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Giurisprudenza

Sequestro di quote societarie ai fini della confisca se “strumentali” ai reati

3 Marzo 2021

Federica De Gottardo, Dottoranda in diritto commerciale presso l’Università di Trento, Avvocato in Trento

Cassazione Penale, Sez. III, 27 novembre 2020 n. 37203 – Pres. Di Nicola, Rel. Corbo

Di cosa si parla in questo articolo

Mediante la sentenza de qua la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi in ordine al possibile sequestro ai sensi dell’art. 321, comma 2, c.p.p. delle quote di partecipazione sociale detenute dagli imputati nella società utilizzata per l’attività organizzata di traffico illecito di rifiuti. Nella specie, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma ha lamentato l’errore in cui sarebbe incorso il giudice di prime cure laddove, con motivazione meramente assertiva, ha rigettato la richiesta di sequestro ai fini della confisca delle quote societarie. Ciò in quanto, ad avviso del Procuratore ricorrente, tali quote costituirebbero “cose che servirono a commettere il reato” e quindi soggette ad ablazione obbligatoria ai sensi dell’art. 452 quaterdecies, comma 5,c.p. (“Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti”) applicabile al caso di specie.

La Corte di Cassazione ha innanzitutto chiarito la distinzione tra le due ipotesi di sequestro preventivo previste dall’art. 321 c.p.p., vale a dire (i) il sequestro a fini impeditivi di cui al comma 1 e (ii) il sequestro ai fini della confisca di cui al comma 2. In particolare, la Suprema Corte ha specificato che, qualora si ricorra nell’ipotesi di sequestro ai fini della confisca di cui all’art. 321, comma 2, c.p.p., è necessario valutare unicamente se le quote societarie costituiscono “cose di cui è obbligatoria la confisca” in quanto “strumenti per la commissione” dei reati di cui si tratta. Di contro – ad avviso della Suprema Corte – “non occorre valutare, invece, se la libera disponibilità delle stesse possa consentire il protrarsi dell’attività criminosa con aggravamento dei reati già commessi o la commissione di nuovi reati”, giacché tali valutazioni competono alla diversa ipotesi di sequestro ai fini impeditivi di cui all’art. 321, comma 2, c.p.p.

Chiarita la distinzione tra le due figure in termini di presupposti, con riferimento all’ipotesi di cui all’art. 321, comma 2, c.p.p. la Corte di Cassazione ha quindi statuito che “in caso di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, spetta al giudice il solo compito di verificare che i beni rientrino nelle categorie delle cose oggettivamente suscettibili di confisca, essendo, invece, irrilevante sia la valutazione del periculum in mora – che attiene ai requisiti del sequestro preventivo impeditivo di cui all’art. 321, comma 1, c.p.p. – sia quella inerente alla pertinenzialità dei beni”.

 

 

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