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Giurisprudenza

Impugnazione dello stato passivo: profili processuali

12 Gennaio 2017

Antonella Gentile

Cassazione Civile, Sez. I, 25 luglio 2016, n. 15344

Di cosa si parla in questo articolo

Il creditore ammesso al passivo fallimentare, avverso la cui ammissione viene proposta impugnazione ex art. 99 l.f., incorre nelle decadenze attinenti alle eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio ed è, in ogni caso, gravato dell’onere della prova dei fatti costitutivi del credito vantato.

Nella specie, la banca ricorrente contesta il provvedimento del Tribunale di Brescia con il quale era stata accolta l’impugnazione del credito ammesso al passivo fallimentare e con il quale lo stesso era stato ridotto.

La banca ricorrente adduce numerosi motivi a supporto del proprio ricorso. E, in particolare, con il primo motivo lamenta violazione dell’art. 99 l.f. per aver i giudici del merito ritenuto tardiva l’allegazione di fatti a supporto dell’esistenza del credito. Tale motivo è ritenuto infondato poiché ex art. 99 comma 6 l.f. anche colui che resiste all’impugnazione avverso l’ammissione di un credito incorre nelle decadenze delle eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio.

Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la violazione delle regole attinenti all’onere della prova ex art. 2697 c.c., anche tale motivo viene considerato infondato poiché nel procedimento ex art. 99 l.f. rimangono ferme le regole generali che comportano per il creditore ammesso che questi sia onerato della prova dei fatti costitutivi del credito dallo stesso vantato mentre per il creditore impugnante che lo stesso ne provi i fatti impeditivi ed estintivi. Quanto alle decadenze riguardanti i mezzi di prova contenute nell’art. 99 comma 6 l.f., i giudici di legittimità ritengono che, per le prove costituende, sia necessaria e sufficiente la loro mera indicazione, considerato che la verifica dello stato passivo, per la sua natura sommaria, ne rende impossibile l’espletamento; per contro, per le prove costituite, vale a dire per i documenti, statuiscono la necessità che questi siano già stati prodotti nel procedimento sommario.

Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 1988 c.c. e dell’art. 112 c.p.c. per aver i giudici del merito disconosciuto la sussistenza dell’inversione dell’onere della prova della ricognizione del debito. Anche tale motivo è infondato, la suprema corte stabilisce infatti che la mera inclusione di un creditore nell’elenco dei creditori non costituisca ricognizione del debito.

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