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Giurisprudenza

Eccessiva sproporzione del compenso dell’amministratore munito di deleghe

24 Ottobre 2019

Giovanni Fumarola

Corte d’Appello di Roma, 01 agosto 2019 – Pres. Rel. Puoti

Di cosa si parla in questo articolo
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1) Il giudice è competente a giudicare sulla eccessiva sproporzione del compenso riconosciuto all’amministratore munito di deleghe.

2) È illegittima la deliberazione del consiglio di amministrazione che riconosca, in un’unica soluzione ed una tantum, un compenso all’amministratore munito di deleghe per l’attività inerente la sua carica svolta in esercizi passati.

3) È altresì illegittima la deliberazione del consiglio di amministrazione che riconosca agli amministratori una partecipazione agli utili “lordi prima delle imposte”, in quanto la partecipazione agli utili è inderogabilmente attribuita alla competenza dell’assemblea degli azionisti e deve avere ad oggetto, ai sensi dell’art. 2432 c.c., i soli “utili netti risultanti dal bilancio, fatta deduzione della quota di riserva legale”.

All’esito di un lungo iter processuale, la Corte d’Appello di Roma giudica sull’impugnazione di una deliberazione consiliare e di una deliberazione assembleare alla prima conseguente (di ratifica della stessa) su rinvio della Corte di Cassazione.

Con la pronuncia in questione, la Corte d’Appello si è limitata a confermare la correttezza dell’esclusione delle azioni proprie dal computo del quorum deliberativo dell’assemblea mentre di maggior interesse risulta la sentenza pronunciata in precedenza dalla medesima Corte e poi impugnata in Cassazione.

In quell’occasione – si apprende per relationem dalla più recente sentenza – la Corte si era pronunciata su tre diversi profili delle due deliberazioni impugnate, tutti inerenti il compenso degli amministratori.

In primo luogo, la Corte aveva ritenuto ammissibile come motivo di doglianza dei consiglieri impugnanti l’eccessiva sproporzione del compenso attribuito all’amministratore munito di deleghe con deliberazione consiliare, giudicando in senso negativo in esito ad una comparazione dell’ammontare del compenso con alcuni indici economici della società fra cui il fatturato, il valore della produzione e l’utile netto dell’ultimo esercizio.

In seguito, pur non essendone note le motivazioni, era stata ritenuta invece invalida la seconda componente della remunerazione dell’amministratore munito di deleghe, ossia il riconoscimento di un importo una tantum per le attività svolte in precedenti esercizi, cioè una specie di compenso retrospettivo.

Infine, è stata altresì ritenuta invalida la terza componente del compenso del medesimo amministratore e cioè la spettanza del 3% sugli utili lordi prima delle imposte, partecipazione agli utili che da un lato era stata deliberata sempre dal consiglio d’amministrazione e non dall’assemblea, violando così una inderogabile competenza di quest’ultimo organo, e, dall’altro, non aveva ad oggetto gli utili così come diminuiti dall’accantonamento a riserva legale, in ossequio all’art. 2432 c.c.

 

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