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Approfondimenti

Beneficiario effettivo, abuso del diritto e costruzioni artificiose nell’ambito delle Direttive Madre – figlia e Interessi Royalties

26 Marzo 2018

Giacomo Ficai e Alessia Vignudelli, Studio Tributario Associato Facchini Rossi & Soci

Di cosa si parla in questo articolo

In data 1° marzo 2018, l’Avvocato Generale della Corte di Giustizia UE (di seguito, l’“AG”) ha presentato le proprie conclusioni nell’ambito di diverse cause riguardanti le Direttive 2003/49/CE (di seguito, la “Direttiva Interessi–Royalties” o “DIR”) e 2011/96/UE (di seguito, la “Direttiva Madre–Figlia” o “DMF”)[1].

Ponendo riferimento in questa sede solo alle conclusioni relative alle cause C – 115/16 e C – 119/16 (quanto alla Direttiva Interessi–Royalties) e alle cause C – 116/16 e C – 117/16 (quanto alla Direttiva Madre–Figlia), si nota che tali controversie traggono origine dalla contestazione, da parte dell’Amministrazione finanziaria danese, dell’applicabilità dell’esenzione da ritenuta alla fonte prevista dalle predette Direttive, ai flussi di interessi e dividendi pagati da società danesi (di seguito, “Danco”) a società intermedie ubicate in altri Stati Membri dell’UE (di seguito, “Midco”), che trasferivano (in tutto o per la maggior parte) i dividendi/interessi ai propri controllanti, ovvero fondi d’investimento o società residenti in Stati non Membri dell’UE (di seguito, “Topco”)[2]. In particolare, secondo l’Autorità tributaria danese, le Midco non potevano essere considerate beneficiare effettive dei flussi in parola e, pertanto, gli interessi/dividendi pagati dalle Danco avrebbero dovuto essere assoggettati a ritenuta alla fonte in Danimarca.

Le suddette conclusioni, pur non essendo vincolanti per i Giudici della Corte di Giustizia, presentano molteplici profili di interesse sia in considerazione delle fattispecie oggetto delle stesse e dei diversi quesiti sottoposti dai Giudici danesi alla Corte, sia alla luce di alcune recenti pronunce della medesima Corte di Giustizia[3].

Ciò premesso, nel prosieguo si illustreranno sinteticamente (e senza alcuna pretesa di esaustività) talune considerazioni formulate dall’AG in merito alle seguenti tematiche:

  • la nozione di beneficiario effettivo rilevante ai fini della Direttiva Interessi–Royalties, l’eventuale rilevanza di tale concetto anche ai fini della Direttiva Madre–Figlia, ed il rapporto con la nozione di beneficiario effettivo contenuta negli artt. 10 e 11 del Modello di Convenzione OCSE contro la doppia imposizione e nel relativo Commentario;
  • i requisiti necessari per ritenere sussistente, nei casi in parola, l’abuso del diritto.

Sul Beneficiario effettivo

Con riferimento alla definizione di beneficiario effettivo prevista nella Direttiva Interessi–Royalties[4], l’AG ha osservato quanto segue:

  • la nozione in parola deve essere interpretata autonomamente, ossia basandosi esclusivamente sul diritto dell’Unione e, pertanto, indipendentemente da quanto disposto dall’art. 11 del Modello di Convenzione OCSE del 1977 e dal relativo Commentario;
  • ai fini della DIR il beneficiario effettivo degli interessi è, in linea di principio, colui che è legittimato in forza del diritto civile ad esigere il pagamento degli stessi. Come si desumea contrario dalle esclusioni previste al par. 4 dell’art. 1 della predetta Direttiva, nella misura in cui il beneficiario degli interessi li riscuota in nome proprio e per proprio conto (vale a dire in qualità di beneficiario finale), questi è anche il beneficiario effettivo degli stessi. Nel caso delle persone ivi menzionate, infatti, il diritto o non viene fatto valere in nome proprio (così nel caso dell’agente o del delegato) oppure viene fatto valere in nome proprio, ma non per proprio conto (così nel caso del fiduciario)[5];
  • posto che nelle fattispecie esaminate le Midco hanno ricevuto gli interessi in nome proprio (essendo beneficiarie degli stessi sotto il profilo civilistico), occorre valutare se tali entità hanno ricevuto gli interessi per proprio conto o per conto altrui. In proposito, l’AG ritiene che agisca per proprio conto “… colui che può decidere da solo in merito all’impiego degli interessi e sopporta altresì da solo il rischio di perdita. Per contro, agisce per conto altrui colui che è vincolato nei confronti di un terzo in misura tale che è il terzo stesso a sopportare, in ultima analisi, il rischio di perdita (nella specie, degli interessi)”[6];
  • al fine di valutare se un soggetto riceve gli interessi per conto proprio o altrui, assume rilevanza non solo un vincolo fiduciario di carattere palese, ma anche un eventuale vincolo fiduciario occulto. Con riferimento all’esistenza di tale vincolo occulto, secondo l’AG[7]:
    – non sono, di per sé, circostanze sufficienti per ritenere sussistente tale vincolo: (i) la stipula del finanziamento tra soggetti appartenenti al medesimo gruppo; (ii) l’utilizzo di capitale proprio per l’erogazione del finanziamento; (iii) la capitalizzazione degli interessi o la conversione degli stessi in capitale proprio presso il beneficiario;
    – possono, invece, deporre nel senso dell’esistenza di un vincolo fiduciario occulto le seguenti circostanze: (i) la mancata generazione di costi autonomi da parte delle Midco; (ii) l’obbligo in capo alle Midco di trasferire direttamente e in totoa terzi gli interessi percepiti; (iii) l’identità dei finanziamenti attivi e passivi intercorrenti tra le Midco, Topco e Danco, in termini, ad esempio, di ammontare erogato e tasso d’interesse; (iv) il fatto che il rischio di insolvenza della Danco gravi, sostanzialmente, sulla sola Topco, come potrebbe accadere, ad esempio, in presenza di clausole contrattuali che prevedano l’estinzione automatica del finanziamento concesso da Topco a Midco in caso di default di Danco.

Per quanto concerne, invece, la Direttiva Madre–Figlia, l’AG ha affermato che in linea di principio tutte le corresponsioni di dividendi da una società figlia alla società madre, che possieda i requisiti richiesti dall’art. 2 di tale Direttiva, rientrano nell’ambito di applicazione della stessa[8], essendo in proposito irrilevante[9]:

  • sia la nozione di beneficiario effettivo di cui all’art. 10 del Modello di Convenzione OCSE contro la doppia imposizione;
  • sia la nozione di beneficiario effettivo rilevante ai fini della DIR. Ciò in quanto la Direttiva Madre–Figlia segue un approccio diverso dalla Direttiva Interessi–Royalties, e pertanto volutamente non utilizza la nozione di beneficiario effettivo.

Sull’abuso del diritto

Con riferimento all’individuazione di un eventuale abuso del diritto nelle fattispecie esaminate, l’AG ha innanzitutto osservato che, sulla base della giurisprudenza della Corte e delle recenti modifiche normative[10]:

  • in ambito comunitario viene negato a priori il riconoscimento a costruzioni meramente artificiose le quali, essendo prive di effettività economica esistono “…in fin dei conti solo sulla carta”[11];
  • inoltre, una costruzione fiscale abusiva può sussistere anche ove una costruzione esistente sotto il profilo economico (ovvero, non artificiosa), sia stata costituita al solo fine di ottenere un vantaggio fiscale.

Sull’artificiosità delle strutture

Ciò premesso, per quanto concerne la sussistenza di una costruzione meramente artificiosa l’AG, anche alla luce di quanto recentemente affermato dalla Corte di Giustizia[12], ha evidenziato in primo luogo che la valutazione dell’effettività economica di una costruzione, nel caso di soggetti che svolgono attività di gestione patrimoniale (ad esempio di crediti o partecipazioni) dovrebbe essere subordinata a requisiti poco rigorosi, in quanto tali società svolgono (possono svolgere) di per sé poche attività.

Ne consegue che:

  • qualora “…sussista effettivamente una valida costituzione, la società sia effettivamente raggiungibile presso la propria sede e disponga in loco delle corrispondenti risorse materiali e personali al fine di realizzare i propri obiettivi (nella specie, la gestione di un contratto di mutuo), non si può parlare di una costruzione priva di qualsiasi effettività economica”[13];
  • diversamente, ove “…una società validamente costituita non disponga neanche più, in loco, delle corrispondenti risorse materiali e personali al fine di realizzare, con i propri mezzi, i propri obiettivi (nella specie, la gestione di un contratto di finanziamento) e non sia destinata a generare i redditi a ciò necessari, si può senz’altro parlare di una costruzione priva di qualsiasi effettività economica”. Invero, “Due persone giuridiche a tal punto passive che qualsiasi ipotizzabile partecipazione ai rapporti giuridici avviene al massimo tramite terzi; che non svolgono attività proprie e che non generano pertanto redditi e costi propri, possono senz’altro essere definite, a mio avviso, costruzioni meramente artificiose”[14].

In proposito, l’AG ha menzionato diverse circostanze che possono assumere rilevanza al fine di valutare il carattere artificioso o meno di una struttura; in particolare si nota che:

  • nelle conclusioni C – 115/16 sono state positivamente valorizzate le seguenti caratteristiche delle Midco: “…l’effettiva esistenza di uffici, dipendenti e costi di gestione a sei cifre. Sono stati, infatti, effettivamente impiegati a tempo parziale da uno a due dipendenti. Le società hanno anche operato concretamente ponendo in essere rapporti giuridici, essendo stati generati costi di importo rilevante per consulenze, locazioni, notai, contabilità (ad es.: EUR 7 810 per le retribuzioni, EUR 3 253 per locazioni e locali, EUR 300 per spese telefoniche, EUR 174 579 per onorari di avvocato, nonché EUR 15 000 per contabilità e revisione contabile)” (cfr. punto 65). Ad avviso dell’AG, tale “… ripartizione un po’ peculiare dei costi (costi di locazione e di personale esigui a fronte di costi di consulenza elevati) può essere dovuta alla circostanza che per la gestione di un unico finanziamento sono necessari pochi uffici e pochi dipendenti”;
  • diversamente, nelle conclusioni C – 119/16, l’AG ha rilevato che le Midco, “… non possedevano dipendenti, né uffici né numeri telefonici distinti. La loro corrispondenza veniva disbrigata da tre dipendenti di una terza società. Di conseguenza, tali società non avevano né costi di personale né costi per l’uso degli uffici. Inoltre, neanche la gestione patrimoniale…” generava un reddito autonomo. Pertanto, tutto l’insieme “…risulta estremamente artificioso. In circostanze del genere, una persona fisica avrebbe da tempo cessato la propria attività economica” (cfr. punto 65);
  • con specifico riferimento alla Direttiva Madre–Figlia, oltre agli elementi sopra rappresentati, l’AG, nelle conclusioni C – 116/16, ha altresì evidenziato che non sono di per sé indicative del carattere artificioso della struttura né la successiva distribuzione dei dividendi dalla Midco alla Topco[15], né la presenza di soggetti residenti in Stati non Membri dell’UE tra i controllanti diretti o indiretti della Midco[16].

Sulla sussistenza dell’Abuso in assenza di costruzioni artificiose

Ciò posto, l’AG ha osservato che, anche ove una costruzione non sia artificiosa (cioè esistente solo sulla carta), è comunque possibile che la stessa possa essere considerata abusiva ai fini fiscali: ciò può verificarsi, in particolare, ove la costituzione della stessa abbia il solo scopo di beneficiare dei vantaggi fiscali garantiti dalle predette direttive. In proposito, l’AG ha rilevato quanto segue:

  • la scelta di strutturare un’operazione in modo tale da poter usufruire dei benefici fiscali concessi da uno Stato Membro – nei casi di specie rappresentati dalla rinuncia dello Stato Membro ad assoggettare a ritenuta alla fonte gli interessi e i dividendi corrisposti dalla Midco a favore delle Topco extra UE, ovvero a non tassare, sostanzialmente, gli interessi in capo alla Midco[17] – non può essere considerata di per sé abusiva. Infatti, se “… già nell’Unione, a causa dell’assenza di armonizzazione delle imposte sui redditi, il diritto dell’Unione consente una concorrenza fiscale fra gli Stati membri, ad un contribuente non può essere contestato di essersi effettivamente avvalso anche in concreto (vale a dire non solo sulla carta), dei vantaggi connessi all’ubicazione offerti da singoli Stati membri” (cfr. punto 71 delle conclusioni C – 116/16);
  • inoltre, la circostanza che le Midco siano controllate, direttamente o indirettamente, da soggetti residenti in stati extra UE, ovvero che le stesse corrispondano interessi a soggetti consociati residenti in Stati non Membri dell’UE, non può far ritenere, di per sé, abusiva un’operazione: ciò in relazione sia alla Direttiva Madre–Figlia[18], sia alla Direttiva Interessi–Royalties[19];
  • al fine della valutazione del carattere abusivo occorre porre attenzione anche alla genesi della costruzione sospettata di abusività[20].

Tutto ciò posto, l’AG ha affermato che nei casi in esame la natura abusiva dell’operazione potrebbe essere rappresentata non tanto dall’intervento delle Midco comunitarie, quanto, piuttosto, dallo stabilimento delle Topco in paesi extra UE: in tale ipotesi, infatti, le Topco/i soggetti collocati al di sopra delle stesse (ad esempio, taluni Investitori dei fondi di investimento di cui alle cause C – 115/16 e C – 116/16, e le capogruppo americane USACO di cui alle cause C – 117/16 e C – 119/16), potrebbero sfruttare la collocazione delle Topco in Paesi non collaborativi sotto il profilo dello scambio di informazioni fiscali per evitare che i rispettivi Stati di insediamento abbiano conoscenza della percezione da parte degli stessi degli interessi/dividendi di fonte danese e, in questo modo, evitare l’assoggettamento ad imposizione di tali redditi nel proprio Stato di residenza[21].

In considerazione degli elementi rilevanti ai fini della sussistenza dell’abuso, l’AG ha infine precisato che, nel caso in cui uno Stato Membro intenda negare l’applicazione dell’esenzione facendo leva sull’assenza in capo ad un soggetto del requisito della qualifica di beneficiario effettivo, tale Stato dovrà altresì indicare quello che ritiene essere il beneficiario effettivo: ciò al fine di consentire l’effettuazione della comparazione tra il regime tributario applicabile in caso di costruzione normale (ad esempio, corresponsione diretta dei dividendi/interessi da Danco alle Topco ovvero, nel caso in cui queste ultime siano soggetti trasparenti ai fini fiscali/non siano beneficiarie effettive dei flussi, agli Investitori/USACO) e quello riveniente dalla costruzione abusiva. A tal fine, può essere previsto un obbligo di collaborazione rafforzata in capo al contribuente al fine di fornire eventuali informazioni a tal fine necessarie[22].

 


[1] Più precisamente, trattasi:

  • per quanto riguarda la Direttiva Interessi–Royalties, delle cause riunite C – 115/16, C – 118/16 e C – 119/16, e della causa C – 299/16;
  • per quanto riguarda la Direttiva Madre–Figlia, delle cause riunite C – 116/16 e C – 117/16.

[2] In particolare, nelle cause C – 115/16 e (presumibilmente) C – 116/16 le Topco sono rappresentate da fondi di investimento situati in Paesi non UE, i cui investitori risiedevano sia in Stati UE che extra UE (di seguito, gli “Investitori”). Tali strutture sono state utilizzate per finanziare l’acquisizione/detenere partecipazioni in società danesi.

Le cause C – 119/16 e C – 117/16, invece, riguardano le strutture di gruppi multinazionali controllati da società americane (di seguito, “USACO”) per il tramite di Topco ubicate in Stati non UE (Isole Cayman e Bermuda).

[3] Cfr., in particolare, le sentenze della Corte di Giustizia UE del 7 settembre 2017, C – 6/16 (Eqiom e Enka) e del 20 dicembre 2017, C – 504/16 e C – 613/16 (Deister Holding Ag – Juhler Holding A/S).

[4] L’art. 1, par. 1, della DIR, prevede che “I pagamenti di interessi … provenienti da uno Stato membro sono esentati da ogni imposta applicata in tale Stato su detti pagamenti, sia tramite ritenuta alla fonte sia previo accertamento fiscale, a condizione che il beneficiario effettivo degli interessi … sia una società di un altro Stato membro …”. Ai sensi del successivo par. 4, “Una società di uno Stato membro è considerata beneficiario effettivo di interessi … soltanto se riceve tali pagamenti in qualità di beneficiaria finale e non di intermediaria, quale agente, delegato o fiduciario di un’altra persona”.

[5] Cfr. punti 37 e 38 delle conclusioni C – 115/16 e C– 119/16.

[6] Cfr. punto 39 delle conclusioni C – 115/16 e C – 119/16.

[7] Cfr. punti 41 – 46 delle cause C – 115/16 e C – 119/16.

[8] In particolare, cfr. punto 46 delle conclusioni C – 116/16, ove l’AG afferma che il “… diritto di percepire i dividendi consegue, in definitiva, dalla posizione societaria quale società madre, la quale può essere ricoperta soltanto in nome proprio. Anche un’attività per conto altrui mi sembra, nella specie, difficilmente ipotizzabile. Essa non può in ogni caso essere desunta unicamente dall’esistenza di una «società capogruppo». Di conseguenza, sono ricompresi, in linea di principio, tutte le corresponsioni di dividendi di una società figlia alla propria società madre residente in un altro Stato membro, qualora la società … soddisfi i requisiti di cui all’articolo 2 della direttiva sulle società madri e figlie” (nello stesso senso, cfr. punto 45 delle conclusioni C – 117/16).

[9] Cfr. punti 78 – 86 conclusioni C – 116/16 e C – 117/16.

[10] Cfr. Direttiva 2016/1164/UE.

[11] Cfr. punto 52 conclusioni C – 116/16, punto 51 conclusioni C – 117/16, punto 64 conclusioni C – 115/16 e C – 119/16.

[12] L’AG richiama in proposito il punto 73 della sentenza della Corte di Giustizia del 20 dicembre 2017, C‑504/16 e C‑613/16 (Deister Holding AG e Juhler Holding A/S), nel quale la Corte ha stabilito che “… la circostanza che l’attività economica della società madre non residente consista nell’amministrazione di beni economici delle sue società figlie o che i redditi di tale società madre derivino esclusivamente da tale amministrazione non può, di per sé, determinare l’esistenza di una costruzione puramente artificiosa, priva di qualsiasi effettività economica. In tale contesto, il fatto che l’amministrazione di beni economici non sia considerata quale attività commerciale nell’ambito dell’imposta sul valore aggiunto è irrilevante, poiché l’imposta oggetto dei procedimenti principali e l’imposta de qua afferiscono ad ambiti giuridici distinti, che perseguono ognuno obiettivi diversi”.

[13] Cfr. punto 67 conclusioni C – 115/16. In senso analogo con riferimento alla Direttiva Madre–Figlia si veda il punto 55 delle conclusioni C – 116/16.

[14] Cfr. punti 67 – 68 conclusioni C – 119/16. In senso analogo con riferimento alla Direttiva Madre–Figlia si vedano i punti 56 e 57 delle conclusioni C – 117/16.

[15] In proposito, l’AG ha affermato che non emerge da alcuna disposizione della Direttiva Madre–Figlia che l’esenzione da ritenuta sia subordinata ad una certa condotta della società madre percipiente dei dividendi circa la successiva distribuzione dei flussi ricevuti e che, peraltro, l’obiettivo di prevenire una doppia imposizione, risulta rafforzato proprio nel caso di una ridistribuzione (cfr. punto 56 conclusioni C – 116/16).

[16] Richiamando la sentenza della Corte di Giustizia UE del 7 settembre 2017, C – 6/16, Eqiom e Enka, punti 27 e seguenti, l’AG ha ribadito come la mera circostanza che la società percettrice dei dividendi sia controllata, direttamente o indirettamente, da un soggetto non residente nell’Unione non possa giustificare la presunzione di una fattispecie abusiva mirata a beneficiare dell’esenzione dalla ritenuta alla fonte (cfr. punti 56-58 delle conclusioni C – 116/16).

[17] In proposito, l’AG (cfr. punto 83 delle conclusioni C – 115/16) ha rilevato che la Direttiva Interessi – Royalties non richiede una tassazione effettiva in capo al percettore degli interessi. Pertanto, anche ove nello Stato di stabilimento gravino sul beneficiario costi di gestione effettivi elevati (oltre a perdite riportate da esercizi precedenti) che non comportano una tassazione concreta, “…tale contribuente resta tuttavia assoggettato all’imposta sulle società e ricade pertanto nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/49, essendo i suoi redditi da interessi conseguentemente tassati «in uno Stato membro». Ciò avviene anche qualora, nello Stato di stabilimento del beneficiario effettivo, l’imposta sulle società sia esigua e la tassazione alla fonte non esista”. Nello stesso senso si vedano i punti 81 e 82 delle conclusioni C – 119/16.

[18] Cfr. punto 65 delle conclusioni C – 116/16 e C – 117/16.

[19] Cfr. punto 75 delle conclusioni C – 115/16 e C – 119/16.

[20] A questo proposito,si vedano i punti 76 – 77 delle conclusioni C – 115/16. In tale caso, in origine il finanziamento per acquistare la società danese era stato concesso da Topco direttamente a Danco, posto che all’epoca la Danimarca non applicava alcuna ritenuta sugli interessi pagati ai non residenti. Successivamente, avendo la Danimarca introdotto una ritenuta alla fonte sugli interessi corrisposti a non residenti, Midco è subentrata a Topco nella posizione di creditore di Danco, divenendo contestualmente debitrice di Topco, in modo tale da evitare – grazie al combinato disposto della Direttiva Interessi e Royalties e della norma interna dello Stato di stabilimento di Midco – l’applicazione di qualsiasi ritenuta sugli interessi corrisposti da Danco. Ad avviso dell’AG, poiché la modifica normativa danese ha cambiato le basi di calcolo economiche dell’originario investimento, il tentativo “… di mantenere le originarie basi di calcolo di una determinata operazione imprenditoriale (nella specie, dell’acquisizione di una società operativa danese con l’ausilio di investitori stranieri) …” non sembra essere abusivo. Infatti, da “… ciascuna impresa ci si attende …che essa effettui i propri calcoli in modo economicamente efficiente”.

[21] Cfr. punti 85 – 90 delle conclusioni C – 115/16 e 83 – 88 delle conclusioni C – 119/16. In senso analogo con riferimento alla Direttiva Madre – Figlia si vedano i punti 72 – 77 delle conclusioni C – 116/16 e 71 – 77 conclusioni C – 117/16.

[22] Con riferimento alla Direttiva Madre – Figlia cfr. punti 87 – 92 conclusioni C – 116/16 e C – 117/16. Con riferimento alla Direttiva Interessi – Royalties cfr. punti 91 – 96 conclusioni C – 115/16 e 89 – 94 conclusioni C – 119/16.

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