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Giurisprudenza

Stabile organizzazione occulta e deducibilità dei costi inerenti

4 Giugno 2021

Luca Cicozzetti

Cassazione Civile, Sez. V, 4 febbraio 2021, n. 2581 – Pres. Cirillo, Rel. Fracanzani

Di cosa si parla in questo articolo

In sede di determinazione del reddito di una stabile organizzazione occulta, in assenza della relativa dichiarazione, pur essendo considerato legittima la determinazione del reddito mediante l’utilizzo di presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza (accertamento d’ufficio ex art. 41, d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600), devono essere riconosciuti i costi inerenti riscontrati in sede di istruttoria o, ove mancanti, dovranno essere ricostruiti attraverso una determinazione presuntiva/percentuale.

Questo il principio di diritto ricavabile dall’ordinanza in commento.

Nella fattispecie in esame, l’Agenzia delle Entrate notificava ad una società non residente di diritto estero, operante nel settore della realizzazione e cessione di immobili turistici, una serie di avvisi di accertamento con ripresa a tassazione ai fini IRES, IVA e IRAP, per gli anni d’imposta 1995-2005.

Nello specifico, l’Ufficio sosteneva che la società aveva operato nel periodo in oggetto mediante stabile organizzazione occulta in Italia.

Infatti, sulla base delle indagini svolte, risultava che la contribuente avesse affidato ad alcune società italiane, riconducibili all’allora medesimo rappresentante e socio della società non residente, un contratto di service generale per l’attività di promozione e compravendita in Italia degli immobili costruiti all’estero, a fronte di un corrispettivo talmente esiguo da essere considerato fittizio e volto a dissimulare la stabile organizzazione italiana.

Ciò premesso, la contribuente proponeva infruttuosamente ricorso in primo e in secondo grado, negando di avere una stabile in Italia e lamentando, tra gli innumerevoli motivi di ricorso, di essersi vista ricostruire induttivamente il reddito senza tener conto delle spese sostenute.

Detta ultima doglianza veniva ulteriormente riproposta in sede di ricorso per la cassazione della sentenza di seconde cure, nei termini di una violazione degli articoli 109, quarto comma, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, nonché degli articoli 7, paragrafo 3, 24, paragrafo 2 della Convenzione per evitare le doppie imposizioni tra Italia ed Egitto, oltre all’articolo 53 della Costituzione Italiana.

Ad avviso della società ricorrente, non conforme al dettato normativo, né alla dinamica contabile di formazione dell’utile d’impresa, risulterebbe l’equiparazione tra fatturato e reddito, formulata dall’Ufficio e confermata in sede di merito.

Tali argomentazioni venivano condivise dal Collegio di Legittimità adito che, con la pronuncia in questione, accoglieva parzialmente il ricorso presentato dalla contribuente.

In premessa, secondo il parere della Suprema Corte, i giudici di merito avevano applicato correttamente il principio secondo cui, nell’ipotesi in cui il contribuente ometta di presentare la dichiarazione, la legge abilita l’Ufficio a servirsi di qualsiasi elemento probatorio ai fini dell’accertamento del reddito e, di conseguenza, a determinarlo anche con metodo induttivo (cfr. Cass. n. 19174/2003; 2605/2000).

È stato, inoltre, evidenziato come, con sentenza n. 225/2005, la Corte Costituzionale abbia rimarcato l’obbligo di dedurre i costi dai ricavi induttivamente o presuntivamente ricostruiti, in conformità al principio di capacità contributiva (art. 53 Cost.)

A seguito di tale intervento, si è formato un solido orientamento dei giudici di legittimità secondo il quale, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’Amministrazione finanziaria può ricorrere a presunzioni cd. super semplici, ossia prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, ma deve in ogni caso determinare, sia pure induttivamente, i costi relativi ai maggiori ricavi accertati, pena la lesione del principio costituzionale della capacità contributiva (cfr. Cass. n. 1506/2017; 3995/2009).

Detta determinazione, peraltro, non è necessariamente vincolata ai dettami dell’articolo 109 del TUIR, atteso che detta disposizione presuppone la presentazione di una dichiarazione, ancorché infedele.

Pertanto, nella fattispecie in esame, l’Ufficio oltre a determinare il reddito della stabile organizzazione occulta in Italia mediante il metodo cd. induttivo, avrebbe dovuto riconoscere in deduzione dal medesimo reddito, i relativi costi, come peraltro sollecitato dalla stessa Amministrazione Finanziaria (circolare 32/E/2006).

La CTR, nel confermare, con riguardo a detto profilo, la determinazione della pretesa effettuata in sede di accertamento, non si è attenuta ai principi sopra delineati; per l’effetto la Corte ha disposto il rinvio a quest’ultima in diversa composizione.

 

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