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Giurisprudenza

Negozio di sottoscrizione in sede di aumento di capitale: natura giuridica e compatibilità con i principi dettati dalla giurisprudenza per i contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni

23 Novembre 2015

Marta Colombo, Trainee presso Lombardi Molinari Segni

Tribunale di Roma, 31 luglio 2015, n. 16930

Di cosa si parla in questo articolo

Con sentenza del 31 luglio 2005, il Tribunale di Roma si è soffermato sulla distinzione tra la deliberazione di aumento del capitale sociale di una società e la successiva sottoscrizione che i soci e/o terzi eventualmente facciano del capitale così aumentato. La prima, infatti, esprime la volontà sociale di acquisire nuovo capitale di rischio, ma non produce automaticamente l’effetto modificativo del contratto sociale, essendo a tal fine necessario il concorso della volontà dell’ente e dei sottoscrittori del nuovo capitale deliberato, che si traduce nella sottoscrizione di una quota dell’aumento di capitale e che rappresenta.

L’obbligo di versamento per i soci deriva, pertanto, non dalla deliberazione di aumento di capitale sociale, bensì dalla distinta manifestazione di volontà negoziale dei soci e/o terzi, consistente nella sottoscrizione della quota del nuovo capitale offertagli in opzione, indipendentemente dal fatto che in sede assembleare abbiano o meno espresso il proprio voto per l’aumento di capitale.

Alla luce di quanto precede, si osserva come il negozio di sottoscrizione, perfezionandosi con lo scambio del consenso fra socio sottoscrittore o terzo e la società, ha natura consensuale e si configura come accettazione della proposta avanzata con la deliberazione di aumento di capitale, secondo il classico schema del contratto consensuale.

A conferma della natura consensuale del contratto di sottoscrizione depongono, secondo il Tribunale di Roma, due disposizioni: l’art. 2439 c.c., la cui terminologia fa propendere per l’esistenza di un obbligo anziché per la configurabilità del versamento come elemento negoziale, e l’art. 2444 c.c., che, per il deposito presso il Registro delle Imprese dell’attestazione che l’aumento di capitale è stato eseguito, individua il dies a quo nell’avvenuta sottoscrizione e non nel versamento del 25% della quota sottoscritta.

Posto che il negozio di sottoscrizione in sede di aumento di capitale è un negozio consensuale e che il negozio consensuale si perfezione, appunto, per effetto del consenso legittimamente manifestato dalle parti, il conferimento deve essere inteso come obbligo del sottoscrittore e non come fatto attinente alla fase formativa del negozio.

Infine, il Tribunale precisa che la sottoscrizione dell’aumento di capitale non è soggetta a forme particolare prescritte dalla legge, di talché essa può desumersi anche da comportamenti concludenti. Ciò che maggiormente rileva è che la stessa avvenga nel termine previsto nella deliberazione assembleare. Tuttavia, è necessario coordinare tali principi con quelli volti a regolare i rapporti contrattuali nei quali sia parte una pubblica amministrazione. A tal riguardo occorre precisare che la pubblica amministrazione non può concludere contratti se non nelle forme stabilite dalle leggi e dai regolamenti, sicché i contratti conclusi dallo Stato e dagli enti locali richiedono la forma scritta ad substantiam. Ed invero la giurisprudenza di legittimità ha recentemente ribadito che, in forza dell’art. 97 Cost., che richiama il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione, il contenuto negoziale dell’atto e l’obbligazione assunta dalla pubblica amministrazione devono essere controllabili dall’autorità tutoria, a garanzia del regolare svolgimento dell’attività amministrativa.

Ciò peraltro comporta la forma scritta, a pena di nullità, dei contratti con cui una pubblica amministrazione assume partecipazioni in società di capitali e, di conseguenza, impegni verso una società.

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