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Giurisprudenza

Conto corrente: la richiesta di documentazione ai sensi dell’art 119 co. 4, T.U.B non è preclusa in pendenza di giudizio

18 Febbraio 2020

Paola Dassisti

Cassazione Civile, Sez. I, 4 dicembre 2019, n. 31650 – Pres. De Chiara, Rel. Valitutti

Di cosa si parla in questo articolo

La Cassazione, con la sentenza in esame, esamina alcuni profili processuali relativi alla richiesta di documentazione da parte del correntista di cui all’art. 119 comma 4 T.U.B e alla esibizione in giudizio del documento contrattuale.

L’art. 119, comma 4, T.U.B. riconosce al cliente della banca, al suo successore a qualunque titolo e a colui che subentra nell’amministrazione dei suoi beni il diritto di ottenere copia della documentazione relativa a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni.

La Corte puntualizza che esso va interpretato, alla luce del principio di buona fede nell’esecuzione del contratto (art. 1375 cod. civ.), nel senso che esso attribuisce ai suddetti soggetti un diritto pieno ed incondizionato di ottenere la documentazione inerente a tutte le operazioni del periodo a cui il richiedente sia in concreto interessato senza limitazioni di sorta, fatto salvo il limite dei dieci anni e l’obbligo di pagare le relative spese di produzione.

A tal fine, non è necessario che il richiedente indichi specificamente gli estremi del rapporto a cui si riferisce la documentazione richiesta in copia, essendo sufficiente che l’interessato fornisca alla banca gli elementi minimi indispensabili per consentirle l’individuazione dei documenti richiesti.

Dunque, la legge dà vita a una facoltà che non è soggetta a restrizioni e con la quale «viene a confrontarsi un dovere di protezione in capo all’intermediario, per l’appunto consistente nel fornire degli idonei supporti documentali alla propria clientela.

Un dovere di protezione idoneo a durare, d’altro canto, anche oltre l’intera durata del rapporto, nel limite dei dieci anni a seguire dal compimento delle operazioni interessate».

Ne discende che non può condividersi il diverso convincimento – ancora molto diffuso nella giurisprudenza di merito – secondo cui l’esercizio di questo potere deve intendersi limitato alla sola fase anteriore alla instaurazione del giudizio, eventualmente intentato dal correntista nei confronti della banca presso la quale è stato intrattenuto il conto. Ciò, infatti, sarebbe in netto contrasto con il tenore del testo di legge. Non può, infatti, convertirsi un istituto di protezione del cliente in uno strumento di penalizzazione del medesimo, trasformando la sua richiesta di documentazione da libera facoltà ad onere vincolante.

Pertanto, il correntista ha sempre diritto di ottenere dalla banca il rendiconto, anche in sede giudiziaria e attraverso qualunque mezzo si mostri idoneo allo scopo, compreso l’ordine di esibizione, fornendo la sola prova dell’esistenza del rapporto contrattuale. Non si può dunque ritenere che il correntista sia onerato di acquisire previamente in via stragiudiziale o anche in via cautelare gli estratti conto relativi al rapporto essendo, al contrario, suo diritto richiedere un ordine di esibizione degli stessi nel corso del giudizio ex art. 210 c.p.c.

Quanto alla richiesta di c.t.u., va osservato che è vero che in materia di conto corrente bancario il cliente, il quale agisca in giudizio per la ripetizione dell’indebito, è tenuto a fornire la prova dei movimenti del conto, tuttavia, qualora limiti l’adempimento ad alcuni aspetti temporali dell’intero andamento del rapporto — anche a seguito dell’acquisizione ex art. 210 cod. proc. di almeno parte degli estratti conto — il giudice può integrare la prova carente, sulla base delle deduzioni svolte dalla parte, anche con altri mezzi di cognizione disposti d’ufficio, in particolare disponendo una consulenza contabile. D’altro canto, la consulenza tecnica di ufficio, non essendo qualificabile come mezzo di prova in senso proprio è sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito.

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