corretto e trasparente funzionamento dei mercati, ma attiene prima ancora alla salvaguardia dell’unità economica della Repubblica Italiana (così come sancito proprio dall’art. 62 della legge 133 del 6 agosto 2008).

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