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Il controllo delle concentrazioni in Italia: le nuove soglie introdotte dalla “Legge annuale per il mercato e la concorrenza”

27 Novembre 2017

Avv. Gian Luca Zampa, partner, Avv. Mario Cistaro, associate, Antitrust, Competition and Trade, Freshfields Bruckhaus Deringer

Di cosa si parla in questo articolo

1. Le nuove soglie rilevanti per la notifica delle operazioni di concentrazione

Con l’intervento normativo di cui alla legge n. 124/2017 sono state modificate le soglie dimensionali per la notifica delle operazioni di concentrazione all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (in seguito, AGCM)[1]. Il testo così modificato dell’articolo 16 della legge n. 287/1990 prevede ora che una concentrazione tra imprese indipendenti dovrà essere preventivamente comunicata all'AGCM non solo se il fatturato totale realizzato a livello nazionale dall'insieme delle imprese interessate[2] sia superiore a 492 milioni di euro (soglia identica anche nella versione pre-novella) ma anche se il fatturato[3] totale realizzato individualmente a livello nazionale da almeno due delle imprese interessate sia superiore a 30 milioni di euro[4]. Prima di questa modifica, al contrario, la seconda soglia cumulativa esigeva unicamente che l’impresa oggetto dell’acquisizione doveva avere un fatturato nazionale peraltro pari a (nell’ultima versione) a 50 milioni di euro. Con questa novità, il sistema nazionale di controllo delle operazioni di concentrazione è stato in qualche misura allineato, oltre a quello europeo previsto dal Regolamento CE n.139/2004, che già prevede una seconda soglia che richiede un fatturato ad almeno due delle imprese interessate dalla concentrazione[5], ovvero a quello in vari Stati membri (ad esempio, in Francia e Germania), anche con le best practices internazionali codificate dall’International Competition Network[6](su cui, infra par. 4 e 5). Dal punto di vista della politica della concorrenza, la scelta di modellare in tal senso le soglie delle concentrazioni in Italia sembra essere primariamente motivata dalla necessità di pervenire ad un recupero di sovranità sui mercati di dimensione locale per quelle operazioni aventi un impatto principalmente all’interno dei confini nazionali. La definizione delle soglie rilevanti ai fini del controllo delle operazioni di concentrazione costituisce invero una delicata operazione di bilanciamento da parte dell’ordinamento, da un lato, dell’interesse delle imprese a non sopportare costi “burocratici” (c.d. red tape) per il controllo di operazioni il cui impatto sulla concorrenza è oggettivamente e prevedibilmente assente (in un quadro di certezza normativa, esigenza quest’ultima che ispira la scelta di utilizzare il fatturato nazionale come criterio di rilevanza giurisdizionale)[7], che ben si coniuga col parallelo interesse della pubblica amministrazione a non impiegare risorse per operazioni non problematiche; dall’altro, dell’interesse della collettività acché l’AGCM svolga in maniera effettiva la sua funzione di controllore (anche) della struttura dei mercati per consentire di massimizzare l’output e le condizioni di welfare economico collegate al funzionamento concorrenziale degli stessi. Non casualmente, pertanto, si assiste ad un periodico rimodellamento delle soglie rilevanti, a seconda di un differente bilanciamento degli interessi in questione alla luce di istanze socio-economiche e politiche di governo dei mercati.

2. Le soglie previste dai precedenti sistemi di controllo delle concentrazioni a livello nazionale

Il testo precedentemente in vigore del comma 1 dell’articolo 16, a sua volta risultato di una modifica introdotta nel 2012[8] e in vigore dall’1 gennaio 2103 sino alla recente modifica del 2017, definiva diversamente il perimetro di rilevanza delle operazioni di concentrazione. In particolare, prevedeva un obbligo di notifica delle operazioni di concentrazione al raggiungimento di due soglie cumulative di fatturato generato a livello nazionale: la prima, aggregata, faceva riferimento al fatturato imputabile all’insieme delle imprese interessate; la seconda, individuale, che si limitava ad esigere uno specifico fatturato nazionale solamente all’impresa oggetto di acquisizione[9]. Con questo meccanismo, ad esempio, se una impresa con più di 492 milioni di fatturato in Italia veniva acquistata da un soggetto che non aveva generato ricavi in Italia, l’operazione era comunque soggetta all’obbligo di notifica all’AGCM in quanto entrambe le soglie venivano soddisfatte a prescindere dalla presenza dell’acquirente in Italia. Al contrario, se veniva acquistato il controllo di una impresa, ad esempio, con 40 milioni di fatturato in Italia da parte di un’altra impresa con un forte radicamento nazionale e con rilevanti fatturati nel nostro paese (ad es., si immagini sopra il miliardo di euro), il meccanismo previgente non permetteva di catturare tale concentrazione nell’ambito dei poteri di controllo preventivo attribuiti all’AGCM.

E’ di tutta evidenza che, in relazione al controllo preventivo delle operazioni di concentrazione, la scelta della tipologia delle soglie rilevanti e della loro dimensione assoluta riveste una particolare importanza alla luce delle immediate implicazioni per le politiche antitrust rilevanti per la struttura dei mercati di un dato ordinamento. E’ quindi utile ripercorrere sinteticamente le modifiche che, dall’entrata in vigore della legge n. 287 sono state apportate alle soglie rilevanti.

I sistemi di controllo delle operazioni di concentrazione previsti dal testo originario dell’articolo 16 della legge n. 287/1990 e da quello successivo in vigore dal 2013 si caratterizzavano per una serie di criticità.

La versione del comma 1 dell’articolo 16 varata con l’introduzione della legge n. 287/1990 nell’ordinamento italiano, con la previsione di due soglie alternative, aveva determinato una sostanziale irrilevanza del fatturato nazionale dell’impresa oggetto di acquisizione, finendo per esigere la notifica all’AGCM anche le operazioni di acquisizione in cui la sola impresa acquirente raggiungeva la prima soglia di fatturato. Quindi anche quelle in relazione alle quali, proprio in virtù del fatturato minimo o nullo dell’impresa acquisita in Italia, e quindi della sua sostanziale assenza da lato dell’offerta, l’impatto sulla struttura del mercato nel territorio italiano fosse verosimilmente stato insignificante. E’ peraltro vero, che da un punto di vista non solo teorico, si potevano ipotizzare scenari in cui, anche in assenza di fatturato nazionale della target, non si sarebbe potuto escludere un effetto sulla struttura dei mercati anche per clienti italiani: si pensi ad una impresa italiana oggetto dell’acquisizione, la quale ad esempio sia attiva nell’esportazione di beni pur avendo una radicata presenza sul territorio nazionale; sebbene a questa impresa non potrebbe esserle imputato un fatturato italiano degno di nota[10], sarebbe comunque tecnicamente possibile che la stessa risulti comunque attiva in un mercato rilevante con dimensione sovranazionale (ad esempio, pari all’area dello Spazio Economico Europeo) che comprenda l’Italia, con la conseguenza che l’operazione qui ipotizzata avrebbe, almeno in potenza, potuto avere un impatto anche su clienti italiani che rappresentano una parte della domanda del mercato sovranazionale in cui l’impresa in via di acquisizione strutturalmente opera. Se ciò è vero dal punto di vista teorico, all’atto pratico tale sistema aveva comportato effetti perversi: era invero sufficiente che una impresa di rilevanti dimensioni in Italia acquisisse, ad esempio, una attività economica con un minimo fatturato ovvero, per come si era evoluta la casistica, anche senza fatturato effettivo ma solo potenziale, per far scattare l’obbligo di notifica ex art. 16, legge n. 287/1990. Notorie sono rimaste le centinaia di notifiche che da metà degli anni novanta in poi l’ENI, per menzionare una società, ha dovuto effettuare ogni volta che acquistava una pompa di benzina, ovvero le migliaia di comunicazioni all’AGCM che negli anni imprese multinazionali hanno dovuto effettuare per operazioni che con l’Italia avevano poco, se non nulla, a che fare[11].

Da un punto di vista tecnico-giuridico, ad un siffatto sistema di controllo delle concentrazioni veniva contestato il mancato rispetto del criterio del local nexus, oggetto delle raccomandazioni dell’ICN[12] e in base al quale la competenza a valutare le operazioni di concentrazione ai sensi del diritto nazionale della concorrenza dovrebbe radicarsi soltanto in presenza di un nesso significativo con la giurisdizione in questione, ovvero nei confronti di quelle operazioni che possono determinare effetti apprezzabili sulla concorrenza nel relativo territorio[13]. Questa regola di giurisdizione, oltre ad essere coerente con la volontà di garantire una correlazione tra ambito di applicazione di una normativa di un dato ordinamento e rilevanza di certe condotte per siffatto ordinamento, ha anche il fine di evitare l’imposizione di costi transattivi per le imprese non necessari per garantire una tutela effettiva della concorrenza e allo stesso tempo scongiurare l’impiego inefficiente di risorse pubbliche per operazioni prive di effetti sulla concorrenza.

Con l’intervento normativo di modifica del 2012, ispirato dall’obiettivo generale che il momento storico esigeva[14], di favorire la crescita del sistema produttivo industriale del paese favorendo il processo di aggregazione tra imprese[15], si è cercato di porre rimedio ai limiti palesati dal sistema originario di controllo delle concentrazioni sopra brevemente ricordato. Le nuove disposizioni hanno modificato le condizioni previste dall’art. 16, comma 1, della legge n. 287/1990, semplicemente trasformando le soglie di fatturato alternative in cumulative. A dispetto dell’essersi tradotta nella mera sostituzione di una lettera (da “o” a “e”), l’impatto della modifica è stato notevole, determinandoun crollo netto del numero delle notifiche rispetto al regime precedente[16]. Invero, richiedendo il contestuale soddisfacimento delle due soglie (da un lato, per l’insieme delle imprese interessate; dall’altro, per la sola impresa target, e particolarmente elevata), si era probabilmente ecceduto nel senso opposto. Se da un lato si era cercato di rispondere alla criticità sopra delineata, con ciò escludendo che operazioni di acquisizione di imprese che non generassero un rilevante fatturato in Italia fossero comunque soggetto alla notifica, dall’altro, alla luce dell’elevato fatturato richiesto per soddisfare la soglia relativa all’impresa target, si era nella sostanza abdicato alla possibilità di controllare l’impatto dell’attività di M&A sui mercati locali dove imprese anche con significativo potere di mercato possono generare modesti fatturati. Dato l’impatto generato sull’attività di controllo dei mercati da parte dell’AGCM e posta la sostanziale immutata frammentazione del sistema produttivo del paese, con la modifica del 2012 è pertanto emerso un potenziale vuoto di tutela della concorrenza strutturale, in quanto molti mercati di ampiezza tipicamente locale, ma sui quali le operazioni di concentrazione potevano essere idonee a generare effetti non trascurabili sulla concorrenza, sono stati sottratti alla supervisione dell’AGCM, con costi per la collettività in termini di mancata ottimizzazione dell’output allocativo delle risorse generato da parte dei mercati[17]. Il sistema di controllo delle concentrazioni risultante dalla novella del 2013 è apparso, quindi, determinare uno squilibrio nel bilanciamento del rapporto tra gli obiettivi cui il sistema dovrebbe tendere, ovvero: minimizzazione della riduzione del welfare economico per la collettività attraverso un controllo efficace delle concentrazioni anti-concorrenziali, da un lato, e ottimizzazione dei costi per le imprese e dell’impiego di risorse da parte dell’amministrazione pubblica nel prevenire effetti pregiudizievoli sulla concorrenza, dall’altro.

3. Il ricorso ad altri strumenti antitrust per il controllo delle operazioni aventi effetti strutturali: brevi cenni

Anche in presenza di un sistema di controllo delle concentrazioni in cui le soglie dimensionali delle operazioni rilevanti avessero l’effetto di sottrarre aree allo scrutinio di un’autorità, la normativa antitrust consentirebbe, in linea di principio, di avvalersi di altri strumenti potenzialmente idonei a prevenire effetti strutturali negativi sulla concorrenza. Infatti, sin dal caso Continental Can[18], deciso in un’epoca in cui non esisteva ancora un sistema di controllo preventivo delle concentrazioni europeo (introdotto di li a poco), le disposizioni in materia di divieto di abuso di posizione dominante erano state prese in considerazione (ed in alcuni casi utilizzate) per contrastare operazioni di concentrazione potenzialmente idonee ad alterare la struttura competitiva del mercato[19]. Come ricordato dalla Corte di Giustizia[20], il divieto di cui ora all’art. 102 TFEU, non riguarda soltanto le condotte che possono determinare effetti restrittivi ma anche le operazioni di concentrazione che, alterando la struttura del mercato in modo da ridurre la concorrenza effettiva, arrecano un pregiudizio indiretto ai consumatori. Altri esempi di quanto precede sono i casi dei divieto sanciti dalla Commissione Europea di acquisire un brevetto e il know-how di un’impresa che avrebbe impedito ai concorrenti l’ingresso sul mercato in cui era presente l’impresa dominante[21] e l’accordo con cui un’impresa dominante acquistava il prodotto di un concorrente per sostituirlo con il proprio sul mercato[22]-[23]. Tuttavia, è evidente che il ricorso alle previsioni in materia di abuso di posizione dominante per compensare le eventuali disfunzioni del sistema di controllo delle concentrazioni, posta le diverse caratteristiche dell’indagine (ex post e non ex ante) e la lunghezza dei tempi di accertamento, mal si concilia con quelle esigenze di certezza del diritto, tempestività e prevedibilità necessari per un corretto funzionamento dei mercati e che sono imprescindibili in un contesto di M&A. Proprio sotto questi ultimi profili, e per cercare di superare le situazioni di incertezza a cui operazioni di concentrazione sotto soglia potrebbero andare incontro, nella prassi operativa si è presa in considerazione l’ipotesi di fare leva sui meccanismi di rinvio. Tali meccanismi invero consentono ad un’autorità di concorrenza nazionaledi chiedere che un’operazione, anche se alla stessa non notificabile in quanto sotto soglia, sia comunque oggetto di rinvio alla Commissione Europea[24]. Ciò in base al fatto che, ai sensi dell’art. 22 del Regolamento UE n. 139/2004, che prevede la possibilità di un rinvio upward alla Commissione, non è richiesto allo Stato membro di avere giurisdizione originaria sulla concentrazione.

4. Uno spunto comparatistico: le soglie rilevanti in Francia, Germania e Spagna

Sotto il profilo comparato in ambito europeo, le giurisdizioni di Francia, Germania e Spagna sono tutti ordinamenti che si caratterizzano per la previsione di una seconda soglia rilevante riferita ad almeno due imprese interessate, prevedendo un sistema di controllo delle concentrazioni simile a quello recentemente introdotto in Italia. Il sistema francese richiede ad esempio che ai fini della notifica due condizioni cumulative siano soddisfatte: una soglia di fatturato generato a livello mondiale superiore a 150 milioni di euro da parte di tutte le imprese parti della concentrazione; e una soglia ai sensi della quale almeno due imprese interessate abbiano ciascuna generato un fatturato nazionale in Francia superiore ai 50 milioni di euro[25]. Queste disposizioni, in apparenza molto simili al modello italiano appena introdotto, mirano a garantire che il fatturato complessivo sia una proxy adeguata della forza economica delle imprese coinvolte nel mercato, allo stesso tempo assicurando un local nexus con la Francia[26]. Il sistema tedesco si basa invece su tre condizioni cumulative, più articolate di quelle francesi. Invero, a differenza di queste ultime, sono previsti due gruppi alternativi di tre condizioni cumulative, tali che alla ricorrenza del solo primo gruppo di condizioni ovvero del solo secondo scatta l’obbligo di notificare l’operazione[27] (e dove il secondo gruppo presenta, come vedremo, una peculiare composizione). In particolare: il primo gruppo include la necessità di soddisfare una soglia che richiede un fatturato aggregato generato a livello mondiale da tutte le imprese interessate superiore a 500 milioni di euro; un’altra soglia che esige un fatturato in Germania di almeno un’impresa interessata superiore a 25 milioni di euro e, infine, la terza, che richiede un fatturato di almeno un’altra impresa interessata generato a livello nazionale superiore a 5 milioni di euro; diversamente, in base al secondo gruppo[28], un’operazione sarà soggetta allo scrutinio del Bundeskartellamt qualora il fatturato mondiale combinato di tutte le imprese interessate sia superiore ai 500 milioni di euro, il fatturato di almeno un'impresa interessata abbia superato i 25 milioni di EUR in Germania nell’anno finanziario precedente alla notifica, l'importo del corrispettivo per l'operazione superi i 400 milioni di euro e l'impresa da acquisire sia significativamente attiva in Germania. Sebbene i due modelli presentino dei meccanismi tali da garantire che tutte le operazioni notificate abbiamo un local nexus, è anche vero sia per il modello tedesco, sia, anche se in misura minore, per quello francese, che la previsione di una soglia di fatturato generato a livello mondiale potrebbe determinare una sovra-inclusione di notifiche di operazioni di concentrazione dove l’acquirente, ad esempio, non è sostanzialmente presente (alla stessa stregua di quello che accadeva in Italia in costanza del sistema originario di soglie sopra brevemente descritto). Inoltre, il sistema tedesco, prevedendo una soglia integrativa fondata sul valore dell’operazione, cerca di catturare nella rete delle notifiche anche quelle operazioni tra soggetti che, sebbene ancora non in grado di generare fatturati rilevanti, siano comunque di particolare valore finanziario per le prospettive che stesse società coinvolte dall’operazione possono avere (si pensi, ad esempio, al settore delle “imprese digitali”). Il sistema spagnolo al contrario si caratterizza nel senso di prevedere due soglie alternative di natura diversa, la prima basata sulle quote di mercato, la seconda sul fatturato. In base al primo criterio, una concentrazione deve essere notificata alla Comisión Nacional de la Competenciaqualora ad esito della stessa sia acquisita una quota del 30% o superiore del mercato nazionale (o di un mercato geografico definito all'interno del mercato nazionale) per un determinato prodotto o un servizio[29]. La seconda soglia si basa sul fatturato e prevede che l’obbligo di notifica scatti qualora il fatturato aggregato in Spagna delle imprese interessate ecceda i 240 milioni di euro e il fatturato generato a livello nazionale da ciascuna di almeno due imprese interessate sia superiore a 60 milioni di euro[30]. Con diversi valori, questo secondo gruppo di soglie è in tutto e per tutto analogo alla soluzione adottata dal legislatore italiano e da poco in vigore. Ciò che si palesa alla luce di un rapido confronto tra i diversi sistemi di controllo delle concentrazioni appena illustrati è che scontano tutti dei limiti alla luce del bilanciamento dei costi generalmente a questi associati. Ci si riferisce al rapporto tra costi generati dal controllo di operazioni non problematiche sotto il profilo concorrenziale, tuttavia notificabili perché integrano le soglie di fatturato, e quelli causati dal mancato controllo di operazioni problematiche, tuttavia non notificabili, perché ad esempio sotto soglia. Inoltre, i sistemi come quello spagnolo, che optano per soglie costruite sulle quote di mercato, da un lato scontano generalmente un deficit di oggettività[31], pregiudicando quelle esigenze di chiarezza, semplicità e certezza che favoriscono la circolazione dei capitali; dall’altro, è pur sempre vero che le quote di mercato possono costituire il miglior criterio per prevedere se un’operazione potrà avere effetti sulla concorrenza, riducendo i costi relativi al controllo di operazioni che seppur notificabili alla luce di criteri oggettivi, come il fatturato, non hanno effetti sulla concorrenza.

5. Il sistema introdotto con le modifiche di cui alla legge n. 124/2017: conclusioni

La novità introdotta nel sistema di controllo nazionale delle concentrazioni è costituita certamente dal riferimento, contenuto nella seconda soglia cumulativa rilevante, alla sussistenza di un fatturato nazionale di almeno 30 milioni di euro riferibile a ciascuna di almeno due imprese interessate[32]. Come illustrato nelle best practices internazionali dell’International Competition Network, la scelta di modellare in tal senso la seconda soglia risponde all’esigenza di instaurare un legame significativo con la giurisdizione deputata a valutare l’operazione. Infatti, questo criterio consente di analizzare quelle operazioni tra imprese che hanno un’evidente presenza locale, mentre, allo stesso tempo, dovrebbe filtrare in modo più appropriato le operazioni soggette a notifica, escludendo dall’obbligo quelle in cui solo una parte ha una presenza locale significativa e le cui probabilità di avere effetti negativi sono sufficientemente remote da non giustificare gli oneri associati alla notifica ed alla procedura di controllo dell’AGCM.

Allo stesso tempo, il nuovo criterio farà rientrare nell’obbligo di notifica la creazione di quelle imprese comuni nei casi in cui il fatturato di quest’ultime non superi la seconda soglia precedentemente indicata dalla norma. Infatti, la precedente formulazione consentiva di sottrarre allo scrutinio dell’AGCM quelle operazioni in cui il fatturato riferibile all’impresa comune, pur se costituita da due imprese con fatturati nazionali significativi, non integrava la seconda soglia, ossia quella all’epoca riferibile alla sola “impresa oggetto di acquisizione”. Certo, sotto quest’ultimo profilo, sarà necessario adattare il criterio alla specificità del caso per evitare di consentire che operazioni prive di effetti su un mercato nazionale o una parte di esso dovranno comunque essere notificate: è questo il caso, ad esempio, di imprese comuni in cui le imprese madri siano presenti a livello nazionale ma l’impresa comune è destinata ad operare esclusivamente all’estero con risorse produttive e fatturati lì dispiegati.



[1] Nell’ambito dello Spazio Economico Europeo, in materia di concentrazioni vige il principio del one stop shop, in base al quale la competenza a valutare un’operazione di concentrazione è unicamente della Commissione europea una volta che determinate soglie di fatturato sono raggiunte. Pertanto, è solo se ciò non accade che gli Stati membri riacquistano la giurisdizione sull’operazione, sempre che le soglie nazionali sono soddisfatte. Questo principio è temperato dall’applicazione dei meccanismi di rinvio tra Commissione Europea e autorità nazionali con riguardo ad operazioni di dimensione comunitaria il cui impatto sia circoscritto a livello nazionale e viceversa per quelle operazioni di dimensione nazionale con effetti transfrontalieri in più Stati membri.

[2] Per la definizione della nozione di impresa interessata, vedi i paragrafi 132 et ss. della Comunicazione consolidata della Commissione sui criteri di competenza giurisdizionale a norma del Regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese.

[3] Per fatturato si intende l’ammontare delle vendite di beni o delle prestazioni di servizi nell’anno finanziario precedente a quello dell’operazione. Per gli istituti bancarie e finanziari il fatturato si calcola il fatturato preso in considerazione è pari al valore di un decimo del totale dell'attivo dello stato patrimoniale, esclusi i conti d'ordine, mentre per le compagnie di assicurazione è pari al valore dei premi incassati. L’utilizzo del fatturato come criterio di

[4] Entrambi i valori sono aggiornati annualmente sulla base dell’aumento dell’indice deflatore dei prezzi del prodotto interno lordo.

[5] L’articolo 1, comma 2, del Regolamento CE n. 139/2004, è teso a definire la dimensione comunitaria e a radicare la competenza della Commissione Europea su operazioni che riflettano non solo la dimensione a livello globale delle imprese interessate ma anche a stabilire che vi sia un minimo livello di attività all’interno del territorio dell’Unione Europea. V. R. Whish, Competition Law, 2008, 828.

[6] Come evidenziato in un report del 2008 dell’International Competition Network: “Setting Notification Thresholds for Merger Review”, April 2008 […] A notification system that focuses on the parties’ combined domestic revenues plus the domestic revenues of at least two parties can be used much more effectively to target transactions with a significant domestic impact.

[7] V. para 3 della Comunicazione della Commissione sul rinvio in materia di concentrazioni, in base al quale, “la determinazione della competenza esclusivamente in funzione di criteri prefissati relativi al fatturato offre alle imprese che realizzano una concentrazione la certezza giuridica”.

[8] Infatti, il testo precedente alla modifica del 2017 fu introdotto dalle modifiche apportate all’articolo 16, comma 1, della legge n. 287/1990 dal decreto legge n. 1/2012, convertito con modificazioni dalla Legge n. 24/2012.

[9] Il testo originario dell’articolo 16 della legge n. 287/1990 prevedeva due soglie alternative di fatturato in base alle quali una concentrazione era soggetta all'obbligo di comunicazione preventiva. Quindi, qualsiasi operazione in cui anche soltanto una soglia fosse stata superata, quella aggregata ovvero quella riferita al solo fatturato dell'impresa oggetto di acquisizione, finiva per essere sottoposta al vaglio dell’AGCM.

[10] Come è noto, l’allocazione geografica del fatturato a fini del controllo preventivo delle operazioni di concentrazione è legato al luogo di domicilio del cliente.

[11] Due eccezioni erano state elaborate sul piano pratico ed erano dirette a mitigare gli effetti del sistema di controllo per escludere la notifica delle operazioni prive di effetti sul territorio italiano. La prima riguardava l’acquisizione da parte di imprese estere, aventi fatturato in Italia, del controllo esclusivo su di un’impresa estera che non abbia al tempo dell’acquisizione e nei tre anni precedenti alcun fatturato in Italia; la seconda riguardava le ipotesi di imprese comuni in cui una delle imprese interessate era un’impresa estera che non avesse generato fatturato in Italia al tempo della costituzione e nei tre anni precedenti, eccetto il caso in cui, che quindi determinava la riviviscenza dell’obbligo di notifica, l’impresa comune era destinata a generare fatturato in Italia.

[12] In base alle “ICN Recommended Practices for Merger Notification and Review Procedures”, il controllo delle operazioni di concentrazione dovrebbe essere limitato a quelle transazioni che attraverso una modifica duratura del controllo di determinati assets finanziari e/o produttivi siano in grado di generare effetti durevoli sulla concorrenza. Il local nexus è declinato ai sensi di un criterio giurisdizionale in virtù del quale soltanto quelle operazioni di concentrazione in grado di alterare la struttura del mercato su un determinato territorio dovrebbero essere soggette a controllo nel relativo ordinamento. Lo strumento principale attraverso il quale il local nexus si trasforma in vincolo giurisdizionale normativo è costituito dalla previsione all’interno delle legislazioni antitrust di una soglia di fatturato nazionale o la presenza di asset produttivi a livello locale.

[13] Allo stato attuale l’ICN non ha formulato alcuna raccomandazione in relazione a quelle proposte di modifica legislativa delle soglie di fatturato basate sul solo valore della transazione. Queste modifiche sono tese ad assicurare il controllo delle operazioni di concentrazione relative alle imprese attive nell’economia digitale, in cui l’impresa acquisita potrebbe non generare un fatturato rilevante sotto il profilo antitrust, nonostante un significativo impatto sulle dinamiche concorrenziali generato dall’operazione.

[14] Obiettivo perseguito anche con interventi sulla legislazione del lavoro. Il riferimento è alla Legge n. 92/2012 dal titolo “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”.

[15] L’intervento, adottato sotto la guida del governo guidato dal Professore Mario Monti e, come detto in narrativa, parte di un più ampio disegno di politica economica, si proponeva di irrobustire il tessuto produttivo del paese favorendone la competitività sul piano internazionale, incentivando un processo di aggregazione dell’elevato numero di imprese di piccole dimensioni presenti sul territorio nazionale.

[16] All’incirca il 90% in meno. Per ulteriori riferimenti si veda l’intervento ASSONIME nella consultazione pubblica dell’AGCM su una proposta di modifica dei criteri per la notifica delle concentrazioni. Mentre allo stesso tempo è stato registrato un aumento del numero di operazioni oggetto di approfondimenti istruttori da parte dell’AGCM, dallo 0,6% al 3,4% del totale.

[17] Per un’analisi approfondita degli obiettivi di welfare economico perseguiti dal diritto antitrust ed una elucidazione dei concetti di efficienza allocativa e produttiva, quest’ultima in termini di riduzione dei costi per le imprese e innovazione, così come per la contrapposizione tra i concetti di consumer welfare e society welfare v. H. Hovenkamp, Implementing Antitrust welfare goals, Fordham Law Review Volume 8, Issue 5, 2013.

[18] È la sentenza della Corte di Giustizia del 21 febbraio 1973, Europemballage Corporatzion e Continental Can c. Commissione n. 6/72, v. Common Market Law Review, 1973, 199 e European Competition Review, 1973, 215.

[19] Definiti abusi di struttura, che riguardano ipotesi di transazioni che hanno effetti assimilabili a quelli delle concentrazioni e quindi alterano in senso anticoncorrenziale la struttura del mercato, ma che tuttavia sfuggono al controllo sulle concentrazioni, o perché non vengono raggiunte le soglie rilevanti o perché non costituiscono operazioni di concentrazione in senso stretto (si pensi ad esempio all’acquisto di partecipazioni di minoranza che non veicolano il controllo in imprese concorrenti, cui segue una modifica degli incentivi a competere delle imprese interessate dalla cointeressenza).

[20] Corte di Giustizia del 21 febbraio 1973, Europemballage Corporatzion e Continental Can, cit. para 26.

[21] Il caso è Tetra Pak Rausing SA c. Commissione deciso con sentenza del Tribunale dell’Unione Europea n. T-51/89, v. 4 Common Market Law Review, 1991, 334.

[22] Definito “product-swap”, v. Irish Sugar c. Commissione, T-228/97, 5 Common Market Law Review, 1999, 1300.

[23] Per un caso italiano di “abuso strutturale”, si veda la decisione dell’AGCM ad esito del procedimento n. I523 – COMPASS GROUP ITALIA/AUTOGRILL-RISTOP del 23 luglio 2003.

[24] Si tratta della c.d. “Dutch clause”, prevista dall’art. 22 del Regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese. La norma consente ad uno stato membro di richiedere alla Commissione di rivedere una operazione di concentrazione, non avente dimensione comunitaria, che potrebbe pregiudicare il commercio tra stati membri e che ha, infine, un significativo impatto sulla concorrenza sul territorio all’interno dello stato membro richiedente. V. R. Whish, cit., p. 838. La Commissione ha 10 giorni di tempo per adottare una decisione sul rinvio, che decorrono dalla scadenza del termine di 15 giorni concesso alle autorità di concorrenza degli Stati membri per decidere se proporre una, ovvero se unirsi di unirsi alla, richiesta di rinvio. La norma costituisce, come ricordato in narrativa, un’eccezione al principio del “one stop shop” per il controllo delle concentrazioni.

[25] Soglie più basse sono poi previste in relazione ad operazioni di concentrazione nei territori francesi dei Dipartimenti d’Oltremare.

[26] V. le Linee Guida dell’autorità garante della concorrenza francese, “Lignes directrices de l’Autorité de la concurrence relatives au contrôle des concentrations”, p. 28 et ss.

[27] Sezioni da 35 a 43 del Gesetz gegen Wettbewerbsbeschränkungen.

[28] In vigore da giugno 2017, in virtù delle modifiche introdotte al GWB.

[29] Salvo poi, in via d’eccezione, escludere la ricorrenza dell’obbligo di notifica in base al criterio della quota di mercato qualora il fatturato in Spagna generato dall’impresa acquisita o i beni di questa abbiano un valore inferiore a 10 milioni di euro e la misura individuale o aggregata della quota di mercato delle imprese interessate non superi il 50% su un mercato interessato in spagna.

[30] V. la Ley 15/2007, de 3 de julio, de Defensa de la Competencia.

[31] Infatti, le soglie di notifica obbligatoria basate su quote di mercato costituiscono criteri che presuppongono un’analisi fattuale intensa e comunque esposta a interpretazioni inevitabilmente soggettive. Al contrario, i criteri in questione possono essere appropriati per le fasi successive del processo di controllo delle concentrazioni (ad esempio, per determinare la portata delle richieste di informazioni o la legittimità definitiva della transazione).

[32] L’AGCM ha precisato nella Comunicazione sulla nuova disciplina relativa all’obblio di comunicazione preventiva delle operazioni di concentrazione che per la nozione di impresa interessata, stante la sostanziale identità del criterio identificativo della seconda soglia di fatturato con quello del Regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese (art. 1, par. 2, lett. b), si fa riferimento alla Comunicazione consolidata della Commissione su criteri di competenza giurisdizionale a norma del reg. CE n. 139/2004 del Consiglio relativa al controllo delle concentrazioni tra imprese, 2008/C 95/01, paragrafi da 129 a 153.

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