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Attualità

Brexit: la pronuncia della High Court of Justice sulla competenza esclusiva del Parlamento nella procedura di uscita del Regno Unito dall’Unione Europea

7 Novembre 2016

Federico Urbani, Attorney Trainee presso Orrick, Herrington & Sutcliffe LLP

Di cosa si parla in questo articolo

High Court of Justice, Queen’s Bench Division, G. Miller & D. Tozetti Dos Santos v. The Secretary of State for Exiting the European Union

 

Lo scorso 23 giugno, come noto, il popolo britannico ha espresso voto favorevole in merito alla possibilità per il Regno Unito di uscire dall’Unione Europea o, più precisamente, di recedere dai Trattati UE e dagli impegni politici e giuridici derivanti da questi ultimi, aprendo formalmente le porte a un’ipotesi di “Britain Exit” o “Brexit”.

L’eventuale uscita del Regno Unito dall’Unione sancirebbe lo scioglimento di un vincolo sorto nel 1973, con l’entrata in vigore dello European Communities Act 1972. Difatti, è con tale atto legislativo che il Regno Unito ha accettato il primato dei vincoli e delle norme di derivazione europea rispetto a quelli interni.

A seguito del referendum tenutosi lo scorso giugno, tuttavia, i politici britannici e i cittadini di Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord si sono domandati quale sia l’iter eventualmente da seguire per poter dare seguito all’espressione della volontà popolare in merito alla Brexit.

Dal punto di vista normativo, infatti, l’articolo 50, par. 1 del Trattato sull’Unione Europea (TUE) si limita a prevedere che “ogni Stato Membro può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall’Unione”, demandando agli ordinamenti nazionali l’individuazione dei soggetti competenti e delle procedure interne da seguire per l’esercizio del diritto di recesso dal progetto eurounitario. Ciò fermo restando quanto sancito dall’articolo 50, par. 2 TUE, ove si precisa che “lo Stato Membro che decide di recedere notifica tale intenzione al Consiglio Europeo”.

È stata dunque posta la fondamentale domanda su quale sia, nel caso britannico, il soggetto legittimato a presentare la notifica formale al Consiglio Europeo in merito alla volontà di uscire dall’Unione: se l’esecutivo, come sostenuto dal neo-insediato Governo guidato da Theresa May, convinta sostenitrice della necessità di dare seguito al referendum con l’uscita del Regno Unito dall’Unione, oppure il Parlamento, evenienza che garantirebbe un secondo scrutinio sulla Brexit, dall’esito assolutamente non scontato e, forse, tendente al remain.

A tale proposito, stante la ventilata ipotesi di competenza in capo alla Corona Britannica (nella persona dell’esecutivo pro tempore al potere), alcuni cittadini d’oltremanica hanno proposto una domanda giudiziale volta a ottenere un’interpretazione chiara, univoca e definitiva circa l’individuazione del soggetto legittimato a dare avvio alla procedura sancita dall’articolo 50 TUE.

Lo scorso 3 novembre si è pronunciata su tale quesito la Queen’s Bench Division della High Court of Justice del Regno Unito, che ha sancito l’esclusiva competenza parlamentare in relazione alla procedura di uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.

Segnatamente, il giudice britannico ha raggiunto tale conclusione muovendo dalla fondamentale premessa in base a cui – alla luce della rappresentatività del sistema democratico nazionale e della soggezione dell’esecutivo al potere legislativo – lo European Communities Act 1972, atto legislativo del Parlamento nazionale, non possa essere sciolto se non per mano del medesimo soggetto che lo ha adottato.

Sicché il Governo non avrebbe alcuna legittimazione o potere in relazione all’esercizio della facoltà di recedere dai vincoli europei introdotti nell’ordinamento nazionale dallo European Communities Act 1972, essendogli attribuiti poteri separati e subordinati a quello legislativo (1), unico titolare del potere di modificare ed eventualmente sciogliere atti legislativi adottati dal medesimo (2).

Né a tale proposito può assumere alcuna valenza l’esito del referendum dello scorso 23 giugno, infatti quest’ultimo non può essere inteso come una fonte idonea a superare la competenza parlamentare in merito alla possibile Brexit, poiché la sua formulazione faceva emergere in modo chiaro la valenza consultiva dell’espressione di volontà popolare (3).

Pertanto, in ossequio alla pronuncia della High Court of Justice, ove il Regno Unito volesse effettivamente attivare la procedura di recesso dall’Unione ai sensi dell’articolo 50 TUE, esso dovrebbe anzitutto avviare un apposito iter parlamentare interno volto a dare impulso a tale processo, sottoponendo la Brexit a un secondo (sostanziale) voto, non popolare bensì parlamentare, in ossequio alla rappresentatività del sistema democratico britannico.

La sentenza è stata accolta dalle durissime critiche del Primo Ministro britannico, Theresa May, e in generale dei sostenitori della Brexit, che ritengono la procedura di recesso dall’Unione possa essere avviata e gestita dal Governo a seguito del voto popolare, senza necessità di un ulteriore intervento da parte del Parlamento.

Il Governo ha già annunciato la propria intenzione di ricorrere avverso la pronuncia, impugnando la medesima dinnanzi alla United Kingdom Supreme Court. Lapidarie le parole di Theresa May, che ha commentato la decisione assunta dai giudici britannici parlando di “sabotaggio” del risultato del referendum dello scorso giugno.

 

(1) §26: “This subordination of the Crown (i.e. the executive government) to law is the foundation of the rule of law in the United Kingdom”.

(2) §92: “The Crown therefore has no prerogative power to effect a withdrawal from the relevant Treaties by giving a notice under Article 50 of the TEU”.

(3) §107: “Further, the 2015 Referendum Act was passed against a background including a clear briefing paper to parliamentarians explaining that the referendum would have advisory effect only”.

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