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Editoriali

Prime note prospettiche sul Golden power applicato a banche e assicurazioni

20 Aprile 2020

Fabio Bassan

Professore Ordinario di Diritto Internazionale, Università Roma Tre

Di cosa si parla in questo articolo

Sul golden power applicato anche ai settori bancario e assicurativo dal D.L. 8 aprile 2020 n. 23 (‘decreto liquidità’) abbiamo già letto un editoriale su questa rivista (Sacco Ginevri, 2020) con alcune prime considerazioni. Con queste brevi note propongo alcuni accenni su un piano sistematico, in prospettiva. Le norme infatti, che comunque saranno definitive solo a seguito della conversione del decreto, non sono self-executing: richiedono atti applicativi (d.p.c.m.).

Quanto ai contenuti, mi limito al loro impatto sui settori bancario e assicurativo, finora rimasti fuori dal perimetro del golden power non tanto per un astratto ossequio alla concorrenza (nel bancario subordinata – quando non funzionale – alla stabilità), ma per la necessità di un consolidamento dei due mercati che la regolazione europea ha imposto in via indiretta (si pensi agli oneri di compliance) e che l’interesse straniero avrebbe dovuto accelerare, anche solo come stimolo.

Una premessa generale, importante perché consente di comprendere la natura ambivalente della disciplina golden power originaria: è norma di trasparenza e apertura dei mercati (Bassan 2014). La protezione di imprese e settori strategici costituisce interesse secondario e subordinato, che deve essere adeguatamente motivato, è soggetto a interpretazione restrittiva, ed è condizionato all’esperimento di una procedura trasparente e veloce: una fast track che porta diretta al Tar Lazio, il quale si esprime con rito abbreviato in via d’urgenza. Il goden power non è un golden shield azionabile a piacimento, come parte della stampa sembra suggerire (non anche la dottrina).

Il settore bancario e quello assicurativo sono assoggettati al regime golden power dal D.L. 8 aprile 2020 n. 23 in quanto espressamente ricondotti nel perimetro delle infrastrutture finanziarie previste dal Regolamento UE 2019/452, a conferma di recenti interpretazioni della dottrina (Alvaro, Lamandini, Police, Tarola, 2019). L’art. 15. 1 del D.L. applica dunque anche a banche e assicurazioni l’obbligo di notifica di operazioni che determinano l’insediamento stabile nell’Unione a seguito dell’acquisizione di controllo da parte di soggetti extra-UE, (art. 2.5 d.l. 21/12). Per tali devono intendersi, ora, i soggetti che pure stabilitisi nell’Unione siano controllati da un soggetto extra-UE (teoria del gruppo, estremizzata). La contraddizione non è apparente ma può essere superata in via interpretativa.

In via transitoria sino al 31 dicembre 2020 e al solo fine di contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, si applica, anche a banche e assicurazioni, l’obbligo di notifica di cui all’art. 2.2 d.l. 21/12, (atti che modifichino la titolarità, il controllo o la disponibilità degli attivi o ne modifichino la destinazione), nonché l’obbligo di notifica ex art. 2.5 d.l. 21/12, per i casi di acquisizione di controllo anche da imprese UE, anche partecipate da Stati membri, nonché in caso di superamento della soglia del 10% (con obbligo di notifica successiva al superamento delle soglie del 15%, 20% e 25%) per soggetti extra-UE.

Si applica anche a banche e assicurazioni con azionariato particolarmente diffuso la soglia ridotta del 5% come onere per la comunicazione ai fini dell’esercizio della vigilanza CONSOB.

La valutazione del governo circa la minaccia alla sicurezza e all’ordine pubblico, che in quanto eccezione alla libertà di circolazione e stabilimento è soggetta a interpretazione restrittiva, integra gli elementi di trasparenza che vengono forniti a CONSOB al raggiungimento delle soglie, ora peraltro transitoriamente ridotte. La completezza e il merito di queste informazioni consentono infatti al governo da un lato di compiere una valutazione complessiva piena e dall’altro di elaborare un’argomentazione esaustiva in caso di esercizio del potere (veto o misura, comportamentale o strutturale) idonea a superare l’eventuale sindacato, con rito abbreviato, del TAR Lazio.

In questo senso la disciplina sulla trasparenza diventa strumentale (anche) al corretto esercizio del golden power, conforme a quel principio di proporzionalità inversa tra trasparenza dell’investimento e diritto dello stato ospite di condizionarlo, proposto dalla dottrina (in Italia, Bassan 2009).

Ulteriore strumento di chiarezza quanto all’esercizio dei poteri, e di trasparenza per il mercato, è costituito dai regolamenti attuativi del d.l.21/12, attualmente in corso di finalizzazione, che definiranno, ora anche per banche e assicurazioni, i beni e i rapporti di rilevanza strategica di interesse nazionale per la verifica di sussistenza di un pericolo per la sicurezza o l’ordine pubblico, ulteriori rispetto a quelli indicati dal Regolamento UE 2019/452. La pubblicazione di questi decreti consentirà ragionevolmente di superare un equivoco di fondo, chiarendo la distinzione tra settori strategici e beni e rapporti di rilevanza strategica.

E’ bene infatti chiarire un punto. Diversamente da quanto previsto dal Regolamento UE e da quanto sviluppato in altri paesi UE, in Italia abbiamo creato una ‘matrice golden power’: da un lato i settori strategici, verticali, dall’altro i beni e i rapporti di rilevanza strategica, orizzontali, in quanto intersettoriali. Al contrario, il Regolamento UE 2019/452, che disciplina il ‘golden power europeo’ non indica settori di applicazione e si concentra sui soli criteri intersettoriali. Ne consegue che rispetto alla disciplina europea, la matrice italiana è rigida, poiché riduce la flessibilità del Regolamento insita nell’elencazione di beni, attivi, rapporti, aggiungendovi l’elencazione dei settori in cui questi possono essere valutati ai fini dell’esercizio del golden power. Di qui la necessità ora, di chiarire che i settori bancario e assicurativo rientrano nel perimetro in cui i servizi finanziari del Regolamento UE possono essere valutati. Precisazione che, in assenza di elencazione settoriale, non sarebbe stata necessaria.

Ora, il Regolamento UE 2019/452 è direttamente applicabile, ma non self-executing: le norme applicative spettano agli Stati membri. Indica beni e attività di rilevanza strategica, non i settori strategici, sulla base di un’impostazione di fondo diversa da quella che ha ispirato il golden power italiano. Trova applicazione per gli investimenti diretti esteri, non anche per quelli di portafoglio: questione di competenze – europea ed esclusiva la prima, nazionale la seconda – che separano in astratto in modo apparentemente oggettivo due mondi distinti in concreto spesso solo dall’intenzione dell’investitore. Definisce una disciplina stabile, non prevede deroghe in via d’urgenza. Dettagli, ma non irrilevanti perché al Regolamento UE, nuovo parametro di legittimità, la norma dei giorni scorsi fa rinvio diretto.

Una conseguenza, esemplificativa: il carattere transitorio dei vincoli più restrittivi introdotti con il D.L. 8 aprile 2020 (applicabili sino al 31 dicembre 2020, data compatibile con futuri decreti ‘milleproroghe’), chiaramente funzionale all’emergenza pandemica, può essere ritenuto conforme al principio di proporzionalità adottato dal legislatore, da un lato nel differenziare la rigidità dei vincoli tra soggetti UE e soggetti extra-UE (da interpretarsi sulla base di quanto detto) e dall’altro nell’imporre, in deroga alle libertà di circolazione e stabilimento, vincoli anche ai primi. Vincoli legittimi solo in quanto applicati in via transitoria e strumentali a combattere gli effetti della pandemia. Ma la valutazione di legittimità, per tutti i casi di investimenti diretti esteri e dunque di cambio del controllo, sarà non solo del governo italiano ma anche della Commissione europea, che si esprimerà con un parere. Situazione complessa, quando il controllo sarà acquisito da un soggetto UE.

Due prime osservazioni conclusive. La prima: alla trasformazione funzionale del golden power in golden shield ha contribuito un equivoco di fondo. E’ vero infatti che nel diritto internazionale l’interesse e la sicurezza nazionali sono self-judged: ogni Stato sovrano ne decide liberamente perimetro, contenuto e limiti (confermato dai Trattati: art. 4.2 TUE e 346 TFUE). Ma è anche vero che proprio questa è la discrezionalità che la disciplina sul golden power intende limitare mediante norme sostanziali e procedure. Il potere speciale può essere esercitato dal governo, nei settori bancario e assicurativo, solo nel caso di ‘una situazione eccezionale, non disciplinata dalla normativa nazionale ed europea di settore di minaccia di grave pregiudizio per gli interessi pubblici relativi alla sicurezza e al funzionamento delle reti e degli impianti e alla continuità degli approvvigionamenti’. E’ auspicabile che i d.p.c.m. in corso di finalizzazione integrino elenchi ampi di beni, attivi, rapporti strumentali agli interessi pubblici e meritevoli di tutela anche nei settori bancario e assicurativo.

L’azione del governo – che ora può agire anche in via d’ufficio, in assenza di notifica, come anche, sul versante della trasparenza, la CONSOB – può consistere, nei casi estremi, nell’opposizione all’acquisto di una partecipazione di controllo da parte di un soggetto esterno all’Unione europea, o nel condizionare l’efficacia dell’acquisto all’assunzione di impegni diretti a garantire la tutela degli interessi essenziali dello Stato (misure comportamentali o strutturali, in una scala di proporzionalità). Solo in via transitoria e strumentale alla crisi pandemica, potere di veto e misure si estendono al controllo esercitato da un soggetto UE e al superamento di soglie minime (5%) da parte di soggetto extra-UE.

Una seconda osservazione. L’indicazione di ‘liste di settori’ adottata in Italia è considerata, nella prassi internazionale degli investimenti esteri, una delle opzioni meno efficaci, se intesa come misura di protezione. Si risolve spesso in un elenco integrato ogni volta in via d’urgenza (ieri la crisi finanziaria, oggi quella pandemica, domani quella climatica), sino a coprire una parte così ampia dell’attività produttiva nazionale da essere facilmente contrastato, nelle sedi giudiziarie nazionali e internazionali, in base al principio di proporzionalità (Bassan 2011). La scelta dell’Unione europea è stata diversa.

Sulla base di tutto ciò, è auspicabile che, in una fase non più emergenziale, si ponga mano in modo strutturale alla disciplina del golden power, in questa direzione. Si precisi la distinzione tra investimenti diretti esteri e investimenti di portafoglio; sui primi trova applicazione il Regolamento UE, che può essere integrato dagli Stati membri (anche con d.p.c.m.); sui secondi lo Stato può agire con maggiore libertà. E’ la distinzione implicitamente già riconosciuta dalla normativa vigente in Italia, esemplificata dalla differente notifica ex art. 2.2 e art. 2.5 del D.L. 21/2012.

Si elimini il riferimento ai settori, che (come ogni lista in deroga deve essere esaustiva) irrigidisce in modo inutile e pericoloso il potere di intervento, e si precisino i beni, le attività e gli attivi strategici, che in quanto strumentali sono per definizione intersettoriali, nonché le infrastrutture e le tecnologie critiche, i criteri per la sicurezza negli approvvigionamenti (tema di particolare attualità, purtroppo). I d.p.c.m. in fase di finalizzazione sono idonei (anche) a tal fine.

Si rafforzino – come fatto ora, sia pur in via transitoria – le norme in materia di trasparenza, che agevolano la valutazione del governo circa la necessità di tutelare sicurezza e ordine pubblico e rafforzano la decisione nell’ottica del sindacato giurisdizionale.

Si rafforzi, nella prassi, la relazione di proporzionalità inversa tra utilizzo del golden power e trasparenza, dell’investimento e dell’investitore, e finalità dell’investimento, relazione cui si è iniziato ad accennare con il riferimento ai criteri di valutazione che integrano i principi di democrazia e dello stato di diritto del paese extra-UE di cui l’investitore ha nazionalità.

Questa elasticità è vitale per una norma nata per attrarre investimenti, che viene utilizzata oggi per proteggere il sistema produttivo e finanziario ma che dovrà essere domani di nuovo strumento di apertura (regolata) dei mercati.

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