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Attualità

La Corte di Giustizia si pronuncia a favore del pro-rata IVA italiano

15 Dicembre 2016

Antonio Piciocchi e Ilaria Giannone, STS Deloitte

Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Sez. III, 14 dicembre 2016, C-378/15

Con sentenza del 14 dicembre 2016 (C-378/15, causa Mercedes Benz Italia Spa) la Corte di Giustizia UE fa salve le regole italiane sul pro-rata IVA, disattendendo le conclusioni dell’Avvocato generale del 29 giugno 2016, che in tema di modalità di determinazione dell’IVA detraibile e ambito di applicazione del pro-rata, aveva affermato l’incompatibilità con la normativa comunitaria del criterio di detrazione previsto dalla legge italiana[1].

Il Sistema della Direttiva

In estrema sintesi il sistema della Direttiva[2] attribuisce la detrazione dell’IVA agli acquisti utilizzati per l’effettuazione di operazioni imponibili (o a queste assimilate agli effetti della detrazione), mentre è escluso il diritto alla detrazione in relazione agli acquisti utilizzati per l’effettuazione di operazioni esenti; è la c.d. imputazione diretta in base alla destinazione effettiva, in cui la detrazione si verifica ricollegando i costi sostenuti a monte con le operazioni a valle.

L’IVA relativa ad acquisti utilizzati sia per l’effettuazione di operazioni con diritto a detrazione, sia di operazioni esenti (c.d. “acquisti promiscui”) può essere portata in detrazione nel limite del pro-rata matematico (percentuale corrispondente al rapporto tra operazioni imponibili o a queste assimilate agli effetti della detrazione e volume d’affari).

La Direttiva consente inoltre agli Stati di prevedere una serie di metodologie alternative (c.d. “pro-rata speciali”).

La normativa nazionale

La normativa nazionale, come noto, per i soggetti che pongono in essere sia attività esenti che attività con diritto a detrazione (c.d. “soggetti misti”)prevede l’applicazione delpro-rata matematico in relazione a tutti gli acquisti (e non limitatamente agli acquisti promiscui)[3].

Tale generalizzato sistema forfettario, secondo quanto sostenuto dal governo italiano, sarebbe consentito da una delle metodologie alternative previste dalla Direttiva.

Nel senso opposto le conclusioni dell’Avvocato generale, fondate sulla giurisprudenza della Corte di Giustizia e sull’interpretazione teleologica del sistema della detrazione alla luce del principio di neutralità dell’imposta. In particolare secondo l’Avvocato generale le metodologie alternative sarebbero applicabili in luogo del pro-rata matematico esclusivamente agli acquisti promiscui (e non in via generalizzata a tutti gli acquisti) e con la precisa finalità di pervenire a risultati più precisi nella determinazione della portata del diritto alla detrazione, quindi le norme nazionali si rivelerebbero incompatibili con la Direttiva.

La risposta della Corte di Giustizia

Per comprendere pienamente la risposta della Corte di Giustizia è opportuno ripercorrere il relativo ragionamento verificandolo, per quanto possibile, con le opposte motivazioni dell’Avvocato Generale.

Il tema verte sull’ambito di applicazione della deroga di cui all’art 17, paragrafo 5[4] terzo comma, lettera d) – d’ora in avanti anche “deroga di cui alla lettera d)” – della SestaDirettiva (applicabile ratione temporis), in base al quale gli Stati Membri possono autorizzare od obbligare il soggetto passivo ad operare la detrazione <<secondo la norma di cui al primo comma relativamente a tutti i beni e servizi utilizzati per tutte le operazioni ivi contemplate>>. La norma <<di cui al primo comma>> del paragrafo 5 dell’art. 17 della Sesta Direttiva prevede sostanzialmente che l’IVA relativa ad acquisti utilizzati sia per l’effettuazione di operazioni con diritto a detrazione sia di operazioni esenti (c.d. “acquisti promiscui”) può essere portata in detrazione nel limite del pro-rata matematico[5].

La Corte di Giustizia ha statuito che la deroga di cui alla lettera d) si applica non solo ai costi c.d. promiscui ma anche ai c.d. costi specifici, ossia direttamente imputabili alle operazioni con diritto a detrazione e alle operazioni senza diritto a detrazione.

Tale conclusione viene supportata facendo riferimento ai seguenti tre argomenti.

  1. Sotto il profilo dell’interpretazione letterale la deroga di cui alla lettera d) si riferisce a <<tutti i beni e servizi utilizzati per tutte le operazioni ivi contemplate>> mentre i c.d. costi promiscui sono definiti al comma 1 del paragrafo 5 dell’art. 17 come quei costi <<utilizzati da un soggetto passivo sia per operazioni che danno diritto a deduzione … , sia per operazioni che non conferiscono tale diritto>>. Ciò sembra indicare che gli ambiti applicativi siano diversi.
  2. Sotto il profilo sostanziale la deroga di cui alla lettera d), se riferita solo ai costi promiscui, replicherebbe quanto già previsto dal primo comma, paragrafo 5, dell’art 17, cui invece dovrebbe derogare; l’unica interpretazione che consente di dare un effetto utile alla deroga di cui alla lettera d) è quella di darle un ambito applicativo generale come nel pro rata IVA italiano, applicandola quindi non solo ai c.d. costi promiscui ma anche ai c.d. costi specifici.[6]
  3. Infine, con un accenno agli argomenti di carattere teleologico, l’applicazione generalizzata del pro rata IVA a tutti i costi specifici e promiscui perseguirebbe l’obiettivo di semplificazione[7] sia per i contribuenti, che a seguito dell’applicazione generalizzata del pro-rata non hanno così l’obbligo di imputare i costi alle specifiche operazioni, sia per le Amministrazioni Finanziarie, in sede di controllo.

Invero la Corte di Giustizia nella sentenza (punto 42) da atto di non esaminare l’incidenza precisa dei principi di proporzionalità delle detrazioni, di effettività del diritto a detrazione e di neutralità dell’IVA.

Al riguardo occorre ricordare che l’Avvocato Generale nelle proprie conclusioni aveva invero citato alcune sentenze della Corte di Giustizia[8] che esplicitamente restringevano l’ambito di applicazione dell’intero paragrafo 5 dell’art 17 ai soli costi promiscui (incluse quindi le deroghe di cui al terzo comma di detto paragrafo 5); tale argomentazione non appare pienamente considerata dalla Corte, che con tale sentenza sembra invece mutare il proprio precedente orientamento.

Lo stesso può dirsi con riferimento all’interpretazione teleologica proposta dall’Avvocato Generale e supportata da varie sentenze della Corte,[9] in base alla quale le deroghe di cui al comma 3 del paragrafo 5 dell’art. 17 sono finalizzate a pervenire a risultati più precisi nella determinazione dell’IVA detraibile (obiettivo sicuramente non perseguito con l’adozione generalizzata del pro-rata).

Conclusioni

Chiarita finalmente la piena legittimità del sistema di detrazione previsto dalla normativa nazionale, rimane in ogni caso da valutare l’opportunità di un intervento legislativo teso a consentire agli operatori di adottare il sistema della diretta imputazione, rivisitando opportunamente il regime della separazione delle attività di cui all’art. 36 del d.P.R. 633 del 1972.

Inoltre una ulteriore riflessione potrebbe essere sviluppata in merito all’opportunità di incentivare l’adozione del sistema dell’imputazione diretta, soprattutto per le imprese di grandi dimensioni.

Invero il sistema dell’imputazione diretta è più preciso, ma non necessariamente più favorevole rispetto a quello del pro-rata. In altre parole l’approssimazione dovuta all’applicazione del pro-rata matematico a tutti gli acquisti, in alcuni casi, può anche consentire detrazioni non possibili nel sistema dell’imputazione diretta, a svantaggio dell’Erario.

A questa maggior precisione si contrappone una maggiore complessità di gestione da parte degli operatori e di controllo da parte dell’Amministrazione Finanziaria; tale importante aspetto tuttavia deve essere valutato in maniera prospettica, alla luce delle possibilità di semplificazione e automatismi offerti dall’evoluzione tecnologica sia ai fini della gestione sia ai fini del controllo.

 


[1] Artt. 19, comma 5, e 19-bis del d.P.R. n. 633/1972

[2] Articoli 168 e da 173 a 175 della direttiva 2006/112, nell’anno d’imposta di cui trattasi nel procedimento il diritto a detrazione dei soggetti passivi era principalmente disciplinato dagli articoli 17 e 19 della Sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977.

[3] In questa sede non si analizzerà il regime di separazione delle attività previsto all’art. 36 del d.P.R. 633 del 1972.

[4] Art. 17, paragrafo 5, Sesta Direttiva. <<Per quanto riguarda i beni ed i servizi utilizzati da un soggetto passivo sia per operazioni che danno diritto a deduzione di cui ai paragrafi 2 e 3 , sia per operazioni che non conferiscono tale diritto, la deduzione è ammessa soltanto per il prorata dell'imposta sul valore aggiunto relativo alla prima categoria di operazioni.

Detto pro rata è determinato ai sensi dell'articolo 19 per il complesso delle operazioni compiute dal soggetto passivo.

Tuttavia, gli Stati membri possono:

a) autorizzare il soggetto passivo a determinare un pro rata per ogni settore della propria attività, se vengono tenute contabilità distinte per ciascun settore;

b) obbligare il soggetto passivo a determinare un pro rata per ogni settore della propria attività ) ed a tenere contabilità distinte per ciascuno di questi settori;

c) autorizzare od obbligare il soggetto passivo ad operare la deduzione in base all' utilizzazione della totalità o di una parte dei beni e servizi;

d) autorizzare od obbligare il soggetto passivo ad operare la deduzione secondo la norma di cui al primo comma relativamente a tutti i beni e servizi utilizzati per tutte le operazioni ivi contemplate;

e) prevedere che non si tenga conto dell' imposta sul valore aggiunto che non può essere dedotta dal soggetto passivo quando essa sia insignificante.>>

[5] L’applicazione del pro rata matematico è invero specificata dal secondo comma del paragrafo 5 dell’art 17 della Sesta Direttiva.

[6] Come meglio osservato in seguito tale posizione della Corte si pone in discontinuità con precedenti sentenze.

[7] La Corte cita al riguardo il diciassettesimo considerando della Sesta Direttiva e la sentenza dell’8 marzo 2012,

Commissione/Portogallo, C-524/10, EU:C:2012:129, punto 35.

[8] Sentenza del 6 settembre 2012 (C‑496/11, Portugal Telecom, punti da 39 a 41). «39. (…) la Corte ha statuito che l’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva stabilisce il regime applicabile al diritto a detrazione dell’IVA, nel caso in cui quest’ultima si riferisca ad operazioni a monte utilizzate dal soggetto passivo “sia per operazioni che danno diritto a [detrazione] di cui ai paragrafi 2 e 3, sia per operazioni che non conferiscono tale diritto”, limitando il diritto a detrazione alla parte dell’IVA proporzionale all’importo relativo alle operazioni del primo tipo. Da tale disposizione risulta che un soggetto passivo, se usa beni e servizi per effettuare nel contempo operazioni che danno diritto a detrazione e operazioni che non conferiscono tale diritto, può unicamente detrarrela parte dell’IVA proporzionale all’importo relativo alle operazioni del primo tipo (sentenza [del 27 settembre 2001, Cibo Participations, C‑16/00, EU:C:2001:495], punti 28 e 34). 40. Da tale giurisprudenza risulta, da una parte, che il regime di detrazione previsto dall’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva riguarda unicamente i casi in cui i beni e servizi siano utilizzati da un soggetto passivo per effettuare nel contempo operazioni economiche che danno diritto a detrazione e operazioni economiche che non conferiscono diritto a detrazione, vale a dire beni e servizi il cui uso è misto e, d’altra parte, che gli Stati membri possono utilizzare uno dei metodi di detrazione previsti dall’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, solo per detti beni e servizi. 41. Al contrario, i beni e servizi utilizzati dal soggetto passivo unicamente per effettuare operazioni economiche che danno diritto a detrazione non ricadono nella sfera di applicazione dell’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva ma sono ricompresi, quanto al regime di [detrazione], nell’articolo 17, paragrafo 2, della stessa direttiva».

Sentenza del 16 luglio 2015, Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt, C‑108/14 e C‑109/14<<Quanto al regime di detrazione previsto dall’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva, esso riguarda unicamente i casi in cui i beni e servizi siano utilizzati da un soggetto passivo per effettuare nel contempo operazioni economiche che danno diritto a detrazione e operazioni economiche che non conferiscono diritto a detrazione, vale a dire beni e servizi il cui uso è misto. Gli Stati membri possono utilizzare uno dei metodi di detrazione previsti dall’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, di tale direttiva solo per detti beni e servizi (sentenza Portugal Telecom, C‑496/11, EU:C:2012:557, punto 40)>>.

[9] Sentenza del 10 luglio 2014, Banco Mais, C‑183/13, punto 29: <<La Corte ha peraltro statuito che l’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva è inteso a consentire agli Stati membri di tener conto delle caratteristiche specifiche proprie di talune attività dei soggetti passivi, al fine di pervenire a risultati più precisi nella determinazione della portata del diritto alla detrazione (v., in tal senso, sentenze Royal Bank of Scotland, EU:C:2008:750, punto 24, e BLC Baumarkt, EU:C:2012:689, punti 23 e 24).>>


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