WEBINAR / 23 Maggio
Trust e istituti affini: nuova guida GAFI su titolare effettivo e trasparenza
ZOOM MEETING Offerte per iscrizioni entro il 07/05

WEBINAR / 23 Maggio
Trust e istituti affini: nuova guida GAFI su titolare effettivo e trasparenza
www.dirittobancario.it
Giurisprudenza

Assoggettabilità ad IRAP dei compensi percepiti dagli amministratori, sindaci e revisori di società

8 Febbraio 2017

Andrea Di Gialluca, Dottore Commercialista

Cassazione Civile, Sez. VI, 3 marzo 2016, n. 4246

Di cosa si parla in questo articolo

La Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi dell’assoggettamento ad IRAP dei compensi percepiti da un professionista per lo svolgimento di attività di amministratore, revisore o sindaco di società.

È stato, in particolare, affermato che qualora tali attività vengano svolte senza l’utilizzo di particolari mezzi e collaboratori e, quindi, in assenza di autonoma organizzazione, i compensi del professionista sono esclusi dall’IRAP, non potendo peraltro integrare detto requisito dell’autonoma organizzazione la presenza di uno studio professionale presso il quale il professionista svolga la sua attività professionale.

La controversia origina da un’istanza di rimborso ai fini IRAP presentata da un commercialista che prestava la propria opera intellettuale come amministratore, sindaco e revisore di società. L’attività professionale veniva, inoltre, esercitata all’interno di uno studio professionale.

Impugnato il silenzio-rifiuto dell’Amministrazione Finanziaria, i giudici di merito accoglievano le doglianze del contribuente ritenendo non sussistente l’autonoma organizzazione poiché l’attività veniva svolta senza avvalersi di particolari mezzi e collaboratori. Giunta, infine, la controversia in Cassazione, la Suprema Corte confermava le ragioni del contribuente.

È stato, innanzitutto, osservato dalla Corte di Cassazione che, secondo il proprio costante orientamento, l’IRAP è un’imposta che coinvolge la capacità produttiva impersonale ed aggiuntiva rispetto a quella propria del professionista[1]. Il tributo, in particolare, colpisce un reddito contenente una parte aggiuntiva di profitto, derivante da una struttura organizzativa esterna, formata da un insieme di fattori che per numero, importanza e valore economico, sono suscettibili di creare un valore aggiunto rispetto alla mera attività intellettuale supportata dagli strumenti indispensabili e di corredo al know –how del professionista. Tali fattori che denotano l’esistenza di una struttura organizzativa esterna sono, ad esempio, individuati nel “lavoro dei collaboratori e dipendenti, dal numero e grado di sofisticazione dei supporti tecnici e logistici, dalle prestazioni di terzi, da forme di finanziamento diretto ed indiretto”.

Inoltre, la Suprema Corte ricorda che, come affermato da altra giurisprudenza di legittimità, la sola disponibilità di uno studio dotato del “minimo indispensabile” per l’esercizio dell’attività professionale, non integra, di per sé, in assenza di personale dipendente, il requisito dell’autonoma organizzazione quale presupposto rilevante ai fini impositivi[2]. Ne discende l’inapplicabilità dell’imposta relativamente ai proventi che un professionista o un lavoratore autonomo percepisce all’interno di una struttura da altri organizzata[3].

Richiamati, infine, i propri precedenti giurisprudenziali in materia di assoggettamento ad IRAP dei compensi percepiti da sindaci[4], amministratori[5] e consulenti del lavoro[6], la Corte ha, poi, ribadito che l’esercizio di attività di lavoro autonomo è escluso dall’applicazione dell’IRAP solo qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito della autonoma ricorre, nello specifico, quando il contribuente impiega beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui[7].

Così ricostruito il quadro giurisprudenziale, nel caso in esame, la Suprema Corte ha confermato le sentenze di merito, che avevano accertato l’attività del professionista relativa agli incarichi di amministratore, sindaco e revisore si svolgeva senza particolari mezzi o personale, con conseguente esclusione da IRAP.

La sentenza in rassegna assume particolare rilevanza in quanto conferma che le attività di amministratore, sindaco e revisore non sono necessariamente assoggettate ad IRAP.

In particolare, la pronuncia in esame, considerate le altre sentenze della Suprema Corte in tema di “scindibilità” dei compensi, apre nuove ed interessanti prospettive per i contribuenti che svolgono tali attività.

In altre occasioni la Corte di Cassazione ha, infatti, affermato che, ai fini dell’assoggettamento da IRAP, è possibile “scindere” le attività svolte come amministratore, sindaco e revisore dalle altre attività[8]. Con riferimento ai redditi realizzati nell’esercizio di funzioni di amministratore, revisore e sindaco di società, non è, dunque, soggetto ad IRAP quel “segmento” di ricavo netto derivante da tali attività qualora sia, in concreto, possibile scorporare le diverse categorie di compensi conseguiti.

Tale orientamento è, però, fermamente contrastato dall’Agenzia delle Entrate che ha sempre sostenuto che non è possibile considerare “isolatamente” le diverse categorie di compensi percepiti e verificare separatamente l’esistenza dei requisiti per l’imposizione IRAP[9].

Va anche evidenziato che la sentenza in commento è (seppur di poco) anteriore alle recenti pronunce che hanno escluso l’assoggettamento ad IRAP per i professionisti che si avvalgono di un dipendente con funzioni meramente esecutive[10]. Si potrebbe, pertanto, ritenere che l’esistenza di un’autonoma organizzazione nel caso di professionisti che si avvalgono di collaboratori e dipendenti, sostenuta nella sentenza in commento, vada contestualizzata rispetto ai più recenti orientamenti giurisprudenziali.

 


[1] Cfr. ex multis Cass. sent. 12 giugno 2008, n. 15754 e giurisprudenza ivi citata.

[2] Cfr. Cass. ord. 28 aprile 2010, n. 10240.

[3] Cfr. Cass. ord. 13 giugno 2012, n. 9692.

[4] Cass. ord. 19 luglio 2011, n. 15803.

[5] Cass. ord. 2 marzo 2009, n. 4959; Cass. sent. 9 maggio 2007, n. 10594.

[6] Cass. sent. 16 febbraio 2007, n. 3676.

[7] Così la sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite del 26 maggio 2009, n. 12109.

[8] Cfr. Cass. ord. 2 novembre 2016, n. 22138; conformi: Cass. ord. 17 ottobre 2016, n. 20975; Cass. ord. 5 marzo 2012, n. 3434; Cass. sent. 9 maggio 2007, n. 10594.

[9] Cfr. Risoluzione Agenzia delle Entrate 25 marzo 2009, n. 78/E.

[10] La recente sentenza a Sezioni Unite della Corte di Cassazione 10 maggio 2016, n. 9451 ha, infatti, statuito che il professionista che impiega un solo collaboratore che esplica mansioni di segreteria o meramente esecutive non è obbligato a pagare l’IRAP. Con la successiva ordinanza del 30 agosto 2016, n. 17429 è stato, inoltre, precisato che l’impresa familiare che si avvalga di un solo collaboratore che svolge mansioni esecutive non è assoggettata ad IRAP (contra: Cass. ord. 17 giugno 2016, n. 12616).

Di cosa si parla in questo articolo

WEBINAR / 23 Maggio
Trust e istituti affini: nuova guida GAFI su titolare effettivo e trasparenza
ZOOM MEETING Offerte per iscrizioni entro il 07/05
Una raccolta sempre aggiornata di Atti, Approfondimenti, Normativa, Giurisprudenza.
Iscriviti alla nostra Newsletter