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Giurisprudenza

Responsabilità solidale del cessionario d’azienda ex art. 2560, comma 2, cod. civ.

4 Marzo 2021

Andrea Galleano, Dottorando in Studi Giuridici Comparati ed Europei, Università di Trento

Cassazione Civile, Sez. II, 07 ottobre 2020, n. 21561 – Pres. Di Virgilio, Rel. Tedesco

Di cosa si parla in questo articolo

Con la sentenza de qua la Suprema Corte torna a pronunciarsi sulla efficacia costituiva della iscrizione dei debiti aziendali nei libri contabili obbligatori ai fini della responsabilità solidale ex art. 2560, comma 2, cod. civ. del cessionario di azienda.

Nel caso in esame, parte ricorrente sosteneva che tale iscrizione non potrebbe qualificarsi come un elemento costitutivo della responsabilità del cessionario. In particolare, secondo la ricostruzione di parte ricorrente, il limite della iscrizione non potrebbe operare per i debiti comunque noti al cessionario, rispetto ai quali non ricorrerebbe infatti l’esigenza di tutela sottesa alla norma in esame. Affermare il carattere costitutivo dell’iscrizione, rilevava inoltre la ricorrente, comporterebbe un notevole incentivo ad utilizzare lo schema negoziale della cessione d’azienda in frode ai creditori del cedente, attraverso la mancata iscrizione dei relativi debiti nei libri contabili obbligatori.

La Corte di Cassazione, discostandosi da una recente pronuncia (Cass. n. 32134/2019), rigetta il ricorso e ribadisce il proprio pluridecennale orientamento, il quale afferma «a) che l’iscrizione del debito nei libri contabili obbligatori è elemento costitutivo della responsabilità dell’acquirente: chi voglia far valere i corrispondenti crediti contro quest’ultimo ha l’onere di provare fra gli elementi costitutivi del proprio diritto anche tale iscrizione; b) che la disposizione dell’art. 2560 c.c., comma 2, è norma eccezionale, non suscettibile di applicazione analogica: l’acquirente non risponde dei debiti conosciuti aliunde; c) la prova della iscrizione non può essere surrogata dalla prova che l’esistenza dei debiti era comunque conosciuta dall’acquirente» (Cass. n. 22418/2017; Cass. n. 22831/2010; Cass. n. 4726/2002; Cass. n. 6173/1998; Cass. n. 1454/1971; Cass. n. 303/1964).

Tali conclusioni devono ritenersi valide anche per l’ipotesi in cui la cessione d’azienda costituisca uno strumento fraudolento in danno dei creditori per spogliare la società debitrice di ogni elemento patrimoniale attivo al fine di precludere il recupero del credito. In particolare, il Collegio chiarisce che il rimedio contro il pregiudizio eventualmente subito dai creditori del cedente attraverso la cessione dell’azienda non può consistere in una diversa interpretazione dell’art. 2560, comma 2, cod. civ., ma deve necessariamente essere individuato tra gli ordinari strumenti di impugnativa negoziale.

 

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