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Giurisprudenza

Effetto devolutivo pieno del reclamo ex art. 18 L.F. e fine di conoscibilità perseguito dalla notifica ex art. 15 L.F.

13 Marzo 2018

Sara Addamo, Dottoranda in Studi Giuridici Comparati ed Europei presso l’Università di Trento

Cassazione Civile, Sez. I, 30 gennaio 2017, n. 2235 – Pres. Nappi, Rel. Ferro

Nel giudizio di reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, quale disciplinato dall’art. 18 1.f. (nel testo novellato dal d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169), il termine per la costituzione della parte (anche nella specie, la resistente curatela fallimentare) pur essendo perentorio, anche in mancanza di un’espressa dichiarazione normativa, non è tale per cui il suo mancato rispetto implichi decadenza – della parte che vi sia incorsa – dal diritto di opporsi al predetto reclamo, potendo dunque essa intervenire nel relativo procedimento con le sole limitazioni che la tardività determina per la formulazione di determinate difese (Cass. 12986/2009).

Da tale principio discende il potere del P.M., che abbia proposto l’istanza di fallimento ex art. 6 l.f., poi effettivamente dichiarato dal Tribunale, di versare nel giudizio ai sensi dell’art. 18 l. fall., anche oltre la prima udienza di comparizione avanti alla Corte d’Appello, documenti che comunque attengano ai presupposti della fallibilità e ciò in virtù della parallela regola di devoluzione piena che assiste tale strumento di impugnazione: “nel giudizio di impugnazione avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, quanto ai procedimenti in cui trova applicazione la riforma di cui al d.lgs. n. 169 del 2007, che ha modificato l’art. 18 legge fall., ridenominando tale mezzo come “reclamo” in luogo del precedente “appello”, l’istituto, adeguato alla natura camerale dell’intero procedimento, è caratterizzato, per la sua specialità, da un effetto devolutivo pieno, cui non si applicano i limiti previsti, in tema di appello, dagli artt. 342 e 345 cod. proc. civ., pur attenendo il reclamo ad un provvedimento decisorio, emesso all’esito di un procedimento contenzioso svoltosi in contraddittorio e suscettibile di acquistare autorità di cosa giudicata” (conf. Cass. 22546/ 2010, 5257/2012).

Ne deriva che ciascuna parte del giudizio di reclamo, costituita o meno avanti al Tribunale che ha dichiarato il fallimento, può indicare anche per la prima volta in tale sede, i mezzi di prova di cui intende avvalersi, al fine di dimostrare la sussistenza o la insussistenza dei presupposti di fallibilità e di regolarità del procedimento, tenuto conto che permane un ampio potere di indagine officioso in capo allo stesso organo giudicante, avuto altresì riguardo alla correttezza dell’instaurazione della procedura medesima.

Nel caso in esame, il P.M. aveva prodotto, oltre la prima udienza, la documentazione inerente la notifica dell’istanza di fallimento e del decreto di fissazione dell’udienza avanti al Tribunale, presso la sede legale estera della società fallita. Stante la complessità di disporre una procedura di notificazione nel rispetto degli accordi di assistenza legale internazionale, il P.M. aveva ottenuto dal giudice delegato, già in sede di istruttoria prefallimentare, l’autorizzazione a procedere alla notifica del ricorso-decreto ex art. 15 l.f. per il tramite della Polizia giudiziaria.

La Suprema Corte si è, quindi, pronunciata sulla piena adeguatezza dell’autorizzazione a procedere data dal giudice fallimentare italiano, in quanto ha ritenuto integrata l’ipotesi derogatoria al normale regime della notifica officiosa e di cancelleria di cui al terzo comma dell’art. 15 l.f., conseguendone che il procedimento vada informato allo scopo semplificatorio degli adempimenti e acceleratorio degli atti, cui il quinto comma ispira detta autorizzazione, volto a consentire un risultato di conoscibilità degli atti sulla base di formalità essenziali e unicamente votate a tale obiettivo.


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