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Giurisprudenza

Derivati over the counter e inibitoria degli addebiti davanti al Tribunale di Milano

17 Ottobre 2013

Tribunale di Milano, 07 ottobre 2013 e 27 giugno 2013

Di cosa si parla in questo articolo

Con due distinte ordinanze riferibili alla medesima controversia, rispettivamente del 27 giugno 2013 e 07 ottobre 2013, il Tribunale di Milano ha affrontato alcune tematiche molto importanti per il contenzioso in materia di contratti derivati OTC (over the counter).

Nel caso di specie, la società attrice aveva depositato in corso di causa un ricorso d’urgenza ex art. 700 cpc con cui veniva chiesta la sospensione degli effetti del contratto di interest rate swap stipulato con la banca convenuta.

Con ordinanza del 27 giugno 2013 il primo giudice, in accoglimento del ricorso promosso dalla società, disponeva la sospensione dell’esecuzione del contratto di swap stipulato tra le parti ed, in particolare, la sospensione degli addebiti per flussi negativi da parte della banca convenuta.

Evidenziava il primo giudice: che il risultato fortemente negativo del contratto non dipendeva solo dall’andamento decrescente dell’indice Euribor a sei mesi, imprevedibile al momento della stipulazione, ma dalla struttura complessa del contratto, costituita da tre componenti derivate, rispetto alle quali la finalità di copertura del rischio di variazione dei tassi era priva di concreto riferimento all’indebitamento della società; che il meccanismo contrattuale comportava costi occulti in favore della banca ed un grado di asimmetria della struttura, valutato ex ante, per cui la possibilità di guadagno del cliente era pari al 5,90% dei casi, con un evidente carattere non già aleatorio, bensì speculativo, a vantaggio dell’intermediario; che in questo contesto si poteva rappresentare il fumus del diritto ad ottenere la risoluzione del contratto per grave inadempimento della banca ai suoi obblighi di diligenza e per violazione degli obblighi informativi in merito ai costi occulti ed allo sbilancio iniziale, tanto più se si considerava il conflitto di interessi che caratterizzava l’agire della banca.

La banca, avverso l’ordinanza del 27 giugno 2013, proponeva reclamo ai sensi dell’art. 669 terdecies cpc.

Con provvedimento del 07 ottobre 2013 il Tribunale di Milano, per i motivi di seguiti richiamati, accoglieva il reclamo e, per l’effetto, revocava l’impugnata ordinanza cautelare del 27 giugno 2013.

Per quanto attiene l’esame del fumus boni iuris, il Tribunale rilevava preliminarmente lo status di operatore qualificato ex art. 31 Reg. Consob n. 11522/1998 in capo alla società attrice; e ciò non solo a fronte della rilasciata dichiarazione da parte del legale rappresentante, quanto piuttosto per le notevoli caratteristiche dimensionali, per l’appartenenza ad un gruppo intenzionale, e per aver la stessa società già stipulato contratti derivati con altri intermediari negli anni precedenti ai fatti di causa. Per l’effetto, risultava inapplicabile, in favore della società, il regime di tutela previsto dagli artt. 27 e segg. del Reg. Consob 11522/1998, come indicati dall’art 31 comma 2, tra cui i diversi obblighi informativi e di condotta in materia di conflitto di interessi e di adeguatezza dell’investimento.

Il Tribunale escludeva poi la sussistenza della nullità per difetto di causa concreta del contratto, riconducibile alla pretesa speculatività del derivato per assenza di una effettiva funzione di copertura, posto che, nella logica del gruppo societario di cui l’attrice fa parte, era rinvenibile il raccordo dello swap con un mutuo i cui rischi dovevano essere controllati.

Priva di rilievo appariva poi per il Tribunale la dedotta mancata informazione della banca al cliente sulla misura dei c.d. costi impliciti, sia per la non attendibilità allo stato del giudizio (per i motivi meglio esposti nell’ordinanza allegata) del calcolo della CTP, sia perché la chiara enucleazione dei termini contrattuali non rendeva impossibile un’autonoma valutazione della società con riguardo ad un aspetto che, comunque, teneva a ribadire il Tribunale, ha mera natura previsionale.

A fronte di tali considerazioni, il Tribunale riteneva non enucleabile né la nullità del contratto per problematiche attinenti la sua funzione contrattuale, ovvero alla necessaria esistenza di un’alea bilaterale, e quindi la causa astratta e/o concreta, né la risoluzione per violazioni comportamentali.

Per quanto attiene poi il periculum in mora, il Tribunale evidenziava come non vi fossero elementi concreti, ulteriori rispetto al generico prospettato allarmismo, per affermare un’imminente crisi di liquidità, dovuta al solo aumento di qualche centinaio di migliaia di euro dei tassi negativi correlati allo swap in questione. Né poteva fondatamente assommarsi ai flussi in scadenza l’importo attuale del mark to market, il quale ha un mero valore previsionale e rappresenta solamente il costo di recesso o di sostituzione, destinato nel tempo – in ragione del pagamento dei flussi, dell’avvicinarsi alla scadenza e dell’eventuale modificarsi degli scenari – a modificarsi e tendenzialmente a diminuire sino (alla scadenza) ad azzerarsi.

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