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Approfondimenti

Distribuzione di prodotti complessi alla clientela retail: le raccomandazioni della Consob

5 Febbraio 2015

Avv. Luciano Morello, Avv. Stefano Finesi, Dott. Sebastiano Gennaro, Hogan Lovells Studio Legale

Di cosa si parla in questo articolo

1. Introduzione

Nel corso degli ultimi anni è progressivamente aumentata in Europa la commercializzazione di prodotti finanziari sofisticati caratterizzati, in alcuni casi, da profili di complessità che potrebbero non consentire agli investitori retail la piena comprensione dei relativi rischi e costi nonché dei potenziali rendimenti (o perdite) connessi a tali prodotti.

Al fine di mitigare il rischio di asimmetrie informative, la distribuzione di tali prodotti “complessi” è stata recentemente oggetto di particolare attenzione da parte delle autorità di vigilanza a livello comunitario e nazionale.

In particolare, in ambito comunitario, diverse sono le misure che saranno implementate a seguito dell’entrata in vigore della Direttiva 2014/65/UE (c.d. “MiFID 2”), del Regolamento (UE) 600/2014 (c.d. “MiFIR) e delle relative misure di esecuzione, quali l’obbligo di conformarsi a specifiche disposizioni di product governance da parte degli intermediari e la possibilità di ricorrere alla c.d. product intervention da parte delle autorità europee e nazionali.

Nelle more dell’approvazione della MiFID 2, l’European Securities and Markets Authority (ESMA) è intervenuta, tramite la pubblicazione di due opinions, al fine di delineare (i) i presidi, le cautele e le attività necessarie per la cura degli interessi degli investitori retail da parte degli intermediari nella distribuzione di prodotti complessi[1] e (ii) le good practices cui devono attenersi sia i produttori che i distributori nel processo di ideazione e commercializzazione dei prodotti strutturati[2].

Sulla scia degli sviluppi a livello comunitario e in linea di continuità con gli approcci di vigilanza maturati in ambito nazionale, in data 22 dicembre 2014 la CONSOB ha pubblicato la Comunicazione n. 0097996/14 sulla distribuzione di prodotti finanziari complessi ai clienti retail (la “Comunicazione”), all’esito di una consultazione iniziata il 28 maggio 2014 (la “Consultazione”).

Nella Comunicazione, conformemente a quanto riportato nell’opinion ESMA del 7 febbraio 2014, CONSOB ribadisce l’importanza della due diligence effettuata dall’intermediario su tutti i prodotti complessi che intende offrire alla clientela retail sia nei processi di design e sviluppo che di successiva commercializzazione degli stessi.

Si sottolinea, in particolare, la necessità per l’intermediario, a seguito di tale due diligence, di non raccomandare né vendere quei prodotti che (i) non potranno mai soddisfare gli interessi dei propri clienti; o (ii) non forniscono informazioni sufficienti a valutarne le principali caratteristiche e rischi.

CONSOB individua in proposito, a titolo esemplificativo, un elenco di prodotti ritenuti, a suo giudizio e sulla base delle esperienze di vigilanza maturate, a “complessità molto elevata”, distinguendo (al suo interno) due gruppi di prodotti che richiedono presidi differenti in caso di ditribuzione agli investitori retail.

2. Prodotti a complessità molto elevata distribuibili alla clientela retail con determinate cautele

È bene notare come ci sia stato un certo ridimensionamento, rispetto alla posizione più restrittiva assunta dalla Commissione in sede di Consultazione. Infatti, pur classificando tutti i prodotti nell’elenco come prodotti “a complessità molto elevata”, CONSOB si limita a raccomandare agli intermediari di prestare “un’attenzione rafforzata”[3] per alcuni prodotti contenuti nell’elenco e, più precisamente per i seguenti:

  • strumenti finanziari derivati[4] tra cui, inter alia, i contratti di opzione, futures, swaps e altri accordi per scambi futuri di tassi di interesse e merci, strumenti derivati per il trasferimento del rischio di credito e contratti finanziari differenziali, ad esclusione di quelli con finalità diverse da quelle di copertura;
  • prodotti finanziari con pay-off legati ad indici che non rispettano gli Orientamenti ESMA relativi agli ETF o ad altri OICVM[5];
  • obbligazioni perpetue;
  • OICR c.d. alternative[6];
  • prodotti finanziari strutturati che non prevedono l’integrale restituzione del capitale (ossia a capitale non interamente e incondizionatamente protetto), negoziati in trading venues[7];
  • prodotti finanziari con leva maggiore di 1 (inclusi i prodotti che consentono di assumere posizioni “short” anche se a replica perfetta); e
  • UCITS strutturati, nonché le polizze di ramo III (prodotti unit linked o index linked) o V (prodotti di pura capitalizzazione) con analoghe caratteristiche.

Relativamente alla distribuzione dei prodotti appena citati, non si prevedono oneri più gravosi a carico degli intermediari – come sembrava invece prospettarsi nell’ambito della Consultazione[8] – e non sembrano esservi discostamenti da quanto già indicato dalle opinion dell’ESMA. In relazione a tali prodotti la Comunicazione si limita a richiedere agli intermediari di effettuare adeguate valutazioni e di prestare una “attenzione rafforzata”. In particolare:

  1. gli accordi conclusi tra emittente e collocatore dovranno essere articolati in modo tale da ridurre al minimo i conflitti di interesse legati all’offerta;
  2. le metodologie utilizzate per la mappatura dei prodotti devono consentire l’effettiva rilevazione di ogni profilo di complessità nonché dei costi;
  3. la profilatura della clientela deve basarsi su informazioni dettagliate e oggettive, ricavate anche mediante tecniche “indirette” al fine di valutare l’esperienza del cliente e la sua propensione al rischio nel modo più accurato possibile, evitando la mera autovalutazione da parte del cliente;
  4. al fine di favorire la diversificazione, l’intermediario dovrà applicare stringenti limiti di concentrazione patrimoniali in relazione al singolo cliente;
  5. l’informativa da fornire alla clientela dovrà contenere una rappresentazione puntuale, chiara e semplice, di ogni costo, anche implicito, nonché del rischio di credito, del rischio di mercato e del rischio di liquidità e di ogni altra tipologia di rischio connesso al prodotto.

3. Prodotti a complessità molto elevata non adatti alla clientela retail

Più rigida la posizione di CONSOB, e conseguentemente più elevati – se non fortemente disincentivanti – i presidi richiesti, in relazione ai seguenti prodotti:

  • prodotti finanziari derivanti da operazioni di cartolarizzazione di crediti o di altre attività (ad esempio Asset Backed Securities);
  • prodotti finanziari per i quali, al verificarsi di determinate condizioni o su iniziativa dell’emittente, sia prevista la conversione in azioni o la decurtazione del valore nominale (ad esempio Contingent Convertible Notes, prodotti finanziari qualificabili come additional tier 1 ai sensi del Regolamento UE 575/2013 (c.d. CRR) relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento);
  • prodotti finanziari credit linked (che siano quotati o meno) esposti al rischio di credito di soggetti terzi;
  • strumenti finanziari derivati[9] (tra cui, inter alia, i contratti di opzione, futures, swaps e altri accordi per scambi futuri di tassi di interesse e merci, strumenti derivati per il trasferimento del rischio di credito e contratti finanziari differenziali), con finalità diverse da quelle di copertura, non negoziati in trading venues;
  • prodotti finanziari strutturati che non prevedono l’integrale restituzione del capitale (ossia a capitale non interamente e incondizionatamente protetto), non negoziati in trading venues.

Poiché il basso livello di esperienza e conoscenza dei clienti al dettaglio non consentirebbe, di fatto, una comprensione adeguata delle caratteristiche, dei rischi e delle conseguenze di un investimento negli stessi, CONSOB raccomanda che tali prodotti non siano consigliati né distribuiti in via diretta alla clientela retail, nemmeno nell’ambito di servizi esecutivi, assistiti o meno dalla consulenza “base”, con la sola eccezione dei servizi di gestione (individuale o collettivo)[10].

Tuttavia, qualora l’intermediario ritenga che il prodotto si presti a soddisfare gli interessi della propria clientela e siano disponibili informazioni sufficienti a valutarne le caratteristiche e i rischi, questo potrà comunque disattendere la raccomandazione, sotto la propria responsabilità. In tal caso è però opportuno, secondo la Commissione:

  1. prevedere la formale adozione, da parte dei vertici aziendali dell’intermediario, di una specifica e motivata decisione sulla commercializzazione di tali prodotti[11];
  2. escludere del tutto l’erogazione di incentivi al personale correlati alla distribuzione di tali prodotti;
  3. informare il cliente circa il fatto che la CONSOB non ritiene il prodotto adatto alla clientela al dettaglio[12];
  4. predisporre presidi di controllo sostanziali e specifici, nel continuo e ad ogni livello (con particolare riguardo al monitoraggio da parte della funzione di compliance), in relazione all’offerta ai clienti.

4. La nozione di Complessità

L’elenco fornito dalla CONSOB, allegato alla Comunicazione, è da considerarsi meramente esemplificativo e non toglie all’intermediario la possibilità di individuare prodotti con livelli di complessità analoghi o superiori.

In tale prospettiva, negli esiti della Consultazione, la Commissione ha ribadito, richiamando recenti documenti pubblicati a livello internazionale nonché normative comunitarie e nazionali, che l’individuazione della complessità di un prodotto non possa essere ricondotta a criteri legati al solo numero delle componenti derivative, ma debba risultare da una valutazione più ampia, basata sulla determinazione di fattori quali:

  1. la presenza di elementi opzionali e/o c.d. “effetto leva” nella formula di determinazione del pay-off del prodotto finanziario;
  2. la limitata osservabilità del sottostante – con particolare riferimento agli indici proprietari, ad attività non scambiate in mercati trasparenti, a portafogli di crediti cartolarizzati; e
  3. l’illiquidità ovvero la difficoltà di liquidabilità dell’investimento. In relazione a tale ultimo punto è bene notare come la Comunicazione de quo si ponga in linea di continuità con la Comunicazione n. 9019104 del 2 marzo 2009 su “Il dovere dell’intermediario di comportarsi con correttezza e trasparenza in sede di distribuzione di prodotti finanziari illiquidi”.

5. Conclusioni

A differenza delle misure precedentemente prospettate nella Consultazione, poco sembra cambiare per la commercializzazione di quei prodotti a complessità molto elevata ma distribuibili alla clientela retail, per i quali è infatti previsto un mero rinvio alle misure precauzionali e ai presidi già stabiliti dall’ESMA (e che la CONSOB distingue, invece, da quelli “non normalmente adatti alla clientela al dettaglio”).

Per i prodotti classificati a complessità molto elevata e non normalmente adatti alla clientela retail, CONSOB introduce invece misure volte a disincentivarne la distribuzione, incentrando la responsabilità in capo all’intermediario. La Comunicazione non intende sostanziarsi in un’anticipazione dei poteri di product intervention ai sensi del MiFIR, mirando piuttosto a richiamare l’attenzione degli intermediari in merito ai presidi da implementare per la distribuzione dei prodotti complessi.

Si fa per altro presente che, come chiarito negli esiti della Consultazione, le indicazioni fornite agli intermediari hanno natura di raccomandazione e costituiscono “declinazioni di dettaglio di principi generali già previsti dalla normativa vigente”, pertanto, la Commissione non ritiene necessaria la loro trasposizione in modifiche regolamentari lasciando liberi gli intermediari dotati di presidi rinforzati, di decidere se e come conformarsi. In proposito, non va comunque trascurato l’inciso secondo cui “le decisioni in merito assunte dagli intermediari contribuiranno ad orientare le azioni di vigilanza dell’Istituto”.

Le decisioni degli intermediari relative ai prodotti menzionati nella Comunicazione – con particolare riferimento alla policy, ai presidi adottati e alle attività di controllo – dovranno essere assunte dagli intermediari nel più breve tempo possibile e in ogni caso non oltre il 30 giugno 2015, e dovrà esserne data informativa nell’ambito delle comunicazioni periodiche dovute dagli intermediari alla CONSOB.


[1] Cfr. ESMA, Opinion, MiFID practices for firms selling complex products, ESMA/2014/146, 7 February 2014.

[2] Cfr. ESMA, Opinion, Structured Retail Products – Good practices for product governance arrangements, ESMA/2014/332, 27 March 2014.

[3] Fermi restando i presidi indicati dall’ESMA.

[4] Nello specifico, gli strumenti finanziari di cui all’art. 1, comma 2, lettere da d) a j) del TUF.

[5] Si fa riferimento agli Orientamenti su questioni relative agli ETF e ad altri OICVM, dell’ESMA del 18 dicembre 2012.

[6] Come chiarito negli esiti della Consultazione, s’intendono inclusi tutti gli OICR alternative, a prescindere dalle politiche di investimento, al fine di assicurare uniformità di applicazione, dal momento che tali prodotti, in base alla Direttiva 2011/61/UE sono destinati solitamente ad operatori istituzionali.

[7] Ossia in mercati regolamentati, sistemi multilaterali di negoziazione e internalizzatori sistematici.

[8] Basti pensare che la Consultazione suggeriva, inter alia, che tutti i prodotti classificati come “a elevata complessità” fossero distribuiti solo nell’ambito di un servizio di consulenza c.d. evoluta.

[9] Per il relativo riferimento normativo, si rinvia alla nota 4.

[10] In tale ultimo caso, infatti, le scelte di investimento, se effettuate da un intermediario dotato di competenze specifiche, attenuano la necessità di comprensione da parte del cliente di tutte le caratteristiche relative ai singoli prodotti. In tal senso si era espressa anche l’ESMA, cfr. gli “Orientamenti su alcuni aspetti dei requisiti di adeguatezza della direttiva MiFID” ESMA/2012/387, 25 giugno 2012, punto 35 b).

[11] Ai fini di tale decisione dovranno essere definiti ex ante specifici limiti d’investimento per la clientela attuale e potenziale con riguardo a (i) caratteristiche socio-economiche del cliente (es. grado di competenza, età, patrimonio); (ii) soglie quantitative (es. soglie minime/massime di investimento); (iii) modalità di offerta (es. utilizzo del solo canale on line, abbinamento con servizio di consulenza ad alto valore aggiunto (c.d. consulenza avanzata o evoluta) che preveda anche il monitoraggio periodico del portafoglio, il riesame dell’adeguatezza, l’interazione con il cliente sulla scorta delle ridette analisi, la motivazione dei consigli forniti).

[12] Non sono tuttavia precisate le modalità di tale informativa.

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