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Approfondimenti

La stagione delle SPAC: cenni in merito all’operatività del veicolo e riflessioni di carattere fiscale

27 Marzo 2018

Davide Pellegrini, Dottore Commercialista, MB Associati; Antonio Sgobba, Associate, Mediobanca – Banca di Credito Finanziario S.p.A.

Di cosa si parla in questo articolo

L’articolo è svolto dal dott. Sgobba a titolo personale e non riflette necessariamente la posizione dell’Istituto di appartenenza.

 

1. Premessa

Il termine SPAC (Special Purpose Acquisition Company) identifica quella categoria di veicoli societari costituiti al fine esclusivo di raccogliere, tramite il collocamento e la successiva quotazione dei propri strumenti finanziari sui mercati, capitale di rischio da utilizzare per l’acquisizione, entro un periodo predeterminato (tipicamente non superiore a 24 mesi) una società target con cui dar luogo ad una business combination.

L’intervento della SPAC deve dirsi, in ultima analisi, finalizzato a favorire l’accesso sul mercato regolamentato dei titoli rappresentativi del capitale sociale di società operative, evitando di intraprendere in maniera diretta la fase dell’IPO.

Nel panorama finanziario italiano si registra un interessante fermento intorno a detto veicolo, come dimostrano i capitali raccolti – in particolare negli ultimi 2 anni – attraverso questi strumento.

Lo spunto per svolgere alcune riflessioni di carattere fiscale intorno all’operazione è dato dalla pubblicazione della recente Risoluzione n. 13/E/2018 avente ad oggetto la sorte del consolidato fiscale facente capo alla target a seguito della fusione per incorporazione della medesima nella SPAC.

In chiusura, saranno svolte brevi valutazioni in ordine alla rilevanza del c.d. “bonus quotazione” introdotto dalla Legge di bilancio 2018 rispetto all’ammissione alla negoziazione su mercati regolamentati attuata tramite l’intervento della SPAC.

2. La struttura tipica dell’operazione e il ruolo della SPAC

Orbene, prima di sviluppare riflessioni in merito ai profili fiscali delle operazioni attuate dalla SPAC, appare d’uopo soffermarsi brevemente sulle caratteristiche principali del veicolo in esame.

La SPAC ha fatto la propria comparsa per la prima volta negli USA nel 1985 allorquando, in un contesto di crisi economica globale, gli investitori erano alla ricerca strumenti relativamente semplici con un investment horizon di medio/breve termine e un contenuto profilo di rischio.

Per imbattersi nella prima SPAC di diritto italiano occorrerà attendere il 2011; da allora sono stati raccolti attraverso detto veicolo oltre 3,3 miliardi di Euro[1], dei quali circa 2 miliardi soltanto a partire dallo scorso anno.

In dettaglio, il ciclo di vita della SPAC può essere riassunto in 3 principali fasi, ossia la costituzione, la successiva quotazione e l’effettuazione della business combination.

Procedendo con ordine la fase di costituzione avviene ad opera di soggetti con elevato standing del mondo finanziario, legale ed industriale (c.d. promotori o sponsor), che apportano il capitale iniziale – in una o più tranche – necessario alla gestione operativa ed a far fronte alle spese di preparazione all’IPO.

Il successivo procedimento di quotazione della SPAC segue l’ordinaria procedura di listing (soggetta al c.d. rischio mercato), caratterizzata in primis dalla fase di bookbuilding[2] in cui vengono offerte in sottoscrizione agli investitori istituzionali le azioni della SPAC; in questa fase, alle azioni offerte sono abbinati, il più delle volte a titolo gratuito, anche dei warrant, che saranno successivamente negoziati sullo stesso mercato delle azioni.

Sul punto, a livello statistico, risulta interessante annotare come dal 2011 ad oggi il 77% della SPAC in Italia sono state quotate sul segmento AIM mentre il restante 23% sul MIV.

In virtù dello status di public company, la SPAC deve, quindi, soddisfare i requisiti imposti dall’autorità di controllo della Borsa presso la quale le proprie azioni sono quotate nonché sottostare alla relativa regolamentazione.

Pertanto, al momento dell’accesso ai mercati, i promotori devono redigere a beneficio degli investitori una informativa generale riguardo al tipo di operazione di aggregazione che si intende porre in essere delineando altresì a grandi linee i tratti distintivi della target.

In dettaglio, le politiche d’investimento che permeano la fase di individuazione della target possono contemplare, oltre alla redditività dell’investimento anche criteri quali la sussistenza di un progetto di crescita e sviluppo, la presenza di un management professionale allineato con i sistemi di corportate governance coerenti con le best practices internazionali.

E ancora, nei documenti volti a delineare a beneficio degli investitori la politica di investimento del veicolo, i promotori delineano il range di equity value della target (al fine di quantificare l’investimento) mentre non sono soliti individuare lo specifico settore di appartenenza dell’azienda-obiettivo, salvo escludere tipicamente l’investimento in società operanti nel settore real estate, bancario, finanziario o assicurativo nonché imprese in stato di crisi ed in fase di start-up.

I proventi derivanti dalla quotazione vengono depositati in un conto vincolato (c.d. escrow account) in attesa della business combination da attuarsi (nella maggior parte dei casi) entro 24 mesi; in altri termini, i promotori del veicolo individuano, entro il suddetto orizzonte temporale, una società target, operativa in un determinato settore economico con l’obiettivo di realizzare la business combination utilizzando i proventi del listing.

Come detto, la fase conclusiva del ciclo di vita del veicolo è rappresentata (auspicabilmente) dall’operazione di aggregazione con la target.

Tuttavia, è possibile che la business combination non trovi attuazione e si proceda con la liquidazione del veicolo, dacché la società target non è stata individuata oppure perché è stato esercitato il diritto di recesso da parte dei soci della SPAC in misura superiore ad una percentuale predeterminata (tipicamente superiore al 30%).

A ben vedere questa eventualità, ad oggi, non si è mai verificata nelle SPAC quotate sul mercato italiano, seppur in alcuni casi alcuni investitori si siano avvalsi del diritto di recesso.

In caso di scioglimento della SPAC, occorrerà procedere con la liquidazione dell’attivo e la restituzione agli azionisti – nei limiti consentiti dalle normative di volta in volta applicabili -degli importi da questi investiti e custoditi sul conto vincolato.

Come detto, a tutela degli investitori, la quasi totalità delle somme raccolte dalla SPAC attraverso l’IPO viene conferita in un conto fruttifero aperto presso una banca depositaria indipendente, dove restano depositate fino alla business combination, potendo la SPAC, fino a questo momento, contare per la gestione corrente sulle somme messe a disposizione dai promotori.

Alla luce di quanto esposto appaiono agevolmente sintetizzabili i punti di forza della SPAC che ne stanno sancendo il successo nei confronti degli investitori, tra cui si segnala l’integrale rimborso dell’investimento[3] qualora non si addivenga alla business combination, la liquidabilità dell’investimento dacché i titoli della SPAC sono quotati, la centralità dell’investitore nel processo decisionale ed inoltre l’allineamento degli interessi tra investitori e promotori dacché questi ultimi apportano nel veicolo un ammontare tra il 2% e il 4% delle risorse.

Dal punto di vista della compagine societaria della target, l’intervento della SPAC è da valutarsi positivamente in quanto permette di attuare una “quotazione mediata” per effetto della quale i titoli saranno negoziati in Borsa riducendo i tempi ed i costi rispetto alla procedura ordinaria; inoltre gli azionisti della target hanno la possibilità di negoziare privatamente il valore della società, evitando il rischio che questo venga influenzato negativamente dalla volatilità dei mercati finanziari (come potrebbe invece accadere durante le fasi di IPO).

E ancora, occorre brevemente sottolineare come l’ingresso della SPAC nell’azionariato della target non si riflette in una governance invasiva contrariamente alle logiche di investimento che caratterizzano i fondi di private equity, che, ad esempio, impongono la nomina di nuovi manager e richiedono determinati diritti di veto e di exit.

3. Il parere dell’Amministrazione finanziaria

Una volta illustrato il regime operativo delle SPAC appare d’interesse svolgere alcune preliminari riflessioni circa le tematiche anche prendendo spunto dalla Risoluzione n. 13 del 2 febbraio 2018.

Come anticipato in premessa, l’Amministrazione finanziaria è di recente intervenuta in risposta ad un quesito avente ad oggetto la sorte del consolidato fiscale in seguito alla fusione per incorporazione della target/consolidante nella SPAC.

In dettaglio, la società ALFA aveva esercitato, in qualità di consolidante, due distinte opzioni di consolidamento con le proprie controllate GAMMA e DELTA. Nel corso dell’anno 2017, in vigenza del regime di consolidato fiscale, è intervenuta la fusione per incorporazione di ALFA in una SPAC.

Ebbene, la SPAC presentava istanza di interpello al fine di conoscere il parere dell’Amministrazione in merito alla possibilità di continuare, in qualità di consolidante, il consolidato fiscale cui avevano aderito ALFA, GAMMA e DELTA, avuto particolare riguardo alla riportabilità dei tax asset maturati in vigenza dell’opzione (i.e. perdite fiscali).

Sul punto l’Agenzia delle entrate ha osservato che l’operazione in esame, seppur in presenza delle peculiarità connesse all’intervento dello special vehicle, rappresenta una fusione per incorporazione di una società consolidante in una società non inclusa nel consolidato. Conseguentemente, la continuazione del consolidato fiscale è subordinata alla dimostrazione della permanenza dei requisiti di controllo previsti dall’art. 117 e ss tuir siccome richiamati dall’art, 124, comma 5, tuir.

Ebbene, nel caso di specie per effetto della business combination la SPAC succede nelle posizioni giuridiche attive e passive dell’incorporata, ivi incluse quelle relative al regime del consolidato facente capo ad ALFA, non determinando la fusione alcun mutamento nei rapporti di controllo riguardanti le società già aderenti al consolidato. Ne consegue che «non sussistono preclusioni alla continuazione del consolidato di ALFA, presso la società risultante dalla fusione “BETA” in qualità di consolidante, con efficacia già nel periodo di imposta nel quale ha effetto la fusione e relativamente alla residua frazione del triennio di validità».

E ancora, l’istante chiedeva conferma all’Amministrazione finanziaria circa la non applicazione al caso di specie delle disposizioni di cui all’art. 13, comma 5 e 6 del D.M. 9 giugno 2004. Come noto la disciplina riguarda l’ipotesi di interruzione della tassazione di gruppo allorché la consolidante opti per un altro consolidato in qualità di soggetto consolidato. Con la conseguenza che in tal caso le perdite fiscali risultanti dalla dichiarazione del consolidato ma non ancora utilizzate devono essere riattribuite alle società che le hanno prodotte, a mente di quanto previsto dall’art. 118, comma 2 tuir, espressamente richiamato.

A ben vedere, detto aspetto presenta profili di criticità giusto l’approccio dell’Agenzia nel ritenere applicabile in via analogica il summenzionato articolo 13 allorquando si addiviene all’incorporazione del soggetto consolidante ad opera di una società esterna al consolidato, caratterizzata da un proprio grado di autonomia[4].

Nel rispondere a tale quesito l’Amministrazione finanziaria valorizza, ancora una volta, il ruolo peculiare della SPAC all’interno dello schema tipico di fusione post acquisto della partecipazione dacché, a ben vedere, l’incorporante altro non è se non un soggetto di fatto “neo costituito” che non presenta una propria operatività bensì risulta caratterizzato unicamente dall’obiettivo di individuare una società target ed agevolarne l’ingresso sul mercato.

Pertanto, nel caso in esame la fusione rappresenta un elemento indefettibile per l’esito positivo dell’operazione; puntualmente, difatti, l’Agenzia ha osservato come nella fattispecie in esame «il consolidato non abbia cambiato, di fatto, la consolidante (i.e. la testa), diversamente da quanto, invece, avviene in occasione di fusioni di consolidante con società esterne al consolidato, preesistenti, e dotate di una loro autonoma autonomia».

E quindi, confermando la soluzione prospettata dal contribuente, l’Agenzia ha ritenuto non applicabile al caso in esame le disposizioni del citato articolo 13 in quanto degli effetti economici, finanziari e giuridici generati dall’intervento strumentale della SPAC sono i medesimi che si sarebbero avuti laddove il processo di quotazione fosse stato direttamente iniziato dalla target.

Un’ultima questione affrontata nell’interpello è rappresenta dalla possibilità che le perdite registrate tanto dalla SPAC che dall’incorporata/ex-consolidante nel periodo che va dal 1° gennaio 2017 sino alla data di efficacia della fusione possano essere nel reddito complessivo globale del consolidato del 2017.

Andando con ordine, per l’Agenzia la perdita registrata dall’incorporante SPAC nel periodo infrannuale concorre alla formazione del reddito tanto in virtù delle medesime argomentazioni supra esposte in tema di continuazione del regime di consolidato che sulla base del fatto che in assenza di retrodatazione nella fusione in esame non si ha un risultato “di periodo” tale da essere considerato pregresso al regime consolidato.

Risulta significativo sottolineare come sul punto l’Amministrazione finanziaria ritiene in ogni caso necessaria un’analisi complessiva della fattispecie, non escludendo la sindacabilità – tramite l’art. 10-bis dello Statuto del contribuente – di quelle operazioni in cui la SPAC all’interno del periodo infrannuale prevede di concretizzare significativi effetti reddituali legate ad attività svolte precedentemente (con l’unico intento di includerli nel reddito del consolidato).

Quanto alle perdite fiscali infrannuali (ingenti) generate dall’incorporata/ex-consolidante, a mezzo dell’interpello se ne conferma la concorrenza alla formazione del reddito consolidato del 2017 in quanto anche tale accadimento reddituale deve ritenersi assorbito dall’effetto di continuazione del regime in capo alla SPAC.

In chiusura, occorre considerare come i primi commentatori del documento di prassi citato hanno ravvisato un parallelismo tra le conclusioni ivi raggiunte rispetto a quanto affermato dall’Agenzia con riferimento alla continuazione del consolidato in capo ad una beneficiaria neo-costituita che ha ricevuto, per effetto di una scissione parziale, le partecipazioni di controllo detenute dalla consolidante. In tal occasione l’Amministrazione finanziaria ha confermato la continuazione del regime del consolidato e la trasferibilità delle perdite fiscali dacché «la beneficiaria, nuova consolidante, altro non è che una “parte” dell’originaria consolidante, subentrando nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi riferiti alla quota di patrimonio assegnato, ivi compreso il controllo su alcune partecipate»[5].

E ancora in dottrina è stato ritenuto auspicabile che le recenti considerazioni svolte dall’Agenzia nel«valorizzare il ruolo meramente strumentale della consolidante nell’ambito di un programma già definito che trova esito obbligato nella fusione della società target, siano estese al caso delle Spv nelle operazioni di merger leveraged buy out» permettendodi attuarela «fusione (non retrodatata) della target capogruppo di un consolidato fiscale nell’Spv che ne ha acquisito il controllo, includendo nel consolidato che continua (senza riattribuzione delle perdite del consolidato) anche le eccedenze di interessi passivi e le perdite maturate dalla Spv nel periodo ante efficacia giuridica della fusione»[6].

4. Il c.d. “bonus quotazione”

Con l’intento di stimolare l’accesso sui mercati regolamentati, la Legge di bilancio 2018[7] ha introdotto il c.d. “bonus quotazione” ossia un credito di imposta rivolto alle piccole e medie imprese – siccome definite dalla Raccomandazione della Commissione Europea n. 2003/361/CE[8] – che, a partire dal 1° gennaio 2018, intraprendono una procedura di ammissione alla quotazione in un mercato regolamentato o in sistemi multilaterali di negoziazione di uno Stato membro dell’Unione Europea o dello Spazio economico europeo.

L’agevolazione in esame è commisurata al 50% dei costi di consulenza[9] sostenuti nel periodo 2018 – 2020, ed è riconosciuta fino ad un importo massimo di Euro 500.000 unicamente in caso di ottenimento dell’ammissione alla quotazione.

Il credito è utilizzabile esclusivamente in compensazione mediante modello F24 a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in cui è stata ottenuta la quotazione e dovrà essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta di maturazione e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi di imposta successivi fino a quello nel quale se ne esaurisce l’utilizzo[10].

Ciò posto, in merito all’operazione tipica che vede il coinvolgimento della SPAC nel processo di quotazione della società operativa occorre osservare come detto credito potrebbe risultare applicabile con riferimento ai costi connessi alla procedura di richiesta di ammissione alla quotazione dei titoli rappresentativi del capitale sociale della società risultante dalla fusione.

Difatti, come descritto in precedenza l’operazione in esame ha come (auspicabile) epilogo quello della quotazione dei titoli della target; detta finalità appare vieppiù evidente se si considera la prassi di vincolare l’efficacia della fusione, l’ammissione alla quotazione dei titoli della società post-fusione risulta subordinata all’ammissione alla quotazione

Ebbene, in caso di fusione “diretta” occorrerà alla richiesta di ammissione alla quotazione dei titoli rappresentativi dell’aumento di capitale da offrire in concambio agli altri soci della target.

Nel caso in cui nella fase conclusiva dell’operazione si addivenga alla fusione “inversa” della SPAC nella target, la domanda di ammissione alla quotazione riguarderà le azioni della target.

In ogni caso, il “bonus quotazione” risulta applicabile unicamente laddove la target integri i requisiti dimensionali richiesti. Sul punto appare evidente come l’oneroso procedimento di costituzione di una SPAC mal si concilia con l’ipotesi di procedere all’acquisizione ed alla successiva integrazione con realtà societarie di modeste dimensioni.

E inoltre, l’agevolazione in esame ben potrebbe assumere rilevanza nel caso in cui si registri un’eccedenza di capitale raccolto rispetto al costo dell’operazione di acquisizione della target, con la conseguente creazione (tramite un’operazione di scissione della cassa in eccesso) di un nuova SPAC che successivamente intraprenderà un’ulteriore operazione, in ipotesi con una target di dimensioni inferiori e pertanto rientrante nella richiamata definizione di PMI.

Potrebbe contribuire nel far chiarezza circa l’applicabilità del credito in esame all’operazione esaminata il Decreto attuativo in attesa di emanazione ad opera del Ministro dello Sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della Legge di bilancio 2018, avente ad oggetto tra l’altro le modalità operative con particolare riguardo all’individuazione delle procedure che danno accesso all’agevolazione.

 


[1] Dato aggiornato a Marzo 2018, fonte Dealogic.

[2] Come noto, la fase di bookbuilding è organizzata e gestita da uno o più global coordinator, che raccolgono gli ordini di acquisto/sottoscrizione da parte degli investitori istituzionali. Per ogni ordine viene indicato il limite di prezzo segnalato dall'ordinante, in modo da costruire la curva di domanda che lega ai singoli livelli di prezzo i diversi volumi richiesti.

[3] Tipicamente si registra il rimborso per almeno il 98,5% delle somme investite.

[4] L’applicazione analogica dell’art. 13, comma 5 e 6 del D.M. 9 giugno 2004 è rinvenibile nelle risoluzioni n. 44/E/2008, n. 251/E/2008, n. 101/E/2009.

[5] Cfr. Circolare n. 40/E/2016. Sul punto si rinvia all’analisi svolta da G. Scifoni, Perdite della fiscal unit salve se la consolidante è incorporata da una SPAC, in Corr. Trib. n. 9/2018, 671.

[6] Sul punto si rinvia a R. Michelutti, La riattribuzione perdite cerca spazio nel “Mlbo”, in Sole 24ore, 8 febbraio 2018.

[7] Cfr. Legge n. 205/2017, art. 1, commi 89-92.

[8] Ai sensi della citata raccomandazione, (i) per microimprese devono intendersi  imprese con meno di 10 occupati e che realizzano un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 2 milioni di Euro; (ii) per piccole imprese devono intendersi imprese con meno di 50 occupati e che realizzano un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 10 milioni di Euro; (iii) per medie imprese devono intendersi quelle imprese con meno di 250 occupati e che realizzano un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di Euro oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di Euro.

[9] Nell’ambito dei costi di consulenza dovrebbero risultare inclusi gli oneri sostenuti per valutare la fattibilità dell’operazione e per affiancare la società nel corso del processo di listing, e quindi a titolo esemplificativo le fee degli advisor finanziari, legali e fiscali ed i costi delle società di comunicazione finanziaria e investor relations.

[10] Per un puntuale esame della misura agevolativa in commento, si rinvia a G. M. Committeri, F. Iovino, Le principali agevolazioni per le imprese nella legge di bilancio 2018, Corr. Trib. n. 6/2018, 409.

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