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Giurisprudenza

Bancarotta fraudolenta impropria: elemento soggettivo del reato e concorso degli amministratori privi di deleghe

13 Novembre 2018

Fabrizio Bonato

Cassazione Penale, Sez. I, 9 marzo 2018, n. 14783 – Pres. Mazzei, Rel. Vannucci

Di cosa si parla in questo articolo

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ha l’occasione di esprimersi nuovamente su due controversi temi relativi al reato di bancarotta fraudolenta societaria di cui all’art. 223, c. 2, l. fall.

In primo luogo, la Suprema Corte chiarisce i confini entro i quali possa ritenersi sussistente l’elemento soggettivo del dolo richiesto per l’integrazione del reato, affermando il chiaro principio di diritto secondo cui: “nel caso di fallimento di società di capitali derivato anche da operazioni dolose, protrattesi nel tempo, in danno di soggetto diverso da una pubblica amministrazione ovvero di un ente pubblico, determinanti nel breve periodo un arricchimento del patrimonio sociale, il delitto di bancarotta fraudolenta impropria è configurabile, sotto il profilo soggettivo, quando il dissesto della società come effetto di tali condotte illecite divenga astrattamente prevedibile da parte degli amministratori per effetto della loro concreta previsione dell’accertamento delle pregresse attività illecite da parte del soggetto immediatamente danneggiato da tali attività”.

La tematica della potenziale prevedibilità dell’evento dannoso rileva peraltro anche in relazione al secondo aspetto in merito al quale la Corte di Cassazione si è espressa con la sentenza in commento, ovverosia la configurabilità del concorso dell’amministratore privo di deleghe nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale in ragione del mancato impedimento dell’evento, ai sensi del combinato disposto degli artt. 40, c. 2, c.p. e 223, c. 2, l. fall.

Sul punto, la Corte chiarisce che gli amministratori privi di deleghe possono essere ritenuti responsabili a titolo di concorso nel delitto di bancarotta fraudolenta societaria per distrazione commesso dal presidente del consiglio di amministrazione laddove, previa ricostruzione delle concrete modalità di funzionamento dell’organo gestorio e delle relazioni tra queste e i fatti distrattivi, sia accertato che tali amministratori “siano stati informati delle distrazioni ovvero che delle stesse abbiano comunque avuto conoscenza; oppure che vi sia stata la presenza di segnali peculiari di distrazione aventi carattere di anormalità di questi sintomi per tali amministratori, dai quali è dato desumere la consapevole accettazione del rischio dell’evento illecito”.

In presenza di tale conoscenza ovvero di tali segnali, infatti, gli amministratori privi di deleghe avrebbero avuto il dovere di attivarsi. Pertanto, “la volontaria, da dolo indiretto, mancata attivazione di tali soggetti in presenza di tali circostanze determina l’affermazione della penale responsabilità avendo la loro omissione contribuito a cagionare l’evento dannoso”.

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