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Giurisprudenza

Rapporto tra la procedura di concordato preventivo e quella di fallimento

2 Marzo 2018

Avv. Sara Scapin

Cassazione Civile, Sez. I, 08 settembre 2016, n. 17764 – Pres. Nappi, Rel. Ferro

Di cosa si parla in questo articolo

Con la sentenza che si annota la Suprema Corte ha precisato come, al fine di riattivare un procedimento per dichiarazione di fallimento dichiarato improcedibile per effetto della presentazione di una domanda di concordato preventivo, non sia necessario impugnare il provvedimento di improcedibilità, trattandosi infatti di atto ricognitivo di un temporaneo limite alle decisioni sul fallimento assumibili dal Tribunale e attuativo del necessario coordinamento tra le due procedure.

Nel caso di specie una s.r.l. in liquidazione impugnava la sentenza con cui la Corte d’Appello di Firenze aveva rigettato il suo reclamo avverso la sentenza del Tribunale che ne aveva dichiarato il fallimento, a seguito della revoca ex art. 173 L. Fall. dell’ammissione al concordato preventivo. In particolare, i giudici avevano accertato la sussistenza di una serie di atti di frode, quali una dissimulata cessione-distrazione di un ramo d’azienda in favore di una società collegata alla debitrice per composizione del capitale, assetto di gestione ed attività, l’utilizzo del retratto di un mutuo ipotecario per il rientro del finanziamento di un socio ed il pagamento di debiti pregressi o acconti ai professionisti senza tempestiva relazione al Tribunale.

La Corte evidenzia come il procedimento prefallimentare debba ancora considerarsi l’extrema ratio rispetto alla procedura di concordato: tuttavia, qualora penda la seconda domanda, nessuna conclusione lo potrà definire con una dichiarazione di improcedibilità, potendo esso proseguire con l’istruttoria e concludersi con il rigetto dell’istanza o della richiesta di fallimento. La pendenza di una domanda di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, impedisce infatti temporaneamente la dichiarazione di fallimento sino al verificarsi degli eventi previsti dagli artt. 162, 173, 179 e 180 L. Fall.

Il decreto di improcedibilità, in particolare qualora venga emanato contestualmente all’ammissione del debitore al concordato preventivo, non implicherebbe alcuna definizione negativa dell’istruttoria prefallimentare. Esso, infatti, non rappresenterebbe una decisione, ma semmai puntualizzerebbe meglio l’ambito provvisorio delle pronunce adottabili.

Tale decreto costituirebbe quindi un provvedimento che, assunto quale pacifico atto ricognitivo di un temporaneo limite alle decisioni sul fallimento assumibili dal Tribunale e attuativo del necessario coordinamento tra le procedure, farebbe procedere la trattazione della domanda di concordato affinché possa giungersi, il prima possibile, al suo esaurimento, e cioè alla sua decisione. Tale provvedimento non sarebbe pertanto impugnabile, perché non conformativo di un diritto dell’istante e comunque destinato ad essere superato in presenza di uno dei possibili incidenti del procedimento di concordato.

La pendenza della domanda di concordato preventivo impedirebbe, pertanto, solo temporaneamente la dichiarazione di fallimento, ma non determinerebbe l’improcedibilità del procedimento fallimentare. In altri termini, una volta rimossa la condizione preclusiva a detta pronuncia rappresentata dal necessario coordinamento tra le due procedure, i ricorrenti riacquisterebbero la pienezza dei loro poteri di impulso, senza la necessità del rilascio di un ulteriore mandato difensivo.

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