WEBINAR / 23 Maggio
Trust e istituti affini: nuova guida GAFI su titolare effettivo e trasparenza
ZOOM MEETING Offerte per iscrizioni entro il 07/05

WEBINAR / 23 Maggio
Trust e istituti affini: nuova guida GAFI su titolare effettivo e trasparenza
www.dirittobancario.it
Giurisprudenza

Credito fondiario ed insinuazione al passivo degli interessi corrispettivi

15 Luglio 2013

Avv. Filippo Maria De Stefano Grigis

Tribunale di Cagliari, 20 giugno 2013

Di cosa si parla in questo articolo

Massima

L’insinuazione al passivo fallimentare di un credito fondiario che produce interessi non comporta alcuna deroga all’art. 2855, commi 2 e 3, cod. civ., con la conseguenza che sono collocati al privilegio soltanto gli interessi corrispettivi maturati al tasso convenzionale nelle due annate anteriori ed a quella in corso nel giorno della dichiarazione di fallimento, ove per “annata” si intende non quella solare, bensì quella contrattuale. Inoltre, non essendo gli artt. 54 L.F. e 2855 cit. suscettibili di interpretazione in via analogica, la collocazione al privilegio è limitata al capitale, agli interessi ed alle spese, con esclusione di qualsiasi altra provvigione o penale di sorta, ancorché contrattualmente prevista e riportata nella nota di iscrizione ipotecaria

Commento

La Banca presenta domanda di ammissione al passivo per un credito fondiario, ma il Giudice delegato non accoglie la domanda per la parte relativa al totale degli interessi da collocarsi nello stesso grado del capitale, nonché della penale contrattualmente prevista. La Banca deposita, allora, ricorso in opposizione contro il decreto del Giudice delegato che ha dichiarato esecutivo lo stato passivo. Il Tribunale – Sezione fallimentare ripercorre l’art. 54 L.F., che richiama l’art. 2855 cod. civ. “per l’estensione del diritto di prelazione agli interessi”; e lo ripercorre alla luce del primo criterio ermeneutico, che è quello letterale. Osserva, infatti, il Tribunale che l’art. 54 cit. si applica a prescindere dalla natura del credito insinuato e che, in particolare, in assenza di alcuna espressa deroga, esso si applica anche laddove il credito insinuato sia di natura fondiaria, a nulla rilevando la specifica (e diversa) disciplina dettata per i finanziamenti fondiari: “[L’art. 54 L.F.] trova applicazione anche nei riguardi dei crediti per mutuo fondiario, atteso che la relativa specifica disciplina non interferisce sui principi che regolano il concorso dei creditori nel fallimento, posti dalla legge senza alcun limite o riserva di disposizioni contenute in altre leggi speciali”. In questa conclusione il Tribunale è confortato dalla giurisprudenza di legittimità: […] secondo il consolidato orientamento di questa Corte, i privilegi “accordati” nell’ambito della procedura fallimentare agli istituti di credito fondiario hanno rilievo solo sul piano processuale, senza tradursi, su quello sostanziale, in una alterazione delle regole riguardanti il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito” (Cass. civ. Sez. I, 29.08.1998, n. 8657).

Ciò posto, il Tribunale si sofferma sulla natura degli interessi che sono collocabili nello stesso grado del capitale. Valendosi, ancora una volta, del criterio letterale, il Collegio evidenzia che l’art. 2855, comma 2, cit., utilizza l’espressione “capitale che produce interessi”; con la conseguenza che con tale espressione ci si può riferire soltanto agli “interessi corrispettivi, che costituiscono una remunerazione del capitale, e non agli interessi moratori”. Interessi che, poi devono essere conteggiati per l’annata in corso alla declaratoria di fallimento e per le due annate interiori, ove per “annata” deve intendersi quella contrattuale e non quella solare, di talché il dies a quo dovrà essere calcolato dalla data di risoluzione del contratto e, quindi, di insorgenza del debito di restituzione degli interessi richiesti. Anche per questa conclusione il Tribunale si è allineato alla già citata giurisprudenza di legittimità.

Quanto, poi, all’ipotesi in cui nel contratto di finanziamento siano previste penali per la risoluzione anticipata, il Tribunale sottolinea nuovamente la lettera degli artt. 54 L.F. e 2855 cit. e la circostanza che non sia ammissibile una loro interpretazione estensiva, in via analogica. La ragione addotta è la “loro natura tipica”:

“[…] A norma degli artt. 54 l.f. e 2855 c.c., vanno collocati in privilegio ipotecario soltanto gli interessi e le spese, mentre rimangono escluse altre voci accessorie, quali eventuali commissioni e/o provvigioni pretese dal mutuante, non contemplate espressamente dalle disposizioni regolanti il privilegio, insuscettibili per loro natura tipica di estensione analogica”.

Questa natura tipica può, verosimilmente, arricchirsi del profilo pubblicistico di tali disposizioni, poste a presidio di un equilibrio fissato dal Legislatore per la soddisfazione concorsuale dei crediti, che non può essere alterato neppure in sede giurisprudenziale: “[…] la disciplina dettata dal secondo e dal terzo comma dell’art. 2855 c.c. trova la sua giustificazione, non solo nell’esigenza di rendere conoscibili le modalità di calcolo degli interessi, ma anche in quella di evitare che l’ipoteca iscritta a garanzia di un capitale che produca interessi possa estendersi a un numero eccessivo di annualità” (Cass. civ. Sez. I, 29.08.1998, n. 8657).

Alla luce di queste considerazioni, il Tribunale conferma la collocazione del credito per la penale contrattuale al chirografo, senza che possa, infine, rilevare l’inserzione di tale penale nella nota di iscrizione ipotecaria; non si può, infatti, con tale inserzione superare, del tutto surrettiziamente, il divieto di interpretazione analogica di cui sopra.

Il Tribunale, infine si vale, molto opportunamente, del potere di ridurre la penale ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1384 cod. civ.. E’ interessante osservare come il Tribunale, nell’enunciare i principi che devono sovrintendere alla riduzione equitativa della penale, si riferisca, sulla scia della giurisprudenza di legittimità, a quelli di “solidarietà, correttezza e buona fede, di cui agli artt. 2 Cost., 1175 e 1375 c.c.”. E’ interessante, perché ribadisce, una volta di più, come, in una realtà sociale sempre più complessa, i principi giuridici tradizionali e generali continuino a costituire un valido bacino cui attingere per elaborare le soluzioni del caso concreto, bastando saperne leggere le molteplici potenzialità.

Di cosa si parla in questo articolo

WEBINAR / 23 Maggio
Trust e istituti affini: nuova guida GAFI su titolare effettivo e trasparenza
ZOOM MEETING Offerte per iscrizioni entro il 07/05
Iscriviti alla nostra Newsletter