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Giurisprudenza

La funzione di garanzia atipica della cessione del credito esclude l’onere della preventiva escussione del debitore ceduto

17 Dicembre 2020

Luca Monosi, Dottorando presso l’Università degli Studi di Milano

Cassazione Civile, Sez. I, 28 maggio 2020, n. 10092 – Pres. De Chiara, Rel. Vella

In caso di cessione del credito effettuata non in funzione solutoria, ex art. 1198 cod. civ., ma esclusivamente a scopo di garanzia di una diversa obbligazione dello stesso cedente, il cessionario è legittimato ad agire sia nei confronti del debitore ceduto che nei confronti dell’originario debitore cedente senza essere gravato, in quest’ultimo caso, dall’onere di provare l’infruttuosa escussione del debitore ceduto.

Nel caso di specie, la Corte di cassazione ha accolto con rinvio il ricorso di un istituto bancario che aveva contestato senza successo, in sede di opposizione al passivo fallimentare ex art. 98 co. 2 l. fall., la decisione del giudice delegato di escludere in parte il credito di cui si domandava l’ammissione, derivante da un contratto di anticipazione su fatture contro cessione di crediti pro solvendo, a motivo della mancanza di prova dell’infruttuosa escussione, non imputabile al cessionario, del debitore ceduto.

In particolare, la Corte ha stabilito che v’è una differenza strutturale tra la cessione del credito a scopo di garanzia atipica (c.d. cessio in securitatem) e la cessione solutoria di cui all’art. 1198 c.c. (che richiama lo schema della datio in solutum). Nel primo caso, infatti, il diritto del cessionario ad agire verso il debitore ceduto è connato dai caratteri dell’accessorietà e l’escussione del debitore ceduto – con la conseguente realizzazione dell’obbligazione principale – rappresenta una mera eventualità e non (come nel secondo caso) il proprium dell’operazione, per cui non v’è spazio per l’applicazione nel primo caso della disciplina dell’art. 1267 co. 2 c.c. fatta salva dal precedente art. 1198 co. 2 c.c.

Una diversa interpretazione, che potrebbe fondarsi sui precedenti di Cass., 16 novembre 2018, n. 29608 e Cass., 3 aprile 2009, n. 15677 (cui si aggiunge, in materia di factoring, Cass., 11 gennaio 2018, n. 15080), è stata esclusa dalla Corte, in quanto nelle pronunce prefate – che hanno ribadito (i) sia il principio in base al quale, in caso di cessione solutoria, spetta al cessionario l’onere di provare l’infruttuosa escussione a lui non imputabile del ceduto prima di agire verso il cedente, (ii) sia il principio secondo cui lo scopo di garanzia non fa venire meno la natura traslativa della cessione – l’applicazione dell’art. 1198 co. 2 c.c. è fondata sull’equivoco accostamento dell’effetto traslativo della cessione alla sua (eventuale) funzione solutoria, che va invece esclusa in caso di cessione in garanzia.

La Cassazione, inoltre, ha confermato l’orientamento espresso da Cass., 2 aprile 2001, n. 4796 in base al quale, in caso di cessione in securitatem, il contratto di garanzia atipica deve ritenersi sottoposto ad una duplice condizione: risolutiva, con riguardo all’evento dell’adempimento del debito principale garantito; sospensiva, rispetto all’obbligo, per il cessionario, di restituire al cedente l’eventuale avanzo delle somme ottenute dal ceduto a seguito dell’escussione del credito posto in garanzia.

 


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