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Giurisprudenza

Interpretazione delle norme in tema di attribuzione del compenso degli amministratori e revoca dall’ufficio

26 Luglio 2018

Manfredi Sclopis

Tribunale di Torino, 17 gennaio 2018, n. 151 – Pres. Ratti, Rel. Sburlati

Di cosa si parla in questo articolo

Con la sentenza in esame il Tribunale di Torino ha sancito due importanti principi relativi alle norme in materia di compenso spettante all’amministratore di una società, nonché a quelle attinenti alla revoca dal suo ufficio.

In particolare, l’attore agiva in giudizio per chiedere la condanna della società convenuta al pagamento di una somma dovuta a titolo di compenso per l’attività di amministratore svolta. A sostegno delle proprie doglianze, l’attore lamentava il mancato svolgimento di due assemblee dei soci in cui sarebbero state deliberate riduzioni del suo compenso, allegando in particolare circostanze incompatibili con la sua presenza, che risulterebbe invece dai verbali. In secondo luogo, l’attore contestava la presenza di una giusta causa di revoca dal suo ufficio di amministratore deliberata dall’assemblea.

Secondo il Tribunale di Torino, la prima domanda è infondata. Ai sensi dell’art. 2389, comma 1, cod. civ., infatti, i compensi dei membri del consiglio di amministrazione sono determinati all’atto di nomina o dall’assemblea. Ne deriva che le allegazioni dell’attore in ordine alla sua mancata partecipazione non sono sufficienti a sostenere l’inesistenza delle due assemblee, posto che gli artt. 2377 e 2379 cod. civ. non annoverano tra i motivi di annullabilità o nullità di una delibera la mancata presenza dell’amministratore.

E’, invece, fondata la seconda domanda, relativa all’asserita assenza di giusta causa nella revoca dell’amministratore dal suo ufficio. Secondo consolidata giurisprudenza, la giusta causa di revoca dell’amministratore esige situazioni sopravvenute che minino il “pactum fiduciae”, tali cioè da far ritenere che siano venuti meno i requisiti di avvedutezza, capacità e diligenza di tipo professionale che dovrebbero sempre contraddistinguere l’amministratore di una società di capitali.

Orbene, nel caso in esame, la società aveva revocato l’amministratore dal suo incarico, individuando la giusta casa, per un verso, nella mancata realizzazione delle prospettive di sviluppo enunciate all’atto di conferimento dell’incarico, e, per altro verso, nel comportamento manifestato nei confronti del personale, nei cui confronti sarebbe stata svolta un’opera di persuasione, prospettando la chiusura della filiale e diffondendo notizie volte ad arrecare pregiudizio alla filiale medesima, e volta a provocare una migrazione del personale in una nuova azienda, di cui l’amministratore avrebbe assunto funzioni di responsabilità, nonché un travaso delle professionalità e del pacchetto clienti della filiale in tale altra nuova azienda.

In merito al primo profilo, il Tribunale di Torino ha evidenziato che le prospettive di sviluppo erano indicate in maniera del tutto generica nella deliberazione impugnata nonché nell’atto di conferimento dell’incarico; inoltre, la situazione di crisi in cui verteva la società era preesistente all’inizio dell’attività prestata dall’amministratore, come dimostrato dai bilanci degli anni precedenti. Quanto al secondo profilo, la chiusura della filiale era indicata nella stessa delibera impugnata come eventuale soluzione per porre rimedio allo stato di crisi in cui verteva la società, mentre i discorsi fatti al personale si erano rilevati del tutto generici e dunque inidonei a costituire una giusta causa di revoca dall’incarico. Infine, il riferimento all’asserita migrazione del personale e della clientela in una nuova società, di cui l’amministratore attore avrebbe fatto parte, si ricollegava ad un’ordinaria trattativa di cessione di un ramo d’azienda condotta dalla stessa società convenuta, cui era stata richiesta dalla cessionaria la continuità occupazionale da parte di alcuni dipendenti della società medesima. Ne discende la totale liceità della condotta tenuta dall’amministratore e la conseguente assenza di una giusta causa di revoca dall’incarico.

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