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Giurisprudenza

Confini del mandato senza rappresentanza e disciplina IVA

4 Novembre 2020

Maria Cristina Latino, Avvocato presso EY

Cassazione Civile, Sez. V, 29 settembre 2020, n. 20591 – Pres. Virgilio, Rel. Perrino

In tema di IVA, la società che organizzi un sistema premiante dell’impegno dei propri dipendenti su incarico ricevuto da altre società del gruppo che ne abbiano tratto vantaggio e che si siano impegnate pro quota a sostenere almeno in parte i costi relativi, e indichi ai terzi chiamati a erogare le prestazioni costituenti i premi i beneficiari di questi, agisce come mandataria senza rappresentanza delle altre società; sicché i terzi fornitori sono tenuti a fatturare le prestazioni nei confronti della mandataria, che agisce nei loro confronti come committente, e questa seconda è tenuta a rifatturare le prestazioni alle mandanti nei limiti dell’incarico ricevuto”.

Questo il principio di diritto espresso dalla sentenza in analisi.

Nel caso di specie, un Istituto bancario aveva organizzato un sistema premiante a beneficio dei dipendenti più meritevoli che avevano collocato i prodotti finanziari confezionati dalle “società prodotto” del gruppo.

In particolare, la banca si era occupata dell’organizzazione delle premiazioni e le società prodotto si erano impegnate a sostenere ciascuna, pro quota, i relativi costi.

L’Agenzia delle entrate emetteva un avviso di accertamento contestando alla contribuente l’omessa fatturazione dei costi addebitati a ciascuna società prodotto e, conseguentemente, recuperava la relativa IVA, oltre ad interessi e sanzioni, sostenendo che questa avesse agito in qualità di mandataria senza rappresentanza delle società prodotto, come committente di tutte le prestazioni eseguite da terzi fornitori nei confronti dei dipendenti selezionati.

La contribuente presentava, senza successo, ricorso in primo grado e risultava, invece, vittoriosa davanti alla Commissione Tributaria Regionale competente, che rimarcava come l’appellante non avesse agito nel proprio esclusivo interesse, ma anche nell’interesse delle diverse società del gruppo.

Inoltre, a parere della Commissione, Unicredit non aveva reso alcun servizio di gestione eventi nei confronti delle società del gruppo, né vi era stato alcun trasferimento in denaro tra le società prodotto e la capogruppo, circostanza che, a detta del giudice di appello, inibiva qualsiasi obbligo di fatturazione.

Contro questa pronuncia, l’Agenzia delle Entrate agiva per la cassazione della sentenza adducendo numerosi di ricorso, cui la Contribuente replicava con controricorso.

In particolare, la ricorrente denunciava la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, comma 3 e 21, commi 1 e 2 del D.P.R. 633/1972, per aver ritenuto legittimo il frazionamento della fatturazione in relazione alle diverse società prodotto, nonostante la sussistenza di un rapporto di mandato senza rappresentanza tra queste ultime e la contribuente.

Lamentava poi la violazione e falsa applicazione degli artt. 21, comma 1 del D.P.R. 633/1972 e dell’art. 6 del D.lgs. 471/1997 per aver ritenuto dirimente l’ostacolo della mancanza di fattura di addebito alla contribuente dei servizi resi da parte delle società fornitrici.

Inoltre, la ricorrente denunciava la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, commi 1 e 3 del D.P.R. 633/1972 e dell’art. 1180 c.c. in quanto la contribuente aveva comunque provveduto ad attivarsi e ad organizzare le premiazioni a fronte dell’impegno delle società prodotto a sostenere pro quota il relativo onere.

Infine, la ricorrente denunciava la violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 3 del D.P.R. 633/1972 in quanto il giudice d’appello aveva erroneamente identificato il corrispettivo con il trasferimento di denaro, ignorando che anche un minor esborso rappresenta un corrispettivo, integrando un risparmio di spesa.

La Suprema Corte ha chiarito come proprio il richiamo operato nel controricorso della Contribuente all’art. 1188 c.c., per sostenere che l’espressa indicazione alle società fornitrici dei nominativi delle società prodotto, avesse integrato la contemplatio domini idonea a imputare direttamente a queste ultime gli effetti dei contratti stipulati dalla mandataria, confermasse in realtà la diversa qualificazione del rapporto come mandato senza rappresentanza.

Ciò in quanto la banca, avendo indicato al debitore (i fornitori) i soggetti nei cui confronti adempiere l’obbligazione, avrebbe agito in qualità di creditore, qualità coerente con il mandato senza rappresentanza, come descritto all’articolo 1705, comma primo, c.c.

Inoltre, ha precisato il giudice di legittimità, ai fini dell’applicazione della disciplina IVA del mandato senza rappresentanza, a nulla vale il riferimento al carattere oneroso o meno della partecipazione alla prestazione dei servizi, né può essere rilevante l’irregolare fatturazione da parte delle società fornitrici, dato che il cessionario/committente può sempre regolarizzare l’operazione imponibile compiuta dal cedente/prestatore.

La mera regolarità formale, infatti, non inficia la corretta qualificazione fiscale dell’operazione.

Alla luce di quanto sopra, la Suprema Corte ha accolto la complessiva censura e cassato la sentenza impugnata con rinvio, alla CTR competente.

 

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