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Giurisprudenza

Invalidità della delibera di approvazione del bilancio: profili processuali e sostanziali

27 Febbraio 2020

Federica De Gottardo, Dottoranda in diritto commerciale presso l’Università di Trento, Avvocato in Trento

Tribunale di Milano, 12 settembre 2019, n. 8138 – Pres. Riva Crugnola, Rel. Ricci

Di cosa si parla in questo articolo

La previsione di cui all’art. 2434-bis c.c. (applicabile alle s.r.l. ex art. 2479-ter c.c.) – secondo cui le deliberazioni di approvazione del bilancio non possono essere impugnate dopo che è avvenuta l’approvazione del bilancio relativo all’esercizio successivo – costituisce attuazione del generale principio di interesse ad agire (art. 100 c.p.c.) in quanto, una volta approvato il bilancio successivo, la rappresentazione della situazione economico-patrimoniale della società data con il bilancio precedente ha esaurito le sue potenzialità informative ed organizzative, e dunque anche le sue potenzialità decettive; coerentemente, il difetto di interesse ad agire non sopravviene nella diversa ipotesi in cui l’impugnazione sia tempestiva e l’approvazione del bilancio relativo all’esercizio successiva intervenga in pendenza del giudizio di impugnazione.

Il bilancio da cui risulti un’intrinseca incoerenza e irragionevolezza delle informazioni contenute nella nota integrativa rispetto alle poste indicate nello stato patrimoniale è invalido per violazione dei principi di chiarezza, precisione, correttezza e prudenza di cui all’art. 2423-bis c.c.

Mediante la pronuncia in esame, il Tribunale di Milano è stato chiamato a pronunciarsi su due principali questioni: (i) la prima, di carattere preliminare, avente ad oggetto l’esatto perimetro di applicazione della norma di cui all’art. 2434-bis, comma 1°,c.c., che definisce i limiti temporali per l’impugnazione della delibera di approvazione del bilancio; (ii) la seconda, attinente ai profili di invalidità del bilancio nei casi in cui vi sia incongruenza tra i contenuti dello stato patrimoniale e le informazioni fornite dagli amministratori nell’ambito della nota integrativa.

Nella specie, il giudizio ha ad oggetto l’impugnazione, da parte di alcuni soci di minoranza di una società a responsabilità limitata (“I.R. s.r.l.”), della delibera di approvazione del bilancio nel quale sarebbero state riportate indicazioni contraddittorie in ordine agli effetti della potenziale soccombenza della società nel parallelo giudizio avente ad oggetto la domanda di condanna di I.R. s.r.l. – nella sua qualità di controllante – all’obbligo di acquisto delle partecipazioni di minoranza detenute dai medesimi soci-attori nella società controllata (“S. s.r.l.”).           

In tale complessivo contesto, nell’ambito del giudizio de quo i soci-attori hanno lamentato l’incongruenza tra lo stato patrimoniale – che riporta una significativa svalutazione della partecipazione di controllo nella società S. s.r.l. – e la nota integrativa, in cui la mancata apposizione di un fondo rischi per l’ipotesi di soccombenza nel giudizio parallelo sarebbe stata giustificata sulla base del rilievo per cui “nel denegato caso di soccombenza l’esborso [per l’acquisto delle partecipazioni] avrebbe comunque quale contropartita patrimoniale l’acquisizione del pacchetto societario in questione”: ad avviso dei soci-attori, tale argomentazione implica un diverso trattamento del valore delle partecipazioni nella società S. s.r.l., giacché gli amministratori avrebbero svalutato la partecipazione di controllo, mentre avrebbero omesso di considerare la corrispettiva svalutazione delle partecipazioni di minoranza, con la conseguenza che – contrariamente a quanto sostenuto nella nota integrativa – l’eventuale acquisizione del pacchetto azionario avrebbe comportato una perdita per la società.Dal canto suo, I.R. s.r.l. si è difesa, in via preliminare, eccependo il difetto di interesse ad agire dei soci di minoranza, giusta l’intervenuta approvazione del bilancio relativo all’esercizio successivo; nel merito, deducendo come non fosse necessaria la costituzione di un fondo rischi, poiché la passività potenziale derivante dall’eventuale soccombenza in giudizio non era da ritenersi probabile.

Quanto alla questione preliminare, il Tribunale chiarisce come la norma di cui all’art. 2434-bis, comma 1°, c.c. sia finalizzata ad attuare il generale principio di interesse ad agire di cui all’art. 100 c.p.c. In ragione di ciò, tale norma trova quindi applicazione unicamente nell’ipotesi in cui l’impugnazione della delibera di approvazione del bilancio sia proposta in epoca successiva all’approvazione del bilancio relativo all’esercizio successivo; di contro, nella diversa ipotesi in cui il bilancio successivo sia approvato solo a seguito dell’instaurazione del giudizio di impugnazione, non può ritenersi che venga meno l’interesse ad agire della parte attrice. Al riguardo, il Giudice di merito evidenzia che “diversamente ragionando, si giungerebbe a imporre irragionevolmente ai soci che hanno proposto un’impugnazione l’onere di impugnare anche tutti i bilanci successivi, sui quali le irregolarità denunciate si ripercuotono, pena la declaratoria di sopravvenuta carenza di interesse ad agire”. Tale onere, continua il Tribunale, non si coordina con il sistema, essendo in contraddizione: (i) con l’art. 2434-bis, comma 3, c.c., il quale prevede che “il bilancio dell’esercizio nel corso del quale viene dichiarata l’invalidità di cui al comma precedente tiene conto delle ragioni di questa”; (ii) con l’art. 2377 c.c., che prevede l’obbligo per gli amministratori, dopo la pronuncia di annullamento di una delibera, di “prendere tutti i conseguenti provvedimenti sotto la propria responsabilità”. Dal contenuto precettivo di entrambe le predette norme si ricava infatti che, in caso di declaratoria di invalidità del bilancio impugnato, sorge in capo agli amministratori il duplice obbligo di (i) redigere un nuovo bilancio e (ii) in ogni caso, di adeguare i bilanci successivamente approvati, nel rispetto del principio di continuità di bilancio: tale inequivoca architettura del sistema contraddice apertamente la possibile esistenza dell’onere di impugnazione anche dei bilanci successivi a quello impugnato nel giudizio.

Con riguardo alla questione di merito, il Tribunale evidenzia l’intrinseca incoerenza e irragionevolezza di un bilancio che, mentre nello stato patrimoniale opera la svalutazione della partecipazione detenuta nella controllata, nella nota integrativa giustifica la scelta di non appostare un fondo rischi per l’ipotesi di condanna all’acquisto della partecipazioni di minoranza nella medesima controllata sulla base della “contropartita patrimoniale” costituita dal valore – questa volta non svalutato – di tali partecipazioni sociali. Ad avviso del Giudice di merito, tale palese contraddizione interna al bilancio integra pertanto la violazione dei principi di chiarezza, precisione, correttezza e prudenza, con la conseguente invalidità del bilancio impugnato.

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